Kes

di Ken Loach

(Gran Bretagna, 1969)

Sinossi

Barnsley, Inghilterra. Il piccolo Billy Casper ha una vita familiare problematica: la madre è una figura incapace di aiutare i figli e non supplisce adeguatamente all’assenza del padre, mentre il fratello maggiore Jud, operaio in miniera, è violento e irascibile. La situazione scolastica non è certo migliore: vittima di un’istituzione paralizzata dalla ricerca della disciplina e dalla mancanza di sensibilità degli insegnanti, Billy si confronta con la prepotenza dei compagni di classe che lo dileggiano e lo aggrediscono, talvolta brutalmente. Il ragazzo, che nei momenti liberi si occupa della distribuzione del giornale locale, si chiude così in un mondo ideale, nel quale la sua unica soddisfazione è l’addestramento di un piccolo falchetto trovato in campagna e ribattezzato Kes (il diminutivo di “kestrel”, termine inglese che indica la famiglia dei falchi). Nonostante la costante ostilità del fratello e il pessimo rapporto con i coetanei, Billy trova comprensione ed incoraggiamento nelle parole del suo insegnante Farthing. In un’occasione quest’ultimo raggiunge Billy in campagna per vedere da vicino l’opera di addestramento di Kes, e stimola il ragazzino a realizzarsi attraverso lo svago e la spensieratezza. Ma Jud, trovato Kes nella gabbia costruita da Billy, per dispetto uccide il rapace e al ragazzino, che invano tenta di far valere le sue ragioni nei confronti del brutale fratello, non rimane che seppellire mestamente l’animale.

INTRODUZIONE AL FILM

Ken Loach, nato il 17 giugno 1936 a Nuneaton, in Inghilterra, è autore da sempre sensibile ai problemi dei personaggi indifesi: la sua è una prospettiva che si pone sempre, dichiaratamente, al servizio dei deboli per narrare la storia dal loro personale punto di vista, mostrando le contraddizioni che albergano nelle società neoliberiste, dotate di istituzioni sempre nemiche della libertà, schiave del perbenismo e dell’assoluta mancanza di sensibilità nei confronti dei problemi dei personaggi. Loach non dà letteralmente voce agli sconfitti, ma analizza dettagliatamente il loro mondo pieno di difficoltà per mostrarne le difficili e insolubili problematiche esistenziali. Mentre narra, Loach osserva con attenzione e testimonia, trasformando i suoi film in autentici manifesti politici, atti d’accusa che si servono spesso dello stile documentario per illustrare gli squilibri presenti nelle società moderne e la crisi profonda degli individui più indifesi. Gli operai, gli immigrati, i profughi politici, i minori, tutti coloro che scontano l’indifferenza e il pregiudizio delle istituzioni che dovrebbero essere preposte alla difesa del cittadino, sono per Ken Loach i punti privilegiati d’osservazione di una realtà pronta a frantumarsi nello svelamento impietoso delle incoerenze che caratterizzano le società abbienti e palesano il contrasto tra potenti ed indifesi. Kes, pur non abbandonando lo stile documentaristico caro al regista, rappresenta un felice connubio tra istanze oggettive dello sguardo (l’attenta osservazione dell’universo in cui si muove il personaggio di Billy, tra famiglia e scuola) e parabola allegorica sulla potenza illusoria del sogno (le sequenze in campagna in cui Billy si dedica all’addestramento del falchetto), al punto che a qualche critico (per esempio a Michel Ciment della rivista francese “Positif”) è venuto in mente di paragonare Kes a I quattrocento colpi di Truffaut.

