La mobilità autonoma dei bambini

Monica Vercesi Milano, Franco Angeli, 2008

 

  La ricerca condotta dall’autrice mette a confronto le azioni e le politiche che intendono promuovere lo sviluppo di autonomia e indipendenza nei bambini

presentate negli ultimi anni da alcuni Stati europei, valutandone impatto ed efficacia attraverso una scala di valutazione standardizzata. Il tema della mobilità dei bambini è oggetto di numerosi studi che mostrano come i mutamenti urbanistici e sociali degli ultimi anni hanno progressivamente ridotto l’autonomia dei bambini nelle città, a scapito della loro possibilità di muoversi e con conseguenze significative anche sul loro sviluppo psicofisico. Se da un lato lo sviluppo economico ha aumentato i tassi di scolarizzazione, migliorato le condizioni abitative, diffuso tecnologie per il lavoro, l’intrattenimento e la comunicazione, dall’altro ha comportato una riduzione degli spazi fruibili dai bambini e, viceversa, un aumento della destinazione degli spazi a uso della mobilità urbana (strade, parcheggi). A livello mediatico la cronaca enfatizza la condizione drammatica dell’infanzia, come pericolosa per sé e gli altri, smentita da un dimezzamento negli ultimi anni di episodi violenti e di mortalità per incidenti. Anche il tempo libero è diventato spazio occupato dall’intrattenimento privato e da offerte strutturate a carattere ludico-sportivo o educativo-espressive. Numerose ricerche testimoniano dell’importanza per lo sviluppo cognitivo ed emotivo di fare esperienze autonome. Per questo il recupero di spazi e di mobilità durante il tempo libero è ritenuto fondamentale. Muoversi da soli significa potersi fermare, osservare, costruire mappe cognitive senza sottostare alle selezioni degli adulti. È solo con l’esperienza diretta che si costruiscono mappe cognitive, e influiscono su questo l’ampiezza degli spostamenti e l’indipendenza per stabilire un legame con il territorio. Nei secoli scorsi l’organizzazione degli spazi era molto diversa da adesso: era meno percepibile il confine tra spazio privato e pubblico, i luoghi erano più aperti al transito per tutte le persone e il senso di appartenenza comune era maggiormente diffuso. I numerosi racconti autobiografici presenti in letteratura dal Settecento a metà Novecento mostrano una società dove l’indipendenza nei movimenti, l’affidamento di incarichi di responsabilità  – come fare acquisti e commissioni – spingeva a uno sviluppo di competenza cognitiva e territoriale molto maggiore di adesso: per i bambini c’era una maggiore autogestione delle relazioni, più spazio al bisticcio e al riappacificamento. Da un confronto con altri Paesi europei l’Italia risulta il Paese con la minore autonomia di movimento. Sono più penalizzate le femmine rispetto ai maschi e più al Nord che al Sud. In Italia i bambini tra sei e undici anni che si spostano da soli sono il 16% circa, mentre in Germania sono il 72%, in Austria il 48% e in Scozia il 57%. Il 70% dei bambini in Italia è accompagnato in auto, contro il 10% in Germania, il 36% in Austria e il 29% in Scozia. Si evidenzia ovunque la difficoltà a promuovere una reale partecipazione dei bambini alle decisioni e ai processi di programmazione degli interventi che li riguardano, anche se gli obiettivi sono spesso validi. I progetti più efficaci sul piano del coinvolgimento dei bambini sono quelli britannici, mentre in Italia l’iter di avvicinamento agli obiettivi della Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989 ha aperto molti spiragli, soprattutto nella realizzazione di progetti di autonomia per il raggiungimento della scuola. Nonostante questo sembra lontano l’obiettivo di realizzare una piena partecipazione dei bambini e degli adolescenti alla programmazione degli interventi che li riguardano.  

Tutte le segnalazioni di libri sono pubblicate anche nella rivista Rassegna bibliografica:

infanzia e adolescenza