Dodes'ka-Den

10/05/2010 Tipo di risorsa Schede film Temi Adolescenza Povertà Titoli Rassegne filmografiche

di Akira Kurosawa

(Giappone, 1970)

Sinossi

Otto storie s’intrecciano in una depressa bidonville di Tokyo. Il quindicenne Rokuchan, ritardato e innamorato da sempre dei tram, simula di guidarne uno correndo tutto il giorno e ripetendo costantemente «Dodès’ka-dèn», suono onomatopeico per il rumore del mezzo sulle rotaie. Due operai rientrano tutte le sere a casa ubriachi e si scambiano abitazione e mogli. L’impiegato Shima è pieno di tic, ha una moglie dal carattere molto forte e prepotente, ma l’uomo non esita a difenderla davanti a degli ospiti, elencando tutte le sue – a volte invisibili – virtù. L’artigiano Tamba affronta tutto nella vita con estrema pacatezza e invidiabile ironia, anche un ladro che penetra nella sua abitazione e che si sente raccomandare di passare dalla porta principale la volta in cui deciderà di rifargli visita. Un barbone vive con il figlio in una carcassa d’auto, sognando case lussuose sulla sommità della collina e non accorgendosi che il figlio sta morendo di indigestione per aver mangiato del pesce avariato ricevuto in elemosina. Katsuo è una quindicenne costretta dallo zio ubriacone a lavorare come una schiava fabbricando dei fiori finti. Lo zio, inoltre, si approfitta di lei, provocando la reazione violenta della ragazza nei confronti dell’unica persona che le mostri un po’ d’affetto, un fattorino preoccupato della sua sorte e delle angherie che patisce costantemente. Ad osservare e a commentare tutte le situazioni un gruppo di donne intente a lavare panni intorno ad una fontana della bidonville.

Introduzione al Fim

Un periodo difficile

Dodès’ka-dèn viene realizzato in un momento molto delicato della vita e della carriera di Akira Kurosawa. Il suo film del 1965 Akahige gli aveva alienato le simpatie dei produttori giapponesi, mentre alcuni progetti previsti in America erano naufragati per le differenti idee realizzative dei tycoons delle grandi case di produzione, Darryl Zanuck fra tutti. Tornato in Giappone, Kurosawa, per evitare di incorrere ancora nelle diatribe con i produttori, decide, insieme ai colleghi Ichikawa, Kobayashi e Kinoshita, di fondare una casa di produzione indipendente in cui poter affermare la propria idea di cinema senza ingerenze esterne. Dodès’ka-dèn è il primo progetto della neonata casa di produzione, ma il film, incentrato sulla dialettica del degrado urbano in contrapposizione al clamoroso sviluppo industriale del Giappone, si rivela una scommessa persa. Kurosawa sprofonda in una profonda depressione che culminerà addirittura in un tentativo di suicidio, eppure Dodès’ka-dèn è un lavoro apprezzabile per la capacità narrativa con cui si intrecciano le diverse storie, per l’uso sapiente del colore (è il primo film a colori di Kurosawa) che richiama la tradizione pittorica giapponese in alcune composizioni delle inquadrature, per la sensibilità con cui il regista sa dosare i toni, utilizzando e mettendo in scena la tragedia, l’ironia e l’illusione in un tessuto di grande impatto emotivo. Il risultato è, indipendentemente dal gradimento del pubblico, un’opera d’autore in cui la finezza di Kurosawa incontra un tema attuale – quello del degrado e della possibilità di fuga da un mondo che non offre vie di scampo – per coglierne spaccati di grande intensità e di apprezzabile cinema.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

