L'adozione internazionale nell'Unione Europea

Risoluzione del Parlamento Europeo
Il Parlamento europeo con la risoluzione del 19 gennaio 2011, pur riconoscendo che in materia di adozione la competenza spetta ai singoli Stati, ha ritenuto opportuno invitare gli Stati membri ad esaminare la possibilità di coordinare, a livello europeo, la normativa che regolamenta l’istituto dell’adozione internazionale.

Infatti - considerando che la Carta europea dei diritti fondamentali, divenuta vincolante con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona nel dicembre 2009 prevede, all’art. 24, che “i minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere” e, all’art. 3, che la “tutela dei diritti del minore” è uno degli obiettivi dell’Unione - è facile spiegare l’invito agli Stati a compiere un passo che può migliorare significativamente le procedure per l’adozione internazionale. Del resto, la strada su cui il Parlamento invita gli Stati a muoversi è quella già intrapresa con le Convenzioni internazionali che si occupano della tutela dei minori e delle responsabilità dei genitori tra le quali, limitandosi all’ambito europeo, spiccano, per importanza, la Convenzione europea in materia di adozione del 1967 (che già mirava ad armonizzare le legislazioni degli Stati nelle ipotesi che si verificasse lo spostamento di un minore da un paese all’altro) e la Convenzione sulla protezione dei minori e la cooperazione in materia di adozioni internazionali del 1993 (nota come Convenzione dell’Aja).  L’idea che persegue il Parlamento europeo con la risoluzione in commento (n. P7_TA (2011)13) è che, nei limiti del possibile, occorra dare priorità all'adozione di un bambino nel suo paese di origine; infatti, l'adozione di un bambino in un paese diverso da quello in cui è nato comporta per lui un cambiamento personale e relazionale più difficile da superare di quello che deve affrontare un bambino che viene adottato nel suo stesso paese. Tuttavia, quando si deve, nell’interesse del minore, ricorrere all’adozione internazionale per garantirgli il diritto a crescere in una famiglia, è fondamentale che esista un quadro normativo in grado di garantire trasparenza e, anche grazie alle organizzazioni che operano nel settore, una corretta valutazione delle situazioni riguardanti i bambini di cui si chiede l’adozione in modo da scongiurare il fenomeno della tratta dei minori. A questo proposito, il Parlamento europeo chiede alle Istituzioni dell’Unione europea di svolgere un ruolo più attivo in seno alla Conferenza dell’Aja sul tema dei bambini abbandonati per “migliorare, semplificare e agevolare le procedure di adozione internazionale” eliminando gli inutili intralci burocratici ancora esistenti per rispetto dei diritti dei bambini provenienti da paesi non facenti parte dell’Unione europea. Comunque, l’aspetto maggiormente innovativo e, quindi, più interessante della risoluzione è soprattutto quello dell’invito, attraverso il coordinamento a livello europeo delle leggi, delle prassi, delle strategie e delle politiche in tema di adozione internazionale, a creare, in qualche modo, uno “standard europeo” per l’adozione internazionale. In questo senso, infatti, possono essere lette le sollecitazioni che il parlamento rivolge agli Stati membri affinché cerchino di riconoscere le implicazioni psicologiche, emozionali, fisiche e socioeducative che si possono verificare quando un bambino viene allontanato dal proprio luogo di origine; riferire, da parte delle autorità nazionali competenti del paese presso cui il minore è stato preso in adozione, allo Stato membro di origine sullo sviluppo del minore che è stato oggetto di adozione internazionale; e, infine, quelle di prestare una particolare attenzione ai bambini che nel paese di origine versano in particolare disagio perché malati o disabili in Istituti.Infine, alcune sollecitazioni che il Parlamento rivolge agli Stati membri riguardano l’attenzione da riservare ai documenti inerenti l’adozione, in particolar modo ai certificati di nascita, per contrastare il fenomeno del traffico dei minori. Infatti, ad oggi nell’Unione permane il traffico di minori per numerosi scopi illegali che vanno dall’adozione internazionale alla prostituzione, dal lavoro illegale all’accattonaggio per strada o al matrimonio forzato.  

 
Tessa Onida
 
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