L'Estate del mio primo bacio

di Carlo Virzì

(Italia, 2006)

Sinossi

Estate 1987. Camilla Randone è una tredicenne, figlia di una facoltosa famiglia che da anni trascorre le vacanze all’Argentario. Camilla sogna Antonello Saporito, il ragazzo bello e impossibile, al quale intende dare il suo primo bacio, dichiarandolo ufficialmente alla sua anziana tata, che si prende costantemente cura di lei, guardando e soffrendo tra una telenovela e l’altra. Ma Antonello Saporito è preda troppo ambita e l’inesperta Camilla, tra le maligne battute delle viziate amiche, se lo lascia scappare senza che possa fare niente per impedirlo. Nelle giornate assolate tutte uguali, vissute in compagnia della madre depressa e nevrotica, aspirante quanto velleitaria scrittrice di un’autobiografia, e il padre fedifrago rimasto a Roma, compare però Adelmo Franci, un diciassettenne residente nel luogo, incaricato dal padre di pulire la piscina della villa di famiglia. Adelmo è disinteressato alle pressanti moine di Camilla, ma questa costruisce una relazione fittizia per propagandarla con le amiche, arrivando anche, con un sotterfugio (inventa una malattia terminale a carico della madre per incutere compassione) a farsi ospitare a cena dalla vivace famiglia del ragazzo. Una sera, ad un ricevimento tenuto nella villa di famiglia, Adelmo, nonostante la richiesta di Camilla alla madre, è invitato, ma in qualità di cameriere: rimasto chiuso dentro la tavernetta a causa della serratura difettosa, è salvato da Camilla, mentre all’esterno la situazione precipita, con il padre della ragazza che, giunto nella villa per rivelare alla moglie la sua relazione adulterina, si trova a malmenare un amico di questa che, ubriaco, aveva tentato di baciarla. Adelmo, accompagnata Camilla ad una festa di paese, scopre quanto sia diverso l’atteggiamento della ragazza quando incontra i suoi amici facoltosi. Dopo un litigio, Camilla rimane sola, subendo anche un tentativo di approccio in auto da uno dei suoi conoscenti. Adelmo, tuttavia, ritorna sui suoi passi e la riaccompagna a casa, scambiando con la ragazza un tenero sorriso prima di lasciarla nella sua abitazione.

Introduzione al Film

La musica come segno di un’epoca

Evocare un’epoca attraverso i suoi suoni caratteristici è pratica diffusa che nella sua deliberata architettura nostalgica si può far risalire all’American Graffiti di George Lucas (id., Usa, 1973). In questo film che narra di un’unica, ultima notte prima della partenza di alcuni personaggi per il college nell’East Coast, la musica degli anni Sessanta era un refrain continuo che si ascoltava nei juke-box, nelle radio, trasmessa da una postazione fuori città dal mitico dj Lupo solitario, addirittura diventava argomento di discussione tra i vari personaggi del film. Con lo stesso scopo è stato utilizzato il rock della fine dello stesso decennio per Il grande freddo di Lawrence Kasdan (The Big Chill, Usa, 1983), vicenda di un forzato ritrovo tra amici dopo anni di distacco a causa della morte di uno dei componenti del gruppo. Canzoni come I Heard It Through The Grapevine di Marvin Gaye, oppure come You Can't Always Get What You Want dei Rolling Stones ad accompagnare il corteo funebre nella prima sequenza del film, marcano decisamente con la loro semplice presenza e la loro perfetta riconoscibilità un periodo e accompagnano lo spettatore sulle ali della rievocazione sensibile e circostanziata. Lo scopo è duplice: da un lato, si tenta di introdurre lo spettatore nell’atmosfera caratteristica dell’epoca; dall’altro, si fornisce una colonna sonora di sicuro successo per successive operazioni di marketing. Quasi parallelamente al film di Kasdan, in Italia si assiste al grande trionfo di Sapore di mare (Carlo Vanzina, Italia, 1982), un autentico revival della cultura anni Sessanta, di cui le canzoni sono solo il corollario più evidente ed immediato, che narra di un’estate di intrecci amorosi, divertimenti, passioni e delusioni a Forte dei Marmi, in Versilia. Gli esempi successivi si sono ovviamente sprecati e anche L’estate del mio primo bacio fa parte di questa tendenza, con il regista Carlo Virzì, fratello minore del più noto Paolo (qui nelle vesti di sceneggiatore), un passato da musicista con la band Snaporaz, con la quale ha composto le musiche dei film Ovosodo (Paolo Virzì, Italia, 1997) e Caterina va in città (Paolo Virzì, Italia, 2003), ad inserire nel suo esordio nel lungometraggio la sua personale compilation di quando aveva solo 15 anni. In questo caso nessun revival e nessuna operazione nostalgia, solo una contestualizzazione emotivamente partecipe da parte di un regista esordiente, che ha voluto inserire una nota della propria adolescenza in una storia dai caratteri universali sulle necessarie esperienze sentimentali di una tredicenne romana di buona famiglia.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Un mondo di adolescenti