IL RUOLO DEL MINORE E LA SUA RAPPRESENTAZIONE

Con Kes, Ken Loach si propone di analizzare una serie di temi che poi riprenderà in seguito, in alcuni casi approfondendoli, nel corso della sua carriera. La crisi della famiglia e l’incomprensione da parte dell’universo scolastico sono aspetti di quella violenza istituzionale cui Loach ha fatto spesso riferimento nelle sue pellicole e introducono, motivandole, altre questioni di particolare gravità come la mancanza di affetto, l’incomprensione, l’obbligo di rispettare le regole e l’insofferenza che da ciò trae origine, la difficoltà di comunicazione e l’impossibilità di creare dei legami stabili e duraturi. Di tutti questi aspetti è vittima il piccolo Billy Casper, personaggio gracile, vittima dell’indifferenza della sua famiglia, dell’alterigia indisponente degli insegnanti, dell’arroganza dei coetanei e della mancanza di sbocchi e prospettive future in un universo sociale in cui le speranze di riuscita sono affidate al duro ed alienante lavoro in miniera. La situazione familiare di Billy non è delle più felici: la madre non pare molto interessata alle vicende del figlio, al quale manca indubbiamente l’affetto genitoriale, visto che la donna dovrebbe supplire anche all’assenza del padre. Infatti la donna mostra di apprezzare maggiormente le serate trascorse in un pub in compagnia di un amico che le responsabilità familiari: nel finale, quando Billy lamenterà l’uccisione del suo amato falchetto, la madre, invece di prendere una ferma posizione contro l’altro figlio Jud, manifesterà apertamente la sola preoccupazione di non essere toccata dall’animale morto che Billy regge nella sua delusa e rabbiosa mano. Il fratello Jud ha invece una vera e propria avversione nei confronti del più giovane Billy: il suo lavoro in miniera lo ha costretto ad uno stato di abbrutimento che si ingigantisce quando egli si ritira nel pub e torna a casa ubriaco e molesto, costringendo Billy a svegliarsi nel cuore della notte. Coetanei ed insegnanti non migliorano certo la situazione: arroganti, crudeli e ostili i compagni di classe, sempre pronti al dileggio e al pestaggio; insensibili, distaccati e ottusamente inflessibili gli insegnanti, trincerati dietro un’educazione impartita con lo scopo di mortificare l’iniziativa degli allievi e per giungere alla loro completa spersonalizzazione (tristemente comico appare l’insegnante/allenatore della squadra di calcio della scuola: goffo, autoritario e grottescamente infantile durante la partita di calcio che contemporaneamente arbitra e gioca, dribblando tutti con lo scopo di segnare gol che reputa importanti alla sua affermazione nei confronti degli studenti che lo seguono tra il divertito e l’incredulo). All’interno di tutta questa oscura e deprimente caratterizzazione, è normale comprendere come Billy cerchi la salvezza e la libertà in quei momenti di assoluta intimità, totalmente slegati dal contesto opprimente in cui suo malgrado si trova a vivere, che gli offrono le cure prestate al piccolo rapace. Kes, il falchetto, rappresenta simbolicamente la speranza di una fuga dalla triste realtà per sondare direttamente l’aura impalpabile del sogno: la verde serenità della campagna è il segno di cui si serve Loach per simboleggiare un universo differente, antitetico rispetto alla grigia quotidianità familiare e scolastica. L’illusione di un momento di serenità per Billy va di pari passo con l’addestramento del piccolo falco: il volo dapprima stentato del rapace, che allude alla difficoltà di affrancamento a cui va incontro lo stesso Billy, poi il successo e il crescente affetto nel rapporto con l’uccello, legittimato dal racconto che il ragazzo espone alla classe incuriosita e dalla presenza all’addestramento del signor Farthing, l’unico insegnante a mostrare la necessaria umanità; infine la disillusione, che sopravviene con l’uccisione del falchetto da parte del crudele Jud, quasi una sottolineatura fatta con lettere di sangue per ribadire l’impossibilità del sogno all’interno di una crudele realtà fatta di incomprensione e miseria affettiva.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Kes, con il suo ritratto perennemente in bilico tra poesia campagnola e crudeltà suburbana, si inserisce perfettamente in una riflessione sul bisogno degli adolescenti di crearsi un mondo parallelo in cui poter sfogare le delusioni e le frustrazioni di un’esistenza particolarmente cruda e priva delle certezze necessarie cui far doveroso affidamento. Sullo stesso versante compiuto da Billy, nel tentativo di affidarsi alla forza di un sogno, sta anche la volontà di Harry Cronin, il protagonista di nove anni del film Missione da un altro pianeta (1996) di Martin Duffy: anche Harry – nonostante le tonalità da commedia di questa pellicola – tenta di crearsi una realtà parallela con cui fronteggiare la solitudine della sua situazione esistenziale, e lo fa vivendo convinto di essere un extraterrestre solo temporaneamente residente sulla Terra. Chiusure in mondi personali a confronto, disagi che si esprimono in maniera differente, ma frutto entrambi di un malessere che colpisce sulla base di un’insoddisfazione profonda. Giampiero Frasca

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