La guerra dei bottoni

20/07/2009 Tipo di risorsa Schede film Temi Infanzia Educazione Titoli Rassegne filmografiche

di Yves Robert

(Francia, 1962)

Sinossi

Tra i ragazzi del villaggio di Longoverne e quelli di Velrans esiste un’atavica rivalità: le due fazioni soprannominatesi rispettivamente “falchi” e “caimani” non fanno altro che insultarsi, darsi battaglia a colpi di fionda, ingaggiare combattimenti il cui fine è quello di prendere prigionieri per poi sottoporli a umiliazioni d’ogni genere, non ultima quella di dover tornare a casa mezzi nudi, dopo che gli avversari si sono impossessati dei bottoni dei propri vestiti. Vittorie e sconfitte si alternano dall’una e dall’altra parte, fino a quando i “caimani” di Longoverne non decidono di costituire una piccola repubblica indipendente e di costruirsi un rifugio nel bosco. I “falchi” di Velrans, però, grazie al tradimento di uno dei “caimani”, riusciranno a distruggere la capanna costata tanta fatica agli avversari. La punizione inflitta al delatore costerà ai “caimani” una severa punizione e costringerà Roberto – il loro capo – a rifugiarsi nel bosco. Verrà catturato e mandato in collegio: qui troverà ad attenderlo “Zazzera”, il capo dei “falchi”, punito anch’egli dai genitori.

Presentazione Critica

Questo film di Yves Robert, tratto dal celebre romanzo per l’infanzia scritto da Louis Pergaud nel 1912, è un vero e proprio inno alla giovinezza e ai suoi valori più profondi e sinceri. Le storie delle due bande, contrapposte in una lotta che non risparmia colpi a nessuno dei combattenti, sono lo spunto per mostrare come, nel mondo dell’infanzia, siano radicati, magari in maniera confusa e approssimativa ma sicuramente con maggior convinzione e fermezza, quei valori che nel mondo adulto sono ‘inquinati’ dalla realtà dei fatti. Non si tratta, dunque, di un film che mostra solo il lato spensierato e giocoso dell’infanzia, ma di una descrizione viva e appassionata dell’importanza che hanno nella vita dei bambini ideali quali la lealtà, il coraggio, il senso dell’onore e della giustizia. Così, le battaglie combattute a colpi di fionda, sebbene facciano parte di un gioco, non sono da sottovalutare: sicuramente meno sanguinose di quelle degli adulti, mettono però a repentaglio l’orgoglio di chi, fatto prigioniero, si ritrova alla mercé del nemico. C’è sicuramente una punta di sadismo nelle umiliazioni che i vincitori infliggono ai prigionieri, e l’onta è tanto più grande quanto più la punizione scivola dal piano della violenza fisica a quello della violenza psicologica. Il taglio dei bottoni, cui viene sottoposto dai nemici chi si fa catturare, è quanto di più tremendo in fatto d’onore si possa immaginare: a tale pubblica umiliazione erano, infatti, esposti quei militari che, macchiatisi di tradimento nei confronti della nazione, venivano espulsi dall’esercito. La punizione inflitta al prigioniero si carica così di un profondo significato simbolico e ha un tale impatto sull’immaginazione dei piccoli soldati da costringerli a fronteggiarsi in battaglia completamente nudi. Come già avveniva nel romanzo di Pergaud – lo scrittore, figlio di un insegnante di un villaggio, era sensibile ai problemi della scuola – anche nel film è evidente l’importanza dell’educazione laica e repubblicana in Francia: il tentativo dei ragazzi di Longoverne di costituire una propria repubblica indipendente ricalca, infatti, quegli ideali di democrazia e uguaglianza appresi sui banchi di scuola, è l’applicazione pratica di quei principi che, nella realtà di tutti i giorni, troppo spesso restano lettera morta. Soltanto al termine di un confronto che vede contrapporsi i bambini ricchi della banda a quelli poveri e di una riflessione, tanto ingenua quanto sincera, sul significato della parola “democrazia”, verrà presa la decisione di fondare la piccola comunità sulla comunione del lavoro e dei beni. Ma, se il mondo dei ragazzi è pervaso da nobili ideali, quello degli adulti è non solo mediocre, violento, repressivo ma, anche e soprattutto, troppo disposto a cedere ai compromessi: gli adulti non riescono ad accettare la crudele punizione inflitta dai “caimani” al loro compagno che li ha traditi, consentendo in tal modo ai “falchi” di vincere l’ultima e decisiva battaglia, perché la giudicano eccessivamente severa, salvo poi far uso essi stessi della violenza sui propri figli per ristabilire l’ordine con la forza. L’universo infantile propostoci da La guerra dei bottoni, dunque, non ammette compromessi: la fuga di Roberto, se nell’immediato è dettata dalla necessità di sfuggire alla punizione degli adulti, ha più l’aspetto di un vero e proprio esilio cui lo scapestrato capo dei “caimani” decide di sottoporsi in seguito alla sconfitta. L’ultima parte del film – decisamente superiore al resto della pellicola – è il racconto della solitudine disperata di fronte alla quale si ritrova un adolescente incompreso, che assume su di sé il peso di rappresentare il bisogno di libertà e indipendenza della comunità dei ragazzi di fronte a un mondo adulto che non vuole e non può comprenderne le ragioni. Nella sequenza finale del collegio, la riappacificazione tra Roberto e “Zazzera” – il capo dei “falchi” – oltre a sancire l’annullarsi della rivalità di fronte a un destino comune, segna definitivamente anche la distanza dei ragazzi dagli adulti e dalle loro istituzioni repressive. Sicuramente inferiore al romanzo dal quale è tratto – che, alla sua uscita nel 1912 suscitò scandalo per le situazioni proposte e il linguaggio spregiudicato usato dai piccoli protagonisti – il film riesce, grazie alla freschezza delle situazioni, alla simpatia e alla spontaneità dei suoi interpreti, all’ambientazione rurale ed ariosa, a farsi perdonare un tono eccessivamente scanzonato – specie nella prima parte – e qualche superficialità nella descrizione psicologica dei personaggi. Fabrizio Colamartino

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