La follia e l’illusione

Tra tutte le vicende raccontate da Kurosawa in Dodès’ka-dèn, tre di queste riguardano la minore età. Rokuchan è un quindicenne ritardato con una passione insopprimibile per i tram. La sua casa, infatti, è tappezzata di disegni dall’iconografia molto infantile che effigiano tram multicolori e dalle mille fogge. Rokuchan, quasi si trattasse di un rituale, si immerge in uno spazio di particolare squallore suburbano e visiona, controlla, aggiusta, rimette in sesto, prepara per la partenza e fa correre a pieni giri un tram immaginario tra i lazzi dei bambini che lo canzonano tirandogli sassi. Katsuo è coetanea di Rakuchan, ma, a differenza del ragazzo amante dei tram, non esce quasi mai all’aperto: è infatti costretta ad un regime di semischiavitù dallo zio e obbligata a lavorare in ogni ora del giorno per mettere insieme un numero cospicuo di fiori finti da vendere per mantenere il parente e il suo fastidioso vizio dell’alcool. Mentre lo zio dorme pesantemente per smaltire i fumi delle sue perenni sbronze, la ragazza rischia continuamente di addormentarsi per l’eccessiva stanchezza: ciononostante continua a creare fiori anche nel sonno, tanto che lo zio, al risveglio, non si accorgerà che si è addormentata. Ma lo zio-aguzzino pretende che la ragazza sostituisca la zia lontana da casa anche nei “doveri coniugali” e quindi la violenta su un simbolico tappeto di fiori di colore rosso acceso. La reazione è irrazionalmente violenta e colpisce un coetaneo fattorino che sin dall’inizio si preoccupava della sua sorte. Il barbone e suo figlio, invece, dimorano all’interno della scocca arrugginita di una vecchia auto abbandonata. Il padre sogna la progressiva costruzione di una lussuosa abitazione sul cocuzzolo di una collina, teorizzando sulla differenza culturale giapponese che raramente permette, rispetto alle altre popolazioni mondiali, un’edificazione posta così in alto. Il figlio, intanto, per sfamare entrambi e subendo ripetute umiliazioni per il suo aspetto trasandato, peregrina dalla cucina di un ristorante all’altro con la speranza di portare a casa un pasto che possa servire alla sopravvivenza. Il padre, perso nei suoi sogni di cui vede la materializzazione (immagina che la casa si costruisca man mano: prima il cancello, poi la recinzione, successivamente tutto il resto dell’abitazione che si estende su più piani abitabili), non si accorge che il figlio è rimasto avvelenato da un pesce avariato e che sta agonizzando (Kurosawa si impuntò decisamente per mantenere questa sequenza all’interno del film, mentre la produzione avrebbe voluto eliminarla perché ritenuta troppo demoralizzante per il pubblico). All’interno dello squallore proposto da Dodès’ka-dèn, l’infanzia è proposta come una sorta di vittima annunciata: in mezzo alle brutture della bidonville, alla mancanza assoluta di speranza in un futuro migliore, i minori reagiscono con i mezzi che hanno a disposizione. Rokuchan attraverso la follia e l’immaginazione, che gli permettono di vedere il suo sogno sotto forma di tram materializzarsi, generare perfino i rumori caratteristici e viaggiare in tutta la sua potenza in mezzo ai rifiuti, alle baracche, alle storie di piccole e grandi disperazioni esistenziali. Katsuo in virtù del silenzio, proposto in qualità di rifiuto assoluto della violenza psicologica e poi fisica che lo zio le impartisce. Il figlio del barbone con la ricerca attiva del mezzo di sostentamento contrapposto all’adagiarsi sognante del padre (ed infatti il figlio ascolta il padre quando questi pensa di vedere la casa materializzarsi sotto i suoi farneticanti occhi, ma non si gira a guardare, ben consapevole del carattere illusorio delle parole del padre). Il conflitto è tra realtà squallida ed illusione alienante: se la verità dei fatti è quella della bidonville, l’unica soluzione e il suo rifiuto totale, pur nella consapevolezza che tale realtà ad un certo punto deflagrerà in tutta la sua violenza ottenendo le sue vittime predestinate.

Riferimento ad altre pellicole e spunti didattici

Storie di ordinario squallore

In un approfondimento che si basi sulla triste realtà dei sobborghi urbani vittime del sottosviluppo, sulla dicotomia tra sviluppo della società e crisi dell’individuo, Dodès’ka-dèn può essere uno dei film, insieme a Brutti, sporchi e cattivi (Ettore Scola, 1976) e a City of God (Fernando Mereilles, 2002), rappresentativi di un discorso sulla realtà del degrado delle periferie in contesti differenti (borgate romane nel primo, favelas brasiliane nel secondo), uniti dalla depressione ambientale come specchio del malessere del soggetto. Potrebbe risultare interessante (pur facendo attenzione alla diversità dei generi nei quali tali film si inseriscono) notare nelle diverse pellicole il grado e il tipo diverso di deterioramento urbano e i tentativi (più o meno riusciti) fatti dagli abitanti per tentare di sovvertire l’ordine esistente delle cose. Giampiero Frasca  

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).