di Ermanno Olmi
(Italia, 1961)
Sinossi
Per Domenico, dopo aver frequentato tre anni di scuola superiore, è venuto il momento di recarsi a Milano per entrare nel mondo del lavoro impiegatizio. Figlio di operai, Domenico si sottopone agli esami preventivi all’assunzione in una grande azienda. Nel giorno dell’esame, durante il pasto consumato in una latteria, conosce Antonietta, una sua coetanea che aveva intravisto la mattina al momento degli scritti. Prima delle prove psico-tecniche, che dovranno essere svolte nel pomeriggio, i due camminano amichevolmente per la città: Domenico prova una grande attrazione per la ragazza, al punto da aspettarla fuori dall’azienda, dopo la seconda parte dell’esame, per accompagnarla alla fermata dell’autobus. Motivato oltre che dalla possibilità dell’impiego, anche dalla conoscenza della ragazza, Domenico si appresta con entusiasmo al suo primo giorno di lavoro, ma con suo rammarico viene destinato nella sede esterna. Gli viene assegnato un posto da aiuto usciere in attesa che si liberi una scrivania da impiegato. Il ragazzo comincia a confrontarsi con altri personaggi, ognuno dei quali vive la propria vita con i relativi problemi, piccoli drammi, frustrazioni e manie. Solo per puro caso Domenico incontra Antonietta che lo invita alla festa di Capodanno del dopolavoro. Domenico si reca nel luogo convenuto, ma la ragazza non si presenta: egli, dopo una prima fase di taciturna tristezza, si libera e vive pienamente la festa, riuscendo finalmente a collocarsi nel suo nuovo universo. Al ritorno al lavoro una scrivania si è liberata. Per Domenico ha veramente inizio la vita da impiegato.
Presentazione critica
Al suo secondo film, Ermanno Olmi presenta un mondo che ruota intorno ai concetti di speranza e ciclicità, di aspettativa e reiterazione di modalità esistenziali. Inoltrandosi nell’universo piccolo borghese, il regista bergamasco racconta una realtà che fa del ‘posto’, della sistemazione, l’obiettivo principale della vita, la reale possibilità di accaparrarsi la tranquillità economica e sociale (che cosa ha detto, infatti, il padre a Domenico se non la vecchia e più volte ascoltata frase che recita come la grande azienda sia la struttura che pur non facendo arricchire garantisce la serenità della posizione?). Domenico, giovane timido e taciturno, quasi spaventato a causa del nuovo ruolo a cui si appresta, è consapevole della responsabilità che lo attende, ma è ancora ancorato al suo universo infantile (litiga con il fratello minore perché questi gli ha preso la cinghia per raccogliere i libri scolastici). Il mondo del lavoro e la sicurezza a cui aspirano i suoi genitori lo spaventano. La solitudine della grande città lo ingloba ed egli non può fare altro che mettersi in attesa che qualcosa si compia. Giunge nell’azienda milanese dove dovrà sostenere gli esami, ma anche simbolicamente la situazione non gli arride e lo mette immediatamente in guardia, tramite alcuni segni, relativamente a ciò che lo aspetta. La strada per recarsi nel luogo sede di esame è lunga, i posti che i candidati occupano sono divisi da piccole pareti divisorie, quasi a sottolineare l’individualismo che caratterizza la nuova realtà, il vicino di banco di Domenico finisce la prova di aritmetica prima dell’ora prevista e poi lo guarda con fare fintamente modesto, quasi si scusasse per aver terminato anzitempo. Nel corso dell’esame, sotto lo sguardo attento ed indagatore di Domenico avvengono i primi sintomatici psicodrammi, come quello dell’uomo che non riesce ad ultimare la prova, probabilmente perché “non ricordava le equazioni”. Domenico nella nuova dimensione lavorativa cerca uno spiraglio, un semplice appiglio a cui agganciarsi e lo trova casualmente in Antonietta, una ragazza che ha svolto lo stesso esame e che incontra durante il veloce pranzo in una latteria. Antonietta, che si fa chiamare con il nomignolo francesizzante di Magalì, non è l’incontro amoroso di Domenico, ma rappresenta l’illusione, il sogno di potersi estraniare dallo spazio dell’azienda, dalla relativa collocazione e dal rapporto con il tutto formato dai colleghi e dalle situazioni che si verificano in ambito lavorativo. Non è un caso che il ragazzo, il primo giorno lavorativo, si introduca nello stanzino dove i suoi colleghi stanno attendendo di essere destinati a qualche mansione e non riesca ad entrare in sintonia con le altra persone: Domenico attende Antonietta, soltanto al suo arrivo comincia a sorridere e a nutrire la speranza di uno spiraglio, anche se il subitaneo distacco dato da collocazioni differenti lo getta nello sconforto. L’errore dell’inesperto ragazzo è quello di contare nella presenza salvifica della sua coetanea, mentre è soltanto il contatto con l’altrui realtà che gli permetterà di entrare nei complessi e monotoni meccanismi che presiedono al ‘posto’ impiegatizio. L’interazione del ragazzo con alcuni dei dipendenti dell’azienda è resa da Olmi tramite un breve segmento illustrativo in cui il racconto non concentra la sua attenzione sul personaggio di Domenico, ma si ferma per raccontare vita, miserie, sogni e frustrazioni esistenziali dei singoli impiegati (chi canta la sera nelle osterie, chi aspira a diventare scrittore, chi rimane vittima del tedio, chi invece si fa spuntare la fluente capigliatura dalla moglie). La dura realtà è questa e Domenico lo capisce durante la festa di Capodanno, quando l’assenza di Antonietta gli fa accettare pienamente l’integrazione con quello che d’ora in avanti sarà il suo mondo. Una scrivania si libera, il posto è suo. Benvenuto nella ciclica e monotona tranquillità. Giampiero Frasca