I Vinti

di Michelangelo Antonioni

(Italia/Francia, 1953)

Sinossi

Il film è diviso in tre episodi. Dopo un prologo iniziale in cui, su immagini di cronaca nera dell’epoca una voce over racconta il presente senza speranza della “gioventù bruciata” degli anni Cinquanta, le immagini si aprono sull’episodio francese. Un gruppo di studenti liceali annoiati sogna di fuggire in Algeria per aprire lì un locale. Per ottenere i soldi i ragazzi progettano di uccidere il loro compagno di classe Georges che fa credere a tutti di essere ricco, ma che in realtà vuole solo fare colpo sulla sua compagna di scuola, Simone, che è fidanzata con Andrè. Proprio quest’ultimo ha il compito di attirare Georges in un luogo nascosto e ucciderlo. Andrè spara all’amico e fugge, così come gli altri ragazzi. Georges, viene ritrovato ancora vivo dal custode di un parco che dà l’allarme. La sera la polizia arriva a casa dei ragazzi e Andrè, ancora sconvolto, si costituisce. Nell’episodio italiano, Claudio è un ragazzo di buona famiglia che di notte lavora come contrabbandiere di sigarette. Scoperto dalla polizia, per fuggire uccide un uomo che gli sbarra la strada e sfugge all’inseguimento della polizia gettandosi da un ponte. Il giorno dopo, Claudio vaga per Roma, mentre i genitori vanno alla polizia nel timore che gli possa essere successo qualcosa. La polizia scopre però che Claudio è a capo del contrabbando di sigarette. Intanto il ragazzo si è rifugiato dalla sua fidanzata, Marina, ma ormai non ha più pace, lascia la ragazza e torna a casa. Qui lo aspettano i poliziotti, che spiegano al padre cosa sia successo. Nel frattempo, disperato, il ragazzo muore nella sua camera. Nell’episodio inglese, Aubrey, un giovane aspirante scrittore, telefona ad un giornale per vendere una notizia: ha ritrovato il cadavere di una donna ed è disposto a cedere l’esclusiva in cambio della possibilità di scrivere lui stesso l’articolo. Il giornalista Ken Whatton accetta, ma nonostante l’articolo, Aubrey non riesce a conquistare la notorietà e a sedurre la donna di cui è innamorato che, anzi, lo allontana infastidita. Alla fine, pur di diventare famoso, confessa di aver ucciso lui stesso la donna e viene condannato a morte.

Introduzione al Film

Narrare (con) i luoghi

Spesso considerato un prodotto minore all’interno della filmografia del regista ferrarese, soprattutto per il fatto che la versione finale è il risultato di una serie di interventi di riscrittura del film, I vinti è in realtà un lavoro complesso e articolato; da una parte è una sorta di saggio teorico, di sperimentazione di un cinema che sta prendendo un’altra strada rispetto al “canone” del neorealismo; dall’altra è un film che – cosa rara per il cinema italiano di quegli anni, a parte l’eccezione di Roberto Rossellini con il suo Germania anno zero (Italia, 1948) – sperimenta uno sguardo cinematografico capace di esplorare territori e spazi altri da quelli dell’Italia. Se il prologo e l’epilogo del film sembrano voler caratterizzare l’opera come film d’inchiesta sociale sul fenomeno della delinquenza giovanile – sulla falsariga di un altro film-inchiesta basato su un progetto di Cesare Zavattini, L’amore in città (Italia, 1953), a cui Antonioni aveva partecipato – gli episodi diretti da Antonioni mettono subito in evidenza che, al di là dei tagli e dei rimaneggiamenti, l’intenzione del regista non è quella di sviluppare un percorso legato al cinema sociale. Nell’episodio francese, infatti, ciò che emerge è anzitutto il debito di Antonioni nei confronti del cinema poetico francese (in particolare di Marcel Carné) nell’alternanza tra l’apparente positività della campagna francese (il luogo della gita è in realtà il luogo dove si compie il delitto) e l’oscurità della città di Parigi; nell’episodio italiano, l’erranza di Claudio lungo le vie di Roma, i suoi gesti privi di scopo, la folla indifferente, riportano immediatamente alla memoria il cinema neorealista, per poi allontanarsene repentinamente non appena il protagonista raggiunge Marina nel ricco appartamento borghese. Qui lo stile della regia cambia e i corpi ripresi non sono più tanto i corpi marginali del proletariato urbano o contadino, quanto i corpi enigmatici e sospesi della nascente borghesia cittadina. Lo spazio urbano come luogo straniante, disumano e alienante diventano infine protagonisti nell’episodio inglese, la cui narrazione si muove tra la degradata periferia londinese e l’anonima campagna che diventa il luogo dell’omicidio. In questa capacità di fare dello spazio e del movimento il vero luogo dove si agita il mistero dell’interiorità dei personaggi sta allora uno di punti di forza del film e di uno sguardo che Antonioni svilupperà ulteriormente con il passare degli anni. Nel lento salire le scale dei due ragazzi francesi dopo il delitto, così come nel vagare della macchina da presa lungo i volti annoiati dei giovani ragazzi bene nell’appartamento di Marina si inscrive già la capacità di Antonioni di fare cinema con i luoghi e gli spazi, all’interno dei quali i personaggi, spesso, non trovano un loro spazio. I vinti si colloca dunque in un momento di passaggio, in cui il regista ferrarese fa i conti con il cinema che ha amato (il realismo poetico francese, il neorealismo), e, come molto altro cinema di quegli anni (basti pensare a Federico Fellini, a Luchino Visconti, a Roberto Rossellini) cerca una nuova strada attraverso cui immaginare il presente.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

