Deroga alle disposizioni sull'immigrazione e l'espulsione

24/03/2011 Tipo di risorsa Normativa e giurisprudenza Temi Immigrazione Titoli Commenti giuridici Attività Rassegna giuridica

Sentenze della Corte di Cassazione

Con le sentenze n. 21799 e n. 21803 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione dirimono un contrasto giurisprudenziale che era sorto in merito all’interpretazione dell'articolo 31 del decreto legislativo n. 286/1998 ("Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero").

Tale articolo, infatti - rubricato Disposizioni a favore di minori – prevede, al terzo comma, il c.d. “ricongiungimento in deroga", cioè la possibilità che il Tribunale dei minorenni autorizzi, “per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico” [...] del minore [...] l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato anche in deroga alle disposizioni che disciplinano la materia.” 

Finora la giurisprudenza aveva dato vita ad un’applicazione difforme di questa disposizione perché, nella maggior parte dei casi, aveva sostenuto che la disposizione in commento fosse applicabile solo dopo che fosse stata accertata l’esistenza di una situazione eccezionale di emergenza che ponga in grave pericolo lo sviluppo normale della personalità del minore. Mentre, in altre circostanze, aveva ritenuto che i presupposti per l’applicazione di questo articolo ricorressero anche nelle necessità, di ordine non eccezionale, che il minore non fosse lasciato solo nel processo di integrazione e nel percorso educativo, formativo e scolastico. In concreto, non era chiaro se i motivi che possono consentire al Tribunale dei minorenni di autorizzare il familiare del minore alla permanenza nel territorio dello Stato in deroga alle leggi che disciplinano la materia siano solo situazioni eccezionali e transitorie, connesse a generali esigenze del suo sviluppo fisico, o se possano comprendere anche il sicuro danno all’equilibrio psico-fisico del minore determinato dall’allontanamento o dalla mancanza di uno dei genitori.

Adesso la Corte di Cassazione, a sezioni unite, ha chiarito che un’interpretazione troppo restrittiva dell’art 31 del d.lgs. 286 del 1998 non è conforme ai principi del nostro ordinamento giuridico e all’art. 3 della Convenzione sui diritti dell’infanzia del 1989. Infatti, spiegano i giudici della Cassazione – posto che le situazioni non si prestano ad essere standardizzate ma richiedono comunque un'indagine caso per caso – i motivi richiesti per l’autorizzazione non possono ritenersi limitati a situazioni eccezionali e transitorie, ma devono essere riferiti alla conservazione del nucleo familiare e all’impedimento di "scissioni artificiali". Pertanto, la prevalenza dell’interesse del minore deve essere garantita anche rispetto all’interesse dello Stato al regolare flusso migratorio sul quale, d’altra parte, non possono ricadere gli errori commessi dallo Stato nella gestione degli immigrati irregolari.

Infine i giudici fanno presente anche che la Corte Costituzionale ha ricordato che l’applicazione dei diritti considerati “fondamentali della persona” deve essere generale e paritaria con specifico riguardo alla condizione degli stranieri e che il diritto all’unità familiare merita “una speciale protezione” quando riguarda il destino dei figli minori perché, oltre a ricevere una diretta tutela costituzionale, è affermato da una serie di disposizioni di trattati internazionali ratificati dall’Italia.

 
Tessa Onida

 

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