Davide Zoletto
Il volume presenta un doppio taglio, teorico ed empirico: propone, da un lato di considerare la dimensione del gioco quale banco di prova e osservatorio delle dinamiche di integrazione degli immigrati, dall’altro lato richiama l’attenzione sulla pratica del gioco del cricket, introdotta dagli immigrati provenienti dalle ex-colonie inglesi. Sul fenomeno del cricket, inedito in Italia ma in costante aumento, l’autore ha condotto una ricerca sul campo in alcune regioni italiane. L’approccio che guida l’indagine presentata nel testo fa intersecare lo sguardo dell’antropologo con la capacità analitica del filosofo e con la preoccupazione etico-sociale del pedagogista.
Ne scaturisce la fotografia di un’Italia poco nota, dove per giocare a cricket si formano squadre locali, talora omogenee, talora più eterogenee sul piano della nazionalità di origine dei loro componenti. Costoro si trovano al centro di una complessa rete di relazioni con il territorio e con la comunità locale. Di qui anche la molteplicità delle forme con cui queste squadre si autorappresentano, a partire dal nome scelto, caratterizzato spesso da un doppio riferimento, al Paese di origine e alla realtà di residenza. La ricostruzione delle dinamiche sociali con cui bengalesi, pakistani, srilankesi e indiani portano avanti il gioco del cricket nelle periferie e nei campetti delle nostre regioni è poi anche l’occasione per una riflessione più ampia sullo statuto del gioco in pubblico da un punto di vista interculturale. Si tratta di una dimensione che rappresenta assai efficacemente la dialettica tra globale e locale tipica della nostra epoca, dal momento che un gioco considerato tradizionalmente inglese, e dunque sulla carta prettamente occidentale, si trova a essere introdotto in un Paese europeo di immigrazione da gruppi di immigrati di origine non europea. La percezione degli autoctoni colloca però questa pratica entro una rappresentazione etnica che mette l’accento più sulla provenienza orientale di chi gioca a cricket che sulla natura transculturale del gioco. Le potenzialità aggregative generate dalla presenza di gruppi di amanti del cricket sono quindi indebolite e neutralizzate dagli schemi rigidi con cui gli attori sociali locali tendono a tener separate le richieste degli immigrati da quelle degli autoctoni, senza cogliere le opportunità notevoli create dai nuovi gruppi di sportivi o di aspiranti tali. Certamente la robusta presenza delle seconde generazioni tra i giocatori di origine immigrata e la visibilità pubblica del gioco contribuiscono a forzare le strategie di esclusione degli immigrati e a favorire lenti ma progressivi processi di inclusione sociale. Anche perché i ragazzini e le ragazzine che oggi prendono in mano una mazza per una partita a cricket non lo fanno solo in quanto si sentono indiani o bengalesi, ma anche in quanto si percepiscono altrettanto anconetani o vicentini, ovvero italiani. A partire da un approfondimento delle diverse concezioni di cittadinanza elaborate e messe in pratica attualmente non soltanto entro i confini europei, l’autore auspica soluzioni politiche e sociali capaci di promuovere un apprendimento delle pratiche di cittadinanza nato dalla condivisione di luoghi e attività comuni. Più dunque le comunità e gli enti locali smetteranno di concepire progetti e interventi in base a una separazione etnica dei destinatari, più i nuovi italiani potranno giocare la partita della loro integrazione con qualche chance di successo. Zoletto, D., Il gioco duro dell’integrazione: l’intercultura sui campi da gioco, Milano, Raffaello Cortina, 2010
Tutte le segnalazioni di libri sono pubblicate anche nella rivista Rassegna bibliografica: infanzia e adolescenza