Gli anni di corsa

14/05/2010 Tipo di risorsa Schede film Temi Adolescenza Sviluppo psicologico Titoli Rassegne filmografiche

di Michel Boutron

(Francia, 1988)

SINOSSI

Parigi, ai giorni nostri. Un uomo viene svegliato nel cuore della notte: il suo negozio è stato devastato dai vandali. Poche ore più tardi, un altro uomo ascolta la notizia alla radio: l’aggressione viene imputata ad un atto di antisemitismo. Giunto in ufficio, l’uomo ritrova un vecchio libro, un’edizione della Divina Commedia, con una dedica: il nome in calce è quello del proprietario del negozio assalito. 1947. A Parigi, nel métro, un ragazzino, Victor, è appena arrivato in città e si è perso; ad aiutarlo è Felix, anche lui quattordicenne. I due stringono rapidamente amicizia, nonostante le differenze sociali e caratteriali che li separano. Victor, infatti, è un ragazzino ebreo scampato alla deportazione (al contrario dei suo genitori); è cresciuto in campagna e adesso è tornato a Parigi, per cercare di ritrovare la sua vecchia casa e coloro che conosceva. Felix è invece il figlio di una ricca famiglia dell’alta borghesia francese, elegante e spigliato quanto Victor è sprovveduto e sperduto nella grande città. Quest’ultimo, trovata la sua abitazione occupata da una nuova famiglia, trova rifugio in un quartiere di banlieue, presso un robivecchi, Max, burbero ma dal cuore d’oro, anche lui di origine ebrea, che gli offre lavoro e un alloggio. Victor e Felix vanno al cinema e si scambiano libri, Dante e Dos Passos; finché un giorno rimangono coinvolti in un’operazione di mercato nero organizzata da Max, e Felix si ferisce a una gamba. È Victor a chiamare in soccorso lo zio di Felix, Jean; ma, pochi giorni dopo, quando Victor si reca nell’elegante dimora di Felix per chiedere notizie dell’amico, viene respinto bruscamente in quanto malvestito ed ebreo. Per la prima volta, Victor si rende conto delle discriminazioni sociali e delle differenze di classe; ma sarà proprio questo dolore, come gli conferma Max, a farlo diventare un uomo. Alla fine del film, una voce fuori campo ci informa che Felix, nonostante abbia riconosciuto nel proprietario del negozio devastato il suo antico amico, non ha avuto il coraggio di andarlo a trovare.

Introduzione al Film

Anni da mordere

Primo film del regista Pierre Boutron, Gli anni di corsa s’inserisce agevolmente nel filone dei film in costume ambientati nella Parigi dell’immediato dopoguerra. La costruzione del film è semplice: la storia di un’amicizia spezzata si lega al romanzo di formazione del giovane Victor sullo sfondo delle conseguenze del conflitto e della persecuzione nei confronti degli ebrei. E in effetti la ricostruzione d’ambiente è uno dei punti forti del film. Da un lato vediamo la Parigi della banlieue, dove vivono Max e Victor, fatta di piccoli caffè, botteghe e officine; dall’altro la città elegante dei bar e dei locali dove si mescolano francesi e americani e s’imbastiscono traffici più o meno leciti; poi la città dei cinema e delle librerie, dove si muovono Felix e Victor; infine, la periferia elegante delle dimore altoborghesi – è il caso dell’abitazione della famiglia di Felix. Ogni ambiente è ricostruito con grande accuratezza, se non con particolare originalità; i genitori di Felix sono raffigurati, seppur brevemente, secondo lo stereotipo dei personaggi ricchi e superficiali, non troppo attenti alle necessità del figlio; e macchiettistiche sono molte delle figure di contorno, come l’amico di Max che non fa altro che parlare dell’America masticando un pessimo inglese (niente a che vedere con la caratterizzazione arguta dell’Alberto Sordi di Un americano a Roma [Italia, 1954]). Se l’attenzione del regista si concentra sulla rappresentazione dei due personaggi principali, gli adolescenti Felix e Victor, è degna d’attenzione anche la figura dell’anziano Max, il brocanteur che accoglie Victor offrendogli un letto e un lavoro nel suo negozio. Interpretato dall’attore polacco Wojciech Pszoniak, il personaggio incarna per molti aspetti lo stereotipo dell’ebreo (non senza qualche banalità): chiacchierone, burbero, a volte iroso, pronto a risparmiare su tutto e a sfruttare affari onesti o loschi, ma in fondo saggio e dal cuore d’oro. Il rapporto tra l’uomo e il ragazzo è delineato con delicatezza, senza cadute retoriche: Max, che è solo perché ha perso tutti i parenti durante la guerra, si affeziona al ragazzino sprovveduto dai grandi occhi che un giorno suona alla sua porta e, nonostante le sfuriate quando questi fa qualche errore, nonostante l’irritazione per l’ingenuità a volte eccessiva che dimostra, è capace di stargli vicino e – soprattutto nel finale – di comprenderne il dolore. Ed è proprio Max a spiegare a Victor che sono questi anni, gli anni “sandwich” del titolo originale, a essere degni di essere vissuti: sono gli anni – e ce ne sono pochi nella vita di un uomo, spiega Max, solo cinque o sei – in cui bisogna mordere, mangiare tutto ciò che ci capita come si farebbe con un sandwich, anche a costo di soffrire; perché sono gli anni in cui si cresce e si diventa uomini.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Barriere insormontabili

