Sentenze della Corte di Cassazione Con le sentenze n. 32562 e 33719, rispettivamente del 1° e del 16 settembre 2010 la Sesta sezione penale della Corte di cassazione si è trovata ad affrontare, per due volte a distanza di quindici giorni, la questione dell’impedimento da parte del genitore affidatario dei figli, del diritto di visita spettante al genitore non affidatario.
In entrambe le sentenze i giudici mettono in evidenza che il comportamento – anche puramente omissivo come la mancata comunicazione del cambiamento di domicilio da parte del genitore affidatario all’altro genitore – volto a frustrare la legittima pretesa del genitore non affidatario di vedere i figli secondo la tempistica indicata dal giudice che ha disposto sull’affidamento implica il reato di “mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice” descritto dal secondo comma dall’art. 388 del codice penale: «Chiunque, per sottrarsi all'adempimento degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi l'autorità giudiziaria, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi alla ingiunzione di eseguire la sentenza, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032. La stessa pena si applica a chi elude l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito […]». Tale reato, precisa la Corte, si concretizza ogni qual volta il genitore affidatario tiene un comportamento elusivo del predetto provvedimento, e ciò anche se si tratta di un singolo comportamento univocamente compiuto con questo fine non essendo necessarie più condotte in tal senso perché l’elusione delle statuizioni del giudice si può concretizzare “anche in un solo atto”. Inoltre, secondo quanto affermato dai giudici della Cassazione nella sentenza n. 33719 del 2010, il comportamento del genitore affidatario che ostacola il diritto di visita dell’altro genitore non permettendogli di esercitare agevolmente le sue prerogative genitoriali non perde rilevanza penale nemmeno quando quest’ultimo si sia sottratto all’obbligo di contribuire economicamente al mantenimento del figlio. Infatti, non sussistendo un rapporto d’interdipendenza (“sinallagmaticità”) tra il diritto di visita del genitore non affidatario e il dovere del medesimo di fornire i necessari mezzi di sussistenza ai figli, non si può pensare di impedire i rapporti tra questi ultimi e il genitore non affidatario perché questo ha mancato di versare con regolarità gli alimenti. Del resto, pare chiaro che ragionando diversamente si permetterebbe a un genitore di usare i figli come uno strumento per ricattare l’altro genitore con la conseguenza che, alla fine, sarebbero anche i figli a esserne danneggiati perché perderebbero la possibilità di portare avanti un rapporto normale con un genitore. Nell’altra sentenza in commento, la n. 32562 del 2010, viene approfondito il problema della risarcibilità del danno cagionato al genitore non affidatario dall’altro genitore che gli impedisce il diritto di visita: ebbene, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente la quale lamentava che tale problematica fosse di competenza esclusiva del giudice civile, i giudici della Cassazione hanno prima chiarito che si tratta senza dubbio di una questione di merito e, come tale, non sindacabile in Cassazione quando, come in questo caso, la decisione presa dal giudice di merito è adeguatamente motivata. Quindi la Suprema corte precisa che, comunque, tale problema non deve obbligatoriamente essere affrontato in sede civile ma, ove vi sia una richiesta in tal senso da parte del genitore danneggiato, può essere certamente deciso dal giudice penale. Niente vieta, infatti, che quest’ultimo liquidi, “in via meramente equitativa”, un importo come risarcimento del danno morale a favore del genitore non affidatario a causa del difficile rapporto venutosi a creare tra lui e i figli per colpa della condotta del genitore affidatario non conforme a quanto stabilito dal giudice civile. Infine, oltre che rispondente a evidenti motivi di logica giuridica quest’orientamento giurisprudenziale ha il pregio di assicurare alla parte offesa un duplice vantaggio: non dover intentare anche una causa civile per ottenere un risarcimento del danno subito e, conseguentemente, non dover attendere anche i tempi affatto brevi della giustizia civile per vedere liquidato il danno subito. Tessa Onida