Il Terzo Protocollo Opzionale alla Convenzione di New York del 1989

L'adozione del nuovo Protocollo Opzionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo avvenuta  il 19 dicembre 2011* ad opera dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, consentirà ai minori - dopo la sua entrata in vigore che avverrà successivamente alla ratifica da parte di almeno dieci Stati membri - di ricorrere direttamente al Comitato ONU per far esaminare i casi in cui ritengono che siano violati i diritti affermati nella Convenzione di New York del 1989 e nei due Protocolli opzionali del 2000 concernenti, rispettivamente, il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, e la vendita, la prostituzione minorile e la pornografia rappresentante minori. L'adozione di questo nuovo Protocollo - che è stata accolta con entusiasmo da chi, da anni, studia i mezzi per favorire il processo nazionale di attuazione della Convenzione sui diritti del fanciullo, dei relativi Protocolli opzionali, e dagli altri strumenti giuridici internazionali sottoscritti e ratificati dall'Italia - è un fatto di particolare rilevanza in quanto la Convenzione, pur rappresentando un punto di riferimento giuridico essenziale per gli Stati che l'hanno ratificata, non ha, tuttavia, previsto alcun meccanismo che permetta ai minori di ricorrere direttamente ad un organo internazionale in grado di offrire loro una tutela "a misura di bambino". Una tutela, quindi, che sia improntata a garantire il superiore interesse dei bambini e degli adolescenti e il rispetto dei loro diritti e delle loro opinioni. Con l'adozione del nuovo Protocollo opzionale, si gettano le basi per consentire ad un organo internazionale e indipendente (il Comitato ONU) di chiedere agli Stati nei quali si sono registrati degli episodi di violazioni di diritti di minori (fra i tanti esempi possibili, si pensi ai bambini che non possono accedere all'istruzione primaria o i bambini costretti a sfruttamento sessuale), di predisporre tutte le misure necessarie per far cessare questi episodi e per prevenirne di nuovi. In questo modo, di fatto, vengono anche rafforzate le tutele già operanti a livello nazionale o regionale perché potranno essere presentati dei reclami per la violazione dei diritti dei minori al Comitato ONU (e questo potrà intervenire) anche quando i meccanismi del proprio Stato non esistono o sono inefficaci. È nella seconda parte del Protocollo che sono indicate le quattro procedure da seguire nel caso si voglia sottoporre all'attenzione del Comitato un caso di violazione dei diritti dei bambini:  - un bambino singolo o un gruppo di bambini possono presentare una denuncia per conto proprio attraverso la procedura di comunicazione individuale (Individual communications procedure);  - un soggetto terzo può presentare un reclamo a nome di un bambino o di un gruppo di bambini; - uno Stato può presentare un reclamo contro un altro Stato su presunte violazioni dei diritti dei bambini attraverso la procedura del reclamo inter-statale (Inter-State communications procedure); - il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo può avviare un'indagine sulle presunte violazioni dei diritti dei bambini da parte di uno Stato (Inquiry procedure). Il Protocollo non prende in considerazione alcuna violazione di specifici diritti del fanciullo ma soltanto la loro tutela in generale, specialmente (ma non solo) in relazione alla possibilità che il Comitato ONU riceva delle denunce o dei ricorsi, anche direttamente dai minori stessi, così come da chiunque in loro favore. Peraltro, è importante mettere in evidenza che tutto questo procedimento è caratterizzato dalla volontà di evitare, al massimo, l'insorgere di conflitti tra il Comitato ONU e lo Stato membro e tra quest'ultimo e gli altri Stati: per questo già la ricevibilità del ricorso è subordinata al fatto che lo Stato parte abbia accettato e ratificato il Protocollo stesso senza aver rifiutato in quell'occasione la competenza del Comitato ONU o aver ritirato la propria adesione in un tempo successivo notificando la decisione al Segretario Generale delle Nazioni Unite. Pertanto, la prima via da percorrere per cercare la soluzione di un problema indicata nel documento in esame è quella di tentare un "friendly settlement"** inducendo lo Stato a provvedere o rimediare entro un termine accettabile (6 mesi). Anche quando il Comitato riterrà di dover rimettere la questione alle agenzie specializzate delle Nazioni Unite o ad altri organismi appositi, lo farà d'accordo con lo Stato e allegando le osservazioni di quest'ultimo. Infine è importante sottolineare che la ricevibilità del ricorso per il Comitato ONU è subordinata al previo esperimento dei mezzi di ricorso e dei rimedi, giurisdizionali o amministrativi, nazionali. Per quanto riguarda l'Italia, in questo senso, l'istituzione dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza ai sensi della recente legge 12 luglio 2011, n. 112 dovrebbe servire a risolvere, già a livello nazionale, la maggior parte delle situazioni critiche che si presenteranno. Sembrano, quindi, per lo più compatibili le norme del Protocollo opzionale con la normativa italiana disciplinata dalla legge 112 che prevede, tra le competenze dell'Autorità all'articolo 3, comma 10, la possibilità di prendere in esame, anche d'ufficio, casi individuali o problematiche di portata generale in cui è possibile ravvisare la violazione, o il rischio di violazione, dei diritti delle persone di minore età.

 

Tessa Onida

 

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*   Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Risoluzione adottata il 19 dicembre 2011, n. A/RES/66/138, Optional Protocol to the Convention on the Rights of the Child on a communications procedure, resa pubblica il 27 gennaio 2012. **  D'altra parte, è evidente che l'approccio "amichevole" da parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite risponde alla logica del sistema "globale" di protezione dei diritti umani, una logica che non può non tenere conto del fatto che i singoli Stati danno vita ad un gruppo per niente omogeneo con radicate differenze di storie economiche, sociali, culturali e politiche. Per questo l'ONU ha, spesso, la necessità di definire i diritti con cautela, tenendo dunque conto di queste differenze nel delineare le proprie procedure per la protezione dei diritti umani nei trattati e nelle dichiarazioni.  

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