L’enigma del desiderio

Sebbene si presenti inizialmente come un film sociologico, il cui prologo è costituito dalle immagini tratte da fatti di cronaca che vedono coinvolti minorenni protagonisti di fatti di sangue, il film mette in scena una galleria di personaggi che vengono indagati nei loro gesti, nelle loro azioni prive di senso, senza per questo voler dare ai loro comportamenti delle facili spiegazioni, delle motivazioni sociali che ne spiegherebbero deterministicamente il comportamento. Piuttosto, Antonioni preferisce descrivere azioni e stati d’animo presi nel momento in cui i personaggi vengono filmati. Nei discorsi dei giovani liceali francesi, che sono seduti in un bar mentre aspettano che arrivi Georges, non c’è la consapevolezza del gesto che stanno per compiere, ma solo la consapevolezza del desiderio che li attraversa (un’altra vita, diversa da quella, piccolo borghese, che li aspetta). Il desiderio è più forte di ogni riflessione, di ogni convenienza, ma questo non trasforma i personaggi in figure inumane, al contrario. Nella rappresentazione antonioniana i personaggi non smettono un istante di essere umani, fragili, senza equilibrio. La fuga dei ragazzi nei boschi, spaventati dal suono dello sparo lontano ne è un’immagine esemplificativa: in quel momento perdono la loro (apparente) sicurezza e il lo sguardo ossessionato dal complotto per ridiventare (o per mostrarsi) fragili, insicuri, non ancora adulti. Nell’episodio italiano (quello che ha subito maggiori trasformazioni nel passaggio dalla sceneggiatura al film) il percorso di Claudio è tutto interiore, e culmina con una morte simbolica più che reale (di fatto nel film non viene chiarito come muore il ragazzo); Claudio si consuma nel suo desiderio, ed è consumato da esso. Quando disperato grida a Marina il suo sogno di vivere una vita senza costrizioni, si trova all’interno di un garage, circondato da auto costose, simboli del lusso. Nel momento in cui il desiderio prende completamente il controllo, l’individuo perde la sua identità, diventa, in un certo senso, astratto. È quello che accade, in fondo, ad Aubrey, il cui desiderio di notorietà lo porta a confessare il delitto “perfetto” da lui compiuto pur di avere un pubblico che lo veneri, un riconoscimento sociale che lo faccia uscire dall’invisibilità in cui si trova. In un rapporto assolutamente dialettico a quello dei ragazzi stanno gli adulti, i genitori, le famiglie, che intervengono nel film con una funzione particolare, quella dello sguardo cieco. Nessun adulto riesce ad entrare in rapporto con i propri figli, a comprenderne i gesti, le parole, i segni. Quando i genitori di Simone parlano della ragazza, o i genitori di Claudio del loro figlio, le parole che usano per descriverlo sono assolutamente inadatte: essi hanno dei loro figli un’immagine non corrispondente alla realtà, ma corrispondente al loro desiderio, alle loro proiezioni. Lo scollamento tra le generazioni emerge come un leit motiv del film, ponendo con forza il problema di una generazione che ha perso il legame con i propri figli, con i loro desideri, con il loro presente.

Riferimento ad altre pellicole e spunti didattici

Il film di Antonioni può entrare all’interno di diversi percorsi, proprio grazie alla sua struttura complessa. Nel porre con forza in primo piano l’esigenza di uno sguardo su un mondo giovanile separato dalle generazioni precedenti, I vinti può porsi come ideale tassello sull’inquietudine della generazione del dopoguerra, in un percorso che vede anche film come Gioventù bruciata (Rebel Without a Cause, USA, 1955) di Nicholas Ray, film simbolo del dolore e della rabbia di una generazione che vive immediatamente dopo la ferita lancinante della guerra, o I figli della violenza (Los olvidados, Messico 1950) di Luis Buñuel, ritratto tenero e crudele di una generazione senza futuro e senza presente. In un’altra prospettiva, il film può essere inserito in un percorso legato alla criminalità giovanile nel cinema italiano, sia quella esplorata dal cinema neorealista ed incentrata sui ragazzi appartenenti alla classi più umili – come in Sciuscià (Italia, 1946) di Vittorio De Sica – sia quella del cinema posteriore, da Accattone (Italia, 1960) di Pier Paolo Pasolini, a La commare secca (Italia, 1962) di Bernardo Bertolucci. La violenza senza senso apparente appartiene però anche al cinema americano contemporaneo, che ha spesso esplorato la violenza giovanile, ad esempio in I ragazzi della porta accanto (USA, 1985) di Penelope Spheeris, ma soprattutto nei film di Gus Van Sant Elephant (Id., USA, 2003) e Paranoid Park (Id., USA, 2007) – o nel documentario dedicato alla strage del liceo di Columbine (lo stesso evento che ha ispirato Elephant) di Michael Moore, Bowling a Columbine (Bowling for Columbine., USA, 2002). Daniele Dottorini

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).