Una serie di situazioni canoniche raccontate con leggerezza per illustrare un tragitto di educazione sentimentale di un’adolescente intraprendente, ma inevitabilmente ingenua. Estate, tempo in cui si risvegliano istinti amorosi e i desideri di provare esperienze indimenticabili. Camilla è un’adolescente che ha fretta di fare le esperienze che presume debbano fare necessariamente le ragazze della sua età: il bisogno di bruciare le tappe le è necessario per collocarsi a pieno diritto tra le coetanee, per essere al loro presunto livello: la prova di questo, come la sua stessa voce narrante conferma nel corso della pellicola, è il fatto che ambisce a farsi notare sulla moto di Adelmo in modo che le compagne ne parlino, piuttosto che vivere fino in fondo l’esperienza di sensualità esplicita a cui un suo conoscente la vorrebbe spingere nell’abitacolo della lussuosa auto. Nonostante l’apparente spigliatezza e la solerzia – talvolta cinica – con cui tenta di volgere tutte le situazioni a suo vantaggio, Camilla è una fanciulla che tenta di vivere una vita parallela – fatta di aspirazioni velleitarie, sogni ad occhi aperti e di distratta ammirazione delle coetanee – e di ignorare una situazione familiare che, se non fosse trattata con i toni scanzonati della commedia, potrebbe essere definita certamente disfunzionale. Un padre assente, perennemente distratto dalla sua giovane amante Delfina, la cui presenza è costantemente procrastinata da telefonate che ne annunciano il prossimo arrivo nella località di villeggiatura ai piedi dell’Argentario, ma che in realtà rappresentano l’immagine della sua incapacità di decidersi tra la fuggevole passione per la giovane amica e il canonico ruolo di capo famiglia. Una madre che ha costruito la sua vita su un castello di carte pronto a crollare rovinosamente in qualunque momento, capace di disperarsi senza pace per un presunto blocco dello scrittore avvenuto all’inizio di una autobiografia che consta di quattro pagine, ma in cui – sostiene – c’è tutta la sua vita. Ciò che colpisce, nonostante le modalità da commedia estiva proposte dal minore dei fratelli Virzì, è proprio questa sproporzione tra la complessità dell’impalcatura con cui ogni personaggio appartenente al facoltoso mondo della “Roma bene” vede se stesso e la sfera di estrema superficialità che questa complessità di facciata investe. Ovviamente, tale superficialità non solo è deleteria nella percezione di se stessi, ma ovviamente investe tutta la sfera delle relazioni personali, compresa quella degli affetti e dell’educazione nell’ambito della famiglia. Anche l’intellettuale del gruppo, lo stimato dottor Raimondo Florinelli Nardi, autore dell’indicativo saggio “Capire i nostri figli”, per il quale firma autografi a belle sconosciute in spiaggia, appare costituzionalmente incapace di rapportarsi ad una figlia, Lavinia, amica annoiata della stessa Camilla, che lo tratta con arroganza e disaffezione. Subito dopo aver subito l’ennesima dimostrazione di insofferenza da parte della ragazza, Nardi chiosa sulla spiaggia ad un amico le dinamiche da seguire per rapportarsi ad una fase delle crescita individuale tanto problematica: «Bisogna far così: ad aggressività, contrapporre dolcezza; non farsi mai coinvolgere nelle loro dinamiche conflittuali… È un momento molto delicato l’adolescenza: è una fase in cui loro hanno proprio il bisogno di imporre la propria personalità…è anche giusto così…». Incapacità di comprendere a fondo le dinamiche del problema e permissivismo: a dispetto dell’impostazione disinvolta (per obblighi di target) con cui Virzì affronta l’argomento, sono questi i due vertici entro i quali si dibatte questa adolescenza tardo anni Ottanta che si crede emancipata e che invece è solo carente di modelli di riferimento. Lo stesso atteggiamento della figlia di Nardi, Lavinia, è indicativo di un lassismo educativo che si illude di essere all’avanguardia e proprio per questo Nardi sarà vittima, nonostante la lucida tattica illustrata all’amico, dello scarto maggiore tra aspirazioni e risultato raggiunto: mentre Camilla, con la sua famiglia, dice addio a tutti gli elementi che hanno caratterizzato la sua estate, i carabinieri chiedono spiegazioni all’ignaro Nardi sulla segnalazione ricevuta dal Telefono Azzurro, dopo che per innumerevoli volte la figlia ha chiamato con voce profonda per denunciare falsi abusi patiti in casa. Quello messo in mostra in L’estate del mio primo bacio è un universo fittizio, governato dalla noia dell’avere tutto, da sentimenti rincorsi nella loro poca autenticità e crisi spesso fittizie, laddove la spontaneità dei pochi personaggi che devono misurarsi con le difficoltà quotidiane (Adelmo, costretto al lavoro mentre gli altri sono in vacanza; il dottor Sabatini, privo anche di un ambulatorio nel quale esercitare) serve come esempio per chi è in grado di assumerne l’insegnamento indiretto (la sola Camilla, nonostante le resistenze dovute alla suo background sociale). La verità de L’estate del mio primo bacio è quella di un intero universo di personaggi, adulti compresi, che si comportano da adolescenti (si pensi soltanto ad Agostino Randone, il padre di Camilla, che invia bacetti telefonici all’amante dopo averla definitivamente persa) ed in un contesto così caratterizzato, coloro che sono realmente adolescenti, privi di modelli cui ancorarsi, sono costretti a fare esperienza diretta della vita per poter crescere e maturare realmente.

