Gomorra

regia di Matteo Garrone

(Italia, 2008)

 

Sinossi

In un centro di bellezza alcuni uomini vengono uccisi da dei loro amici mentre sono esposti alle lampade abbronzanti. Pasquale è un bravissimo sarto che lavora per l’alta moda in nero. Le griffe fanno a gara per aggiudicarsi i prezzi più bassi e le consegne più rapide. Il capo di Pasquale si aggiudica una commessa di alta moda a pochissimi soldi. Per guadagnare di più, Pasquale accetta la proposta di un imprenditore cinese, Xian, che gli offre duemila euro a lezione per insegnare il mestiere a una squadra di suoi operai. Tuttavia questo suo secondo lavoro viene scoperto dai camorristi che decidono di punire Pasquale, che smetterà di fare il sarto e diventerà così camionista. Una notte vedrà in televisione una diva di Hollywood che indossa un abito confezionato da lui stesso. A Scampìa, Don Ciro è un contabile che porta la mesata (mensile), stipendio dato dai clan alle famiglie che hanno un affiliato morto o in carcere. Maria non viene più pagata perché il figlio è passato agli scissionisti. Totò è un ragazzino di tredici anni cresciuto nel mito del sistema, al quale viene “iniziato” da alcuni giovani. Tradirà Maria, alla quale portava regolarmente la spesa, che sarà uccisa in un agguato. Franco propone agli industriali del nord Italia lo smaltimento dei loro rifiuti a costi dimezzati. Gli imprenditori accettano, pur sapendo che lo smaltimento verrà fatto illegalmente. Il giovane tecnico Roberto viene assunto da Franco, e lo aiuta nella scelta dei luoghi migliori dove versare i veleni. Imparerà a scegliere la dimensione delle cave, e come miscelare i veleni più adatti al compost, che sarà sparso per tutte le campagne del napoletano e del casertano. Disgustato da quello che sta facendo, Roberto decide di abbandonare l’attività. Marco e Ciro sono due giovani delinquenti, attratti dal mito di Scarface. Prima rubano della droga a un gruppo di extracomunitari, quindi arrivano a rubare delle armi in un deposito della camorra e compiono rapine. Dopo aver ignorato vari avvisi, vengono attirati in un desolato tratto del litorale. Lì saranno uccisi, e i loro corpi fatti sparire, sotterrati con una ruspa.

 

PRESENTAZIONE CRITICA

Introduzione al film

Lo sguardo antropologico

Il film di Garrone, presentato con successo al Festival di Cannes, è ispirato ad uno dei maggiori successi letterari degli ultimi anni, il romanzo-inchiesta di Roberto Saviano, e ne riprende i temi, trasformandoli però in una serie di storie autonome, ispirate appunto agli elementi descrittivi del funzionamento della criminalità organizzata in Campania così come emergono dal libro di Saviano. Dal punto di vista stilistico, Garrone sceglie di non lavorare su alcun processo identificativo dello spettatore con i personaggi del film. Il movimento della macchina da presa è spesso un movimento a mano, continuo, di avvicinamento e allontanamento dai personaggi. Lo sguardo registico non aderisce al loro mondo ma se ne distacca in continuazione, sia per il continuo movimento della camera, sia perché il découpage del film passa in continuazione da una storia all’altra, senza soluzione di continuità. La dimensione scelta da Garrone è dunque una descrittiva, antropologica. Perlomeno nello stile di ripresa, perché dal punto di vista narrativo, il film è strutturato secondo logiche proprie della fiction cinematografica. La dimensione drammatica (e il lavoro di sceneggiatura ad essa sotteso) emerge infatti negli sviluppi narrativi della storia di Totò (il tradimento della donna che gli dà fiducia), o di Roberto (il rifiuto e la sua fuga lungo la strada dopo aver abbandonato Franco), fino ai due piccoli delinquenti che muoiono per avere cercato di imitare dei modelli cinematografici (l’Al Pacinodi Scarface). Le forme estreme del dramma emergono in una scenografia al tempo stesso iperrealistica e astratta, attentamente filmata da Marco Onorato. Da una parte i luoghi reali e i corpi reali (di tutti gli attori non professionisti che lavorano nel film), come il complesso urbanistico delle Vele di Scampia, uno dei simboli dell’ambiente dove prolifera e si sviluppa la camorra contemporanea (gran parte del film è girata in questi enormi agglomerati di appartamenti), di cui Garrone mostra sia la dimensione inumana, artificiale (la struttura in cemento che si erge in una sorta di nulla urbano), sia il suo essere una ripetizione infernale dei rioni e dei vicoli antichi napoletani, in cui il corridoio, il passaggio angusto, il vicolo diventano la vera forma della vita napoletana. La fotografia del film sviluppa questo aspetto, accentuando ad esempio, lungo tutto il film, l’assenza di colori contrastati, il grigio, il marrone e il nero come colori portanti dello spazio urbano in cui si collocano i personaggi. I corpi, i volti emergono allora dalla dimensione oscura della vita, secondo un modello estetico che attinge all’immaginario archetipico della narrazione occidentale. È in questo mélange tra sguardo documentario e messa in scena totale della narrazione che il film di Garrone trova la sua strada come “altra” rappresentazione della camorra nella contemporaneità.

