Il segreto di Esma

di Jasmila Žbanić

(Bosnia Erzegovina/Austria, Crozia/Germania, 2006)

Sinossi

A Sarajevo, Esma, vedova di un militare ucciso durante la sanguinosa guerra civile (1992-1995) che travolse la Bosnia-Erzegovina, cerca, con fatica, di non far mancare niente alla figlia adolescente, Sara: la ragazzina, un po’ ribelle, si appresta a partire per una gita scolastica a cui tiene molto, e per la quale servono 200 Euro: per racimolare la cifra, Esma, che già riceve un sussidio da un centro d’aiuto per donne in difficoltà, trova lavoro presso un locale notturno. Durante i suoi turni nel locale, Esma conosce Pelda, un giovane malavitoso che, però, avrebbe l’intenzione di espatriare e cambiare totalmente vita: tra i due nasce una reciproca attrazione. A scuola, dopo un’iniziale incomprensione, Sara simpatizza col coetaneo Samir, anche lui orfano di guerra. In casa la ragazzina è spesso insofferente e tratta con maleducazione Sabina, l’amica della madre che trascorre la serata con la piccola quando Esma è al lavoro. Un’ordinanza della scuola prevede che i figli dei caduti in guerra siano esonerati dal pagamento della quota prevista per la gita: Sara, dunque, chiede insistentemente alla madre di procurarsi il certificato che attesti la sua condizione di orfana, ma Esma pare in difficoltà ad esaudire tale richiesta; alla fine, la donna preferisce pagare i 200 Euro. Sara scopre di non essere stata inserita nella lista degli orfani: di fronte alla madre, insinua che quest’ultima si sia prostituita durante la guerra; e a quel punto, Esma grida alla figlia l’orribile verità: fu violentata in un campo profughi. Sara si rade completamente il cranio; poi, dopo essersi riconciliata con la madre, con cui, da questo momento, avrà un rapporto più maturo e affettuoso, parte per la gita.

Introduzione al Film

La violenza sulla donna

Il segreto di Esma è incentrato sulle conseguenze della guerra civile che, tra il 1992 e il 1995, segnò profondamente la storia della repubblica della Bosnia-Erzegovina: si ricollega, dunque, ad almeno altri tre importanti film: Benvenuti a Sarajevo (Welcome to Sarajevo, USA/Gran Bretagna, 1997) di Michael Winterbottom, La vita è un miracolo (Zivot je cudo, Serbia/Montenegro/Francia, 2004) di Emir Kusturica, e La polveriera (Bure Baruta, Jugoslavia/Grecia/Macedonia/Turchia/Francia, 1998) di Goran Paskaliević, che, differentemente dai primi due, non tratta direttamente la guerra in Bosnia, ma getta uno sguardo impietoso e pessimista sulla storia recente dei Balcani, come già era avvenuto in un altro importante film di Kusturica, Underground (id., Francia/Germania/Ungheria, 1995). I danni causati dalla guerra influenzano pesantemente la vita dei protagonisti de Il segreto di Esma: nella Sarajevo del film della Žbanić vige la legge del più forte: il conflitto e le conseguenti difficoltà economiche hanno spazzato via i valori positivi – il senso della comunità, il rispetto della persona – su cui dovrebbe fondarsi la società civile. La violenza espressa dalla legge del più forte è rivolta, dunque, agli individui più deboli, cioè alle donne: essa è ben percepibile nel losco locale notturno in cui Esma trova lavoro, un luogo in cui la violenza maschile si manifesta sia a livello fisico (Esma viene picchiata dal datore di lavoro), sia nella degradante condizione di donna/oggetto a cui ella è costretta a causa del generale atteggiamento all’interno del locale stesso (in particolare, quello di una giovane collega che esibisce ai clienti la propria disponibilità sessuale). Le conseguenze della violenza sulle donne sono ben espresse nella sequenza iniziale ambientata al centro d’aiuto, in cui ognuna rievoca le proprie vicissitudini durante e a causa della guerra, tra le risa isteriche di una ragazza, vittima, sicuramente, di orribili soprusi; e, venuto meno il rispetto da parte dei maschi adulti, alle donne non resta che organizzarsi in una rete di solidarietà esclusivamente femminile (è grazie all’amica Sabina, infatti, che Esma riesce a mettere insieme la somma che le serve per pagare la gita a Sara). Il tema della violenza sulla donna tocca il culmine della drammaticità nel finale, quando Esma svela alla figlia il suo orribile “segreto”; ma le influenze negative della guerra travolgono anche Sara, segnandone in maniera indelebile – e di questo segno è testimonianza, nel finale, il suo simbolico taglio dei capelli – l’adolescenza.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Conoscere la verità per crescere e maturare

