La scuola della violenza

12/05/2010 Tipo di risorsa Schede film Temi Istruzione Disagio scolastico Titoli Rassegne filmografiche

di James Clavell

(Gran Bretagna, 1967) 

Sinossi

Londra, 1967. In una scuola di un quartiere povero arriva un nuovo docente, Mark Thackeray, giovane ingegnere di colore che ha deciso di insegnare perché disoccupato. I colleghi lo mettono subito in guardia sull’indole degli alunni dell’ultimo anno: si tratta di una classe mista a dir poco turbolenta che ha già costretto alle dimissioni molti altri suoi colleghi. Thackeray non si lascia impressionare ma ben presto è costretto ad accettare la dura realtà: tanto i ragazzi quanto le ragazze usano un linguaggio scurrile, prendono a pretesto ogni scusa per evitare di fare lezione, fanno di tutto per metterlo in imbarazzo. Tra questi spiccano per esuberanza Pamela Dare, che lo provoca con il suo comportamento disinibito e Denham, il bullo della scuola, un vero leader dal quale dipende il mantenimento dell’ordine in classe. Il professore, ovviamente, non ci sta e comprende che l’unico modo per riuscire a educare la sua scolaresca è di metterla di fronte alle proprie responsabilità: tra pochi mesi saranno considerati a tutti gli effetti degli adulti, dovranno assumersi degli oneri rispetto ai quali non sanno nulla; forse anche a loro conviene tentare di apprendere anzitutto come comportarsi di fronte agli aspetti della vita concreta che li attendono al varco. Allo stesso tempo la scolaresca apprende che Thackerey, figlio di una famiglia poverissima, ha potuto studiare solo a costo di enormi sacrifici. Poco a poco l’insegnamento dà i suoi frutti e la maggior parte dei ragazzi si persuade a seguire le lezioni di Thackerey con attenzione. Anche Denham alla fine capisce di aver giudicato male il professore quando, durante un allenamento di boxe, quest’ultimo riesce a mandarlo al tappeto senza difficoltà. Proprio al termine dell’anno scolastico l’insegnante riceve un’offerta di assunzione da parte di una grande azienda: è convinto che lascerà l’insegnamento ma, quando capisce che gli allievi del penultimo anno sono scapestrati almeno quanto lo erano quelli che si sono appena diplomati, decide di restare al suo posto.

