Idoneità della coppia all'adozione

Sentenza della Corte di Cassazione La Corte di cassazione a sezioni unite scioglie un quesito che negli anni si era presentato più volte ai tribunali per i minorenni e che finora non aveva trovato una soluzione univoca: si trattava di stabilire se un tribunale per i minorenni potesse dichiarare l’idoneità di una coppia ad adottare un bambino limitatamente a bambini di pelle chiara.

Infatti, se gli aspiranti genitori non si dichiaravano disposti ad accogliere bambini di pelle scura, al termine del procedimento previsto dalla legge per valutarne l’idoneità a ricevere uno o più bambini in adozione, il tribunale si trovava dinanzi a questa difficile scelta: dichiarare la coppia inidonea ed escludere che potesse ricevere in adozione un qualunque bambino o circoscrivere l’idoneità della stessa limitandola a bambini di pelle chiara. Adesso con la sentenza n. 13332 del 1° giugno 2010, al di là delle motivazioni anche molto profonde e logicamente ben argomentate che nel tempo hanno spinto i tribunali per i minorenni a scegliere soluzioni tra di loro divergenti, abbiamo finalmente un orientamento univoco: il decreto di idoneità all'adozione – pronunciato dal tribunale per i minorenni ai sensi dell'articolo 30 della legge n. 184 del 1983 e successive modificazioni – «non può essere emesso sulla base di riferimenti all'etnia dei minori adottandi, né può contenere ndicazioni relative a tale etnia». Infatti, qualora riserve di questo genere siano state espresse dalla coppia dovranno «essere apprezzate dal giudice di merito nel quadro della valutazione dell'idoneità degli stessi all'adozione internazionale». In sostanza – chiariscono i giudici della Corte di cassazione – il bisogno di genitorialità di coloro che intraprendono il percorso adottivo non può prescindere dall'accettazione dell'identità e della diversità del minore proveniente da un contesto completamente diverso nell’ottica del perseguimento dei diritti fondamentali del minore così come sono affermati in diverse disposizioni di legge nazionali. Pertanto, ogni atteggiamento discriminatorio che venga espresso nel corso della valutazione da parte degli aspiranti genitori, evidenzia delle carenze nella capacità di accoglienza da parte della coppia e, in ultima analisi, anche una certa inadeguatezza rispetto alle peculiarità del percorso di integrazione che con un minore straniero è necessario compiere. Verosimilmente i giudici della Corte di cassazione, quando hanno optato per questo rigoroso orientamento, erano consci del fatto che – come hanno già rilevato i più attenti commentatori –- è comunque possibile per una coppia aggirarlo non dichiarando la propria indisponibilità ad accogliere un minore con la pelle di colore diverso durante la fase nella quale viene valutata la loro idoneità ad adottare e, una volta ottenuta l’idoneità, rivolgendosi ad enti che operano essenzialmente in paesi con bambini di pelle chiara. Tuttavia, i giudici hanno voluto lo stesso affermare in modo netto il divieto per i tribunali per i minorenni di circoscrivere l’idoneità di una coppia ad adottare un bambino alla luce d’elementi legati al suo colore della pelle. Ciò anche perché, a differenza di quanto accade per l'adozione nazionale, nell'adozione internazionale l'idoneità all’adozione deve essere verificata in via “astratta e teorica” per la mancanza di un minore specificamente individuato al momento dell’accertamento in relazione al quale misurare le capacità di instaurare un valido rapporto educativo ed affettivo degli aspiranti genitori adottivi; pertanto deve essere formulato un giudizio che “conduca all'adozione del decreto di idoneità solo per quelle persone che dimostrino di essere realmente in grado di affrontare le difficoltà connesse all'adozione internazionale”. E poi, un provvedimento che attribuisca rilevanza a dati razziali si pone in contrasto con principi consolidati del diritto interno e del diritto internazionale considerato che l'articolo 29 novellato dalla legge 476/1998 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla l. 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri) dispone che l'adozione di minori stranieri sia conforme ai principi della Convenzione de L’Aja che, a sua volta, è centrata sul superiore interesse del minore. Per questo l'interesse superiore dei minori in attesa di essere adottati deve essere un criterio guida a cui si deve uniformare ogni percorso decisionale relativo ai minori mettendo in secondo piano tutti quelli astrattamente confliggenti con esso (compresi quelli fondati sui desideri degli adottanti) che devono essere recessivi rispetto al primo.   Tessa Onida  

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