La rappresentazione dei due giovani amici è l’elemento centrale del film. Tra i due, è Victor a occupare lo spazio maggiore e ad essere ritratto con più complessità; in effetti, la figura di Felix è meno approfondita e per molti aspetti solo di complemento rispetto all’amico. Sempre elegante e impeccabile, Felix è il tipico rampollo di una ricca famiglia altoborghese: legge romanzi americani alla moda, è perfettamente a suo agio per le strade della città nonostante i suoi quattordici anni, porta Victor al cinema a vedere film in lingua originale – quando l’amico non sa neanche che cosa siano i sottotitoli. Eppure, Felix è gentile e affettuoso, ed è pronto a offrire il suo aiuto all’amico fino a rimanere coinvolto nella vicenda del mercato nero che gli costerà l’infortunio. Fino a quel momento, quando cioè la famiglia di Felix impedirà il proseguimento dell’amicizia, nessuno dei due ragazzi sembra consapevole della differenza di classe che li separa. Se Felix nota l’abbigliamento povero dell’amico, non si vergogna di farsi vedere con lui; né Victor, dal canto suo, si sente intimidito dall’evidente disparità sociale. Anche l’appartenenza religiosa, per i due amici, è qualcosa di estraneo, di lontano dal loro mondo; nessuno dei due ha bene idea di che cosa significhi essere ebreo o cristiano, e di che cosa sia successo in guerra solo pochissimi anni prima. Soprattutto Victor è dipinto come un ragazzo enormemente ingenuo. Oltre a non vedere la distanza che lo separa dall’amico, non sembra rendersi conto neanche di cosa sia successo ai genitori e come il loro arresto abbia a che vedere con l’origine ebraica; allevato in campagna, per lui la guerra non è stata che un evento lontano senza connessioni dirette con la sua esistenza; non parla yiddish e non sa neanche chi sia il suo dio e in che cosa sia diverso da ciò in cui crede Felix. Sarà l’amicizia con Max a renderlo più consapevole del significato dell’appartenenza religiosa; ma soprattutto, a farlo maturare sarà il dolore provato quando si vedrà respinto dalla famiglia di Felix. Solo in quel momento Victor apre gli occhi: comprende le ragioni della scomparsa dei genitori – con l’aiuto di Max che aggiungerà la loro fotografia a quelle della sua famiglia, anch’essa destinata ai campi di concentramento; comprende che cosa ha significato, durante la guerra, essere ebreo; comprende che esistono distanze sociali che possono divenire barriere insormontabili; e, nonostante la sua incrollabile fiducia nell’amicizia, comprende che le ragioni del denaro e del potere, che nutrono la discriminazione, possono essere più forti. Diventa così un uomo, come gli assicura Max; e, anche se l’intolleranza non scompare – come dimostra l’attentato subito dal suo negozio molti anni dopo, mostrato nel prologo del film, certo saprà affrontarla con saggezza e determinazione.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Gli anni di corsa si presta bene a essere inserito in un ciclo di film che ricostruiscono l’atmosfera della Francia anni Quaranta, tra l’occupazione tedesca e la guerra, e che al contempo descrivono un romanzo di formazione per i loro giovani protagonisti. Si pensi ad esempio a Arrivederci ragazzi (Au revoir les enfants, Francia, 1987) di Louis Malle, storia di tre ragazzini ebrei ospitati clandestinamente, durante la guerra, in un convento cattolico; accanto a Monsieur Batignole (id., Francia, 2002), di Gerard Jugnot, storia di un uomo indifferente ed egoista che, nella Parigi del 1942, si riscatta portando in salvo tre ragazzini ebrei; e infine con Les Choristes – I ragazzi del coro (Les Choristes, Francia/Svizzera/Germania, 2004) di Christophe Barratier, storia della rieducazione attraverso la musica di un gruppo di bambini chiusi in un istituto di correzione. Un altro tema stimolante è quello dell’amicizia tra adolescenti cui si frappongono barriere sociali e politiche; si può pensare a un ciclo che accosti a Gli anni di corsa il film L’amico ritrovato (Reunion, Francia/Gran Bretagna/RFT, 1989) di Jerry Schatzberg, storia di un’amicizia tra due liceali durante la guerra, uno di origine americana, l’altro ebreo, e Concorrenza sleale (Italia/Francia, 2001), di Ettore Scola, che racconta il legame difficile e intenso tra un ragazzino ebreo e un italiano nella Roma fascista del 1938. Chiara Tognolotti  

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