di Costanza Quatriglio
(Italia, 2001)
Sinossi
Attraverso una serie di interviste ad alcuni ragazzi di origine indiana adottati da famiglie italiane, la regista Costanza Quatriglio analizza il fenomeno dell’adozione internazionale e le complesse problematiche connesse all’identità dell’adottato, alle sue radici culturali, al legame con i genitori biologici. Il documentario segue i ragazzi nel corso di un viaggio in India durante il quale viene data loro la possibilità di ritornare nei luoghi di origine e rincontrare il personale degli orfanotrofi nei quali furono ospitati. Al termine del viaggio vengono registrate le sensazioni e le riflessioni dei ragazzi sulla loro esperienza.
Analisi
L’adozione internazionale è una sorta di “banco di prova” grazie al quale è possibile mettere in rilievo con ancor più incisività le complesse problematiche che caratterizzano ogni adozione, in primo luogo quelle relativa all’identità (biologica, affettiva, culturale) dell’adottato. Partendo dall’esperienza di alcuni preadolescenti e adolescenti (prevalentemente di origine indiana adottati da famiglie italiane) cui è stata offerta l’opportunità di ritornare per un breve periodo nei luoghi che li ospitarono subito dopo essere stati abbandonati dai propri genitori biologici, la regista Costanza Quatriglio è riuscita a mostrare in tutta la sua evidenza una condizione, quella degli stessi ragazzi, che, pur vissuta serenamente e sostenuta felicemente dall’affetto delle famiglie adottive, è comunque ricca di contraddizioni. Al centro del film sono, ovviamente, le testimonianze dei ragazzi, la cui età varia dai tredici ai venticinque anni e le cui esperienze adottive sono tra le più diverse così come, ovviamente, i loro atteggiamenti, il modo in cui ciascuno di essi si confronta con i ricordi del passato, i sentimenti verso quanto ha dovuto lasciare dietro di sé. C’è, infatti, chi è stato adottato ancora piccolissimo e dunque non possiede alcun ricordo delle proprie origini, chi ha dovuto attendere in orfanotrofio molto tempo prima di essere adottato, chi conserva un ricordo dei propri genitori perché già grandicello al momento dell’abbandono e così via. Il ritorno in India, pur motivato da ragioni diversissime, non costituisce in nessun caso una fuga dal presente e dalla realtà adottiva, né può dar luogo alla possibilità di rientrare in contatto con la famiglia d’origine (la responsabile di uno degli orfanotrofi spiega che ai bambini potrà essere rivelato solo il nome della madre). L’esperienza del ritorno, al contrario, costituisce per ognuno dei ragazzi una sorta di riscoperta delle proprie radici inconsce, di una dimensione interiore dalla quale ripartire per ritornare in Italia con un bagaglio identitario e una consapevolezza delle proprie origini più forti. Paradossalmente, proprio questa accresciuta consapevolezza va a completare il percorso adottivo incominciato alcuni anni prima: risarcita, sia pure simbolicamente, quella parte di se stessi comunque rimasta ancorata alla propria terra d’origine e al ricordo (magari flebile ma pur sempre esistente) dei genitori biologici attraverso il viaggio, i protagonisti tornano a casa più coscienti di quanto li divide dalle proprie famiglie adottive ma, proprio per questo, anche più forti perché capaci di circoscrivere e individuare la propria diversità in qualcosa di ben preciso che non può intaccare un substrato affettivo forte. Oltre alle testimonianze dei ragazzi, preziose in quanto contributo emozionale, ma non solo, al documentario, di grande interesse sono le dichiarazioni di alcuni esperti in materia di adozione internazionale come Luigi Fadiga, che per molti anni è stato presidente del tribunale dei minorenni di Roma e di uno dei responsabili del progetto che ha permesso ai ragazzi di ritornare in India. Da entrambi i contributi emerge con chiarezza la connotazione di offerta di adozione da parte dei futuri genitori putativi e non di domanda, un termine, questo, che sottintende comunque il prevalere del desiderio di genitorialità che, ben lungi dal dover essere assente tra le motivazioni che portano una famiglia all’adozione di un bambino, non deve mai prevalere creando false aspettative e un’immagine ideale dell’adottato che difficilmente potrà corrispondere con quella reale. Un altro motivo di grande interesse del documentario consiste, infatti, nell’indagare (sia pure en passant), anche il fenomeno delle adozioni di bambini provenienti dall’est europeo, una realtà sempre crescente che va a combaciare con il desiderio da parte di molte coppie italiane di figli adottivi il più possibile simili per caratteri somatici ad un modello occidentale. Un atteggiamento, questo, giustamente biasimato, dato che, come afferma uno degli esperti un figlio adottivo non si sceglie allo stesso modo in cui non si determinano le caratteristiche somatiche di un figlio naturale.