Riferimento ad altre pellicole e spunti didattici

Oltre al già citato Sapore di mare, L’estate del mio primo bacio, pur facendo riferimento a modalità narrative differenti, ha forti analogie con un’altra pellicola al cui centro c’è una vacanza estiva, sempre in Toscana, ma questa volta a Viareggio, un’adolescente di ottima e facoltosa famiglia e un innamoramento con un giovane del luogo: il film è Guendalina di Alberto Lattuada (Italia, 1957), storia di un’altra educazione sentimentale che anche in questo caso si inserisce, ma con maggior forza drammatica, nel vuoto di sentimenti causato dalla mancanza di una figura forte, paterna, dedita costantemente alle relazioni fedifraghe e tendenzialmente egoista, incurante dei sentimenti provati dalla figlia, considerati troppo flebili e insignificanti data la giovane età. Anche nel caso di Guendalina, interpretata da Jacqueline Sassard, la coscienza dell’importanza dell’innamoramento estivo avviene nel momento della partenza, ma mentre la giovane del film di Lattuada, sconfortata, si chiude nella toilette del treno in un pianto a dirotto che la introduce direttamente nella malinconica consapevolezza dell’età adulta, la Camilla della pellicola di Virzì, rispecchiandosi sulla superficie dell’acqua presente in piscina, diventa cosciente delle proprie potenzialità e dell’importanza di quella prima, sensibile e delicata, esperienza amorosa. Entrambe le pellicole possono essere inserite all’interno di una più ampia riflessione sul ruolo della famiglia in relazione all’esperienze intime dell’adolescenza, non sempre considerate fondamentali dagli adulti, nonostante il peso considerevole che si traduce per i ragazzi in capacità di autovalutazione, autostima e dimestichezza nelle relazioni interpersonali. Giampiero Frasca  

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