 

IL RUOLO DEL MINORE E LA SUA RAPPRESENTAZIONE

Piccoli camorristi

Uno degli elementi agghiaccianti nel film di Garrone è che non c’è un vero scarto, una differenza sostanziale tra l’essere adulti e l’essere minorenni nel mondo dei quartieri popolari di Scampia. Tutti i ragazzi del film sono dei camorristi in potenza, a cominciare da Totò, a cui è dedicata una parte importante della narrazione. Nelle prime inquadrature in cui è presente, Totò si occupa di fare la spesa per alcuni abitanti del palazzo, tra cui Maria, che poi tradirà. Ma i suoi gesti sono accompagnati da uno sguardo desiderante: ogni qualvolta si affaccia lungo i corridoi e i passaggi delle Vele di Scampia, il suo sguardo punta verso i “grandi”, verso coloro che rappresentano la vita vera, l’unica vita che Totò vuole vivere, quella del camorrista. Nella sequenza dell’iniziazione, la macchina da presa scopre, uno dopo l’altro, i volti apparentemente indifferenti dei ragazzi che aspettano per entrare a far parte dei gruppi malavitosi. Ognuno di loro ha una prova da superare. Quella di Totò consiste nel farsi sparare al petto indossando un rudimentale giubbotto antiproiettile. Nel volto del ragazzino, come in quelli dei suoi compagni si legge l’orgoglio per essere stati accettati o la disillusione per essere stati rifiutati. Nel mondo descritto dal film, la dimensione dell’infanzia non esiste se non come illusione. Si è già destinati a far parte di un clan, e si desidera questo passaggio con tutte le proprie forze. L’immagine che esemplifica questo passaggio è forse l’immagine dei ragazzi che giocano in una piscina smontabile su una delle terrazze delle Vele di Scampìa: la scena, apparentemente quotidiana, vitale, solare, cambia radicalmente di segno non appena la macchina da presa allarga il campo e scopre il mondo che sta intorno a questa piscina, fatto di piccoli criminali, spacciatori, ladri e delinquenti che, di fatto, sono parte integrante dell’universo delle relazioni dei bambini di Scampìa. Ma l’universo giovanile nel film è rappresentato anche da Marco e Ciro, i due emuli di Pacino in Scarface. Essi rappresentano l’altra faccia del mondo giovanile della estrema periferia napoletana. Quella che vive il proprio sogno di appartenenza alla criminalità come realizzazione di un desiderio cinematografico, come imitazione di un modello che viene dal mito del cinema hollywoodiano, dalla figura del mafioso elaborata dall’immaginario della mecca del cinema. Marco e Ciro vivono la loro (breve) vita all’interno di questo sogno, condito anche dalla musica di sottofondo costituita dalla canzone neomelodica napoletana, cercando in ogni momento (giocando a ripetere le scene del film tra gli anfratti di un palazzo abbandonato o sparando con le armi verso il nulla), di annullare la loro realtà, di proiettarsi in un mondo che esiste soltanto nella loro immaginazione.

 

RIFERIMENTI AD ALTRE PELLICOLE E SPUNTI DIDATTICI

Il film si lega certamente a quella parte del cinema italiano più attenta alla rappresentazione della criminalità organizzata nella società contemporanea e alle trasformazioni sociali e simboliche delle mafie del sud. Da questo punto di vista si possono segnalare alcuni film ambientati in Campania come Certi bambini (Italia, 2004) di Antonio e Andrea Frazzi,Il verificatore (Italia, 1995) di Stefano Incerti, Pianese Nunzio, 14 anni a maggio (Italia, 1996) e Luna rossa (Italia, 2001) di Antonio Capuano, o il discusso Il camorrista (Italia, 1986) di Giuseppe Tornatore. Il percorso può inoltre ampliarsi tenendo conto anche di film incentrati sul rapporto tra territorio e criminalità (soprattutto minorile) ambientato in altre città del mondo come City of God (Cidade de Deus, Brasile, Francia, USA, 2001) di Fernando Mereilles, girato in un quartiere periferico di Rio de Janeiro, o Città nuda (Apo tin akri tis polis, Grecia 1996) di Costantine Giannaris, ambientato nella periferia di Atene.