Introduzione al Film

Davanti e dietro la cattedra Il titolo, per la sua stessa natura, è il primo elemento che si dovrebbe prendere in esame nell’analisi di un film, specie quando si ha a che fare con un prodotto dalle caratteristiche non proprio originali che, inserendosi all’interno di un filone di pellicole analoghe, tende a replicare formule già ampiamente sperimentate attraverso l’introduzione di pochi elementi nuovi su un solido canovaccio. L’appeal verso il pubblico è determinato anche e soprattutto dalla capacità di suggestione del titolo, dal suo richiamare alla mente dello spettatore il ricordo di pellicole analoghe e, in più, di proporre spunti di curiosità inediti. Il titolo scelto dalla distribuzione italiana per il film inglese To Sir with Love è una specie di patchwork che punta a sfruttare la fama di alcuni film interpretati dal protagonista principale (Sidney Poitier) uno dei quali tratta,non a caso, il medesimo tema, ovvero la violenza, il senso di sfiducia e il lassismo nelle scuola dei quartieri degradati. Si tratta del film dal titolo “biblico” Il seme della violenza (The Blackboard Jungle, girato nel 1955 da Richard Brooks), nel quale proprio Poitier interpretava un giovane di colore sbandato che decideva di sostenere nella sua battaglia per una scuola migliore e libera dal teppismo il suo professore, interpretato da Glenn Ford. L’altro titolo che probabilmente è andato a comporre quello di questo film è La scuola dell’odio (Pressure Point, 1962) che, invece, trattava di uno psichiatra dell’esercito (interpretato da Poitier) che prendeva in cura un militare razzista e violento. Ecco, quindi, La scuola della violenza: è chiaro che il film ammicca più che altro al primo titolo (Il seme della violenza), avendo con esso molti elementi in comune, almeno sul piano della pura e semplice ambientazione sociale e su quello delle dinamiche che animano i personaggi (l’insegnante ligio al proprio dovere che tenta di “redimere” una scolaresca a dir poco turbolenta). Le differenze, tuttavia, sono altrettante (abissali, dal punto di vista dello stile e della coerenza del racconto) e possono aiutare a comprendere non solo i mutamenti avvenuti in seno alla società nel corso di circa un decennio, ma anche quanto sia importante il contesto ambientale e culturale di riferimento scelto ai fini dell’efficacia di un film. Il seme della violenza era ambientato in un quartiere degradato di New York, a metà degli anni Cinquanta, un periodo in cui, a fronte di una scolarizzazione sempre più diffusa, diventavano sempre più evidenti i malesseri di una gioventù che si sentiva sempre meno disposta a conformarsi alle regole del mondo adulto e rivendicava il diritto a dissentire, ribellarsi, evadere anche in forme confuse, pretestuose, violente. Si trattava di una pellicola di impegno civile, che rivelava una realtà fino ad allora poco esplorata dal cinema, quella dei sobborghi degradati degli Stati Uniti popolata da una gioventù che, a fronte di un sempre maggiore benessere e incitamento al consumo, sentiva la frustrazione di una posizione sociale priva di prospettive. Anche se oggi può apparire un film troppo schematico, con una serie di figure eccessivamente stilizzate, Il seme della violenza resta un caposaldo del cinema progressista capace di denunciare senza criminalizzare. Se in quel film Poitier interpretava il ruolo di un ragazzo che aveva il coraggio di schierarsi dalla parte del professore, in La scuola della violenza passa dall’altro lato della cattedra per diventare lui stesso docente alle prese con una classe indisciplinata. Il contesto ambientale si dimostra un fattore non di poco conto, dato il tono da dramma sociale implicitamente dato al film: la Londra della seconda metà degli anni Sessanta è ben diversa rispetto alla New York degli anni Cinquanta, e non tanto sul piano del degrado sociale, quanto soprattutto dal punto di vista della consapevolezza degli stessi giovani delle proprie prerogative e, soprattutto, della propria specifica identità generazionale nettamente distinta da quella degli adulti.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Ribelli integrati Nel giro di una decina di anni, infatti, molte cose erano cambiate: se nelle figure di giovani e adolescenti protagoniste dei film statunitensi degli anni Cinquanta si percepiva tutto il disagio derivante dall’impossibilità di definirsi in quanto individui autonomi, slegati da un ruolo familiare subordinato (l’adolescente era sempre un “figlio”) e dall’impossibilità di trovare spazi al cui interno dare piena espressione a tale disagio (si pensi alla fragilità e alla rabbia repressa dei personaggi interpretati da James Dean), nel 1967 il rock and roll e la cultura pop avevano dato voce (e allo stesso tempo circoscritto) quel malessere fino a poco prima latente. I segni del cambiamento sono, del resto, immediatamente percepibili: la classe è mista, un elemento che contribuisce non poco ad abbassare il tasso di quella violenza tanto enfatizzata dal titolo e a dirottare su piani diversi (la promiscuità, la volgarità, la confusione dei ruoli) i conflitti; la prima sequenza in cui vediamo la classe al completo è una scena di ballo tra ragazzi e ragazze, definita dai docenti come una sorta di cerimonia che si ripete puntuale ogni giorno, atta a sfogare le energie in eccesso e, tutto sommato, tollerata; la lotta tra studenti e docente – che nel film del 1955 sfociava in un vero e proprio pestaggio ai danni del professore – qui è “ritualizzata” attraverso un allenamento di boxe al termine del quale Thackeray ha la meglio su uno dei suoi studenti riuscendo in questo modo a conquistare la stima e il rispetto di tutti, compreso lo sconfitto, vero e proprio leader del gruppo. La metamorfosi di Sidney Poitier da studente ribelle a insegnante tradizionalista, a questo punto non sembra casuale: un attore che negli Stati Uniti aveva incarnato il volto di colore, positivo e progressista di quella società, trasformandosi (proprio come avveniva in Il seme della violenza) da elemento eversivo in protagonista di un cambiamento, trapiantato arbitrariamente in Gran Bretagna, privato del proprio milieu, diviene il rappresentante del conformismo e della tradizione, un dispensatore di consigli dettati più dal buon senso che da un ideale realmente nuovo. L’invito a conformarsi alle regole, a tenere una condotta “dignitosa” (non adoperare il loro gergo forse un po’ sboccato ma simpatico, usare un abbigliamento classico, rivolgersi ai compagni di classe, oltre che, ovviamente, al docente, attraverso formule prestabilite), rivolto con malcelato maschilismo più alle ragazze che ai ragazzi, provenendo da un insegnante di colore (che contemporaneamente afferma di essere stato ostacolato da chi lo guardava con un occhio viziato da pregiudizi razziali e di classe) è per lo meno strano. Strano almeno quanto la facilità con cui, una volta deciso di mettere gli allievi di fronte alle loro responsabilità, Thackeray riesce ad ottenere dei risultati quasi senza fatica. In fondo, Il seme della violenza incominciava con uno dei classici del rock and roll, quel Rock Around the Clock cantato da Chuck Berry che negli anni Cinquanta, insieme a Elvis Presley rappresentò uno dei; La scuola della violenza incomincia sulle note di uno sdolcinato brano melodico che prende il titolo da quello originale del film (To Sir with Love), cantato da una promessa della canzone britannica che interpretava la parte di una delle alunne. La dimostrazione che il rock (e con lui la rabbia giovanile) erano stati ormai integrati a pieno nel sistema. Il rock’n roll lì era un elemento proveniente dall’esterno e immesso clandestinamente nel film scolastico, qui è pienamente integrato, ormai neutralizzato e, dunque, innocuo.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Che La scuola della violenza fosse, fin dall’epoca della sua uscita, un film irrimediabilmente datato, in ritardo sui tempi, lo dimostra anche il confronto con una pellicola di appena un anno successiva, ovvero il provocatorio Se… di Lindsay Anderson. Al di là della caratura registica dei rispettivi autori e del valore intrinseco delle due pellicole (che, sotto questo aspetto, sono davvero inavvicinabili), ciò che segna maggiormente la distanza tra l’una e l’altra è il contesto al cui interno ha luogo la ribellione: se quello proletario del film di Clavell rifletteva la delusione di ampie fasce della gioventù nei confronti di una società sorda nei confronti della frustrazione derivante dall’impossibilità di soddisfare ambizioni sociali spacciate come necessarie, oltre che legittime, quello altolocato di Se… accusava il pericolo di un’omologazione a delle regole ormai anacronistiche, la vana ricerca di un successo fine a se stesso, la totale assenza di senso di un’esistenza che, fin dalla più giovane età era segnata dalla predestinazione al successo. Fabrizio Colamartino  

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).