Oltre al tema della violenza sulla donna, gli altri cardini su cui si basa Il segreto di Esma sono il rapporto tra madre e figlia e il malessere dell’età adolescenziale, in un contesto fortemente drammatizzato dall’influenza negativa della guerra. Sara appare fin da subito una ragazzina insofferente all’educazione che la madre cerca di imporle: tale insofferenza deriva dal fatto che Sara si percepisce “diversa” rispetto ai suoi compagni di scuola: e tale diversità è dovuta all’assenza, nella vita di Sara, della figura paterna. Nei confronti di Esma la violenza sulla donna è stata espressa dallo stupro: ma quel medesimo traumatico evento si riflette anche su Sara, in modi per certi aspetti anche più crudeli, poiché la ragazzina coltiva la memoria del padre, che lei crede eroe di guerra: ed è ovvio che, per lei, è egualmente traumatico prendere coscienza di essere la conseguenza di una violenza sessuale. Nel momento in cui a Sara è svelato tale segreto, il trauma che ne consegue porta la ragazzina a ripensare tutta la sua vita, a rimodellare ogni suo atteggiamento: il taglio integrale dei capelli, nel finale, acquisisce, in questa direzione, un significato fortemente simbolico: Sara, in un certo senso, inizia una nuova vita, in cui diviene predominante la solidarietà nei confronti della madre; per Sara, dunque, conoscere la verità significa mutare radicalmente il proprio rapporto con Esma: abbandonare gli atteggiamenti da bambina capricciosa e porsi, invece, al pari della genitrice, offrendole la possibilità di condividere il dolore causato dallo stupro, e quindi di iniziare a liberarsi, in una certa misura, di esso. Prendere consapevolezza della terribile verità, dunque, significa per Sara divenire una persona più matura. Tale “percorso”, se così lo si può chiamare, è evidenziato anche dalla descrizione del rapporto che Sara costruisce col compagno di classe Samir: all’inizio del film la ragazzina litiga con quest’ultimo e mentre giocano a calcio insieme ad altri compagni i due vengono addirittura alle mani. Ma il loro rapporto, iniziato in modo negativo, inizia fin da subito a migliorare. Nel finale, dopo il taglio dei capelli, Sara e Samir si baciano: il taglio che prelude a un nuovo inizio, sancisce quindi l’ingresso della ragazzina nel mondo degli adulti. Se da un lato Sara ha preso consapevolezza dell’atroce violenza che gli uomini possono esprimere nei confronti delle donne, dall’altro crescere e divenire adulta significa conoscere sentimenti per lei nuovi come la solidarietà e la complicità nei confronti di altre donne o la scoperta dell’amore, sentimento che si contrappone all’evento violento patito dalla madre e lo rende via via sempre più sbiadito.

Riferimento ad altre pellicole e spunti didattici

Il tema dell’infanzia traumatizzata dalla guerra è stato ammirevolmente trattato in alcuni importanti film del Neorealismo italiano: ad esempio Sciuscià (Italia, 1946) di Vittorio De Sica, e Germania anno zero (1948, Italia/Germania) di Roberto Rossellini: quest’ultimo, in particolare, mostra con notevole efficacia l’orribile solitudine a cui sono condannati i minori in un ambiente totalmente devastato dalla guerra. Un’ipotetica rassegna sul tema dell’infanzia violata dalla guerra potrebbe partire proprio da Germania anno zero, per poi evolversi con L’infanzia di Ivan (Ivanovo detstvo, URSS, 1962) di Andrej Tarkovskij, tragica vicenda di un bambino russo a cui i nazisti hanno sterminato la famiglia, e che aiuta i partigiani del suo paese; e con Prima della pioggia (Po Dezju – Before the Rain, Macedonia/Gran Bretagna/Francia, 1994) di Milcho Manchevski, e Viaggio a Kandahar (Safar e Gandehar, Iran/Francia, 2001) di Mohsen Makhmalbaf, che, in un contesto differente rispetto alle ex Jugoslavia, l’Afghanistan del dopo 11 settembre, si sofferma anche sull’umiliazione della dignità delle donne, causata dal fondamentalismo islamico. Costantino Maiani

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