Convenzione di Varsavia

Legge di ratifica della Convenzione contro la tratta di esseri umani Con la legge n. 108/2010 l'Italia ratifica la Convenzione sottoscritta a Varsavia nel 2005 e, contestualmente, adegua il proprio ordinamento alle previsioni in essa contenute. La Convenzione si caratterizza per l’approccio ampio con cui si propone di fronteggiare la tratta degli esseri umani che, infatti, cerca di combattere in tutte le sue forme

: collegate o meno alla criminalità organizzata e limitate a livello nazionale o estese a quello internazionale. Difatti, il fenomeno della tratta degli esseri umani che alimenta in vari paesi un autentico mercato delle persone, è un fenomeno che muta velocemente al mutare delle legislazioni dei singoli Stati sia dal punto di vista dei luoghi dove viene consumato sia delle modalità con le quali si manifesta. Per questo, ai fini della repressione della tratta, è necessario uno studio continuo della sua evoluzione che permetta agli operatori di avere appropriati strumenti giuridici per combatterla che siano dotati di validità in tutti i contesti territoriali in cui il reato della tratta di esseri umani si sviluppa. A livello normativo questa Convenzione va ad affiancarsi a diversi documenti. Innanzitutto al Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazione unite contro la criminalità transnazionale organizzata per prevenire, reprimere e punire la tratta di esseri umani, in particolare di donne e minori, firmata a Palermo nel 2000; in quel testo il reato di traffico si caratterizza per tre elementi: riferiti alle azioni, lo sradicamento e trasferimento della persona, non necessariamente oltre il confine; i mezzi utilizzati, che possono essere violenza, minaccia o altre forme di coercizione, inganno, abuso di potere o abuso di una posizione di vulnerabilità; lo scopo dello sfruttamento, che deve includere come minimo la riduzione in schiavitù o in condizione analoga, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la servitù o l’espianto di organi. Altri documenti importanti sono la decisione quadro 2002/629/GAI del Consiglio, del 19 luglio 2002, sulla lotta alla tratta degli esseri umani e alcune norme che erano già presenti nel nostro ordinamento interno. Infatti, a partire dall’art. 3 della Costituzione, che afferma la pari dignità sociale e l’uguaglianza di tutti i cittadini, fino a disposizioni normative più specifiche come quelle contenute nella legge 228/2003 recante Misure contro la tratta di persone - che già aveva sostituito gli articoli 600, 601 e 602 del codice penale modernizzando il concetto di tratta di persone e la definizione di “riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù” e di “acquisto e alienazione di schiavi” - il nostro ordinamento giuridico conteneva senz’altro già disposizioni adeguate per combattere questo fenomeno. La legge 2 luglio 2010, n. 108, Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno, è pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2010, n. 163, serie generale ed è entrata in vigore il 30 luglio. 2010. Con questa legge si compie un ulteriore passo in avanti nella predisposizione degli strumenti giuridici per fronteggiare la lotta alla tratta degli esseri umani. Si introduce l’art. 602 ter, il quale prevede che nelle ipotesi di reato indicate agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale, normalmente sanzionate con la reclusione da otto a vent'anni, la pena venga aumentata da un terzo alla metà nei seguenti casi: se la persona offesa sia minore di diciotto anni; se i fatti siano diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi; se dal fatto derivi un grave pericolo per la vita o per l'integrità fisica o psichica della persona. Un’importante novità è anche quella introdotta dell'articolo 20, rubricato Reati relativi ai documenti di viaggio o d’identità, che introduce il reato di danneggiamento, soppressione, occultamento, detenzione illegale, falsificazione e procacciamento di documenti di identità e di viaggio, nonché la possibilità di non punire le vittime per il loro coinvolgimento in attività illegali se vi siano state costrette. La Convenzione, oltre al diritto all’indennizzo e al risarcimento legale stabilito per le vittime all’art. 15 che già era presente nel nostro ordinamento giuridico, prevede anche un periodo di recupero e riflessione di almeno trenta giorni a chi sia caduto nelle maglie della tratta al fine di consentirgli di sottrarsi all’influenza dei trafficanti e, infine, la possibilità di punire i clienti delle vittime della tratta (si pensi ai clienti delle prostitute vittime di questo abietto fenomeno) come soggetti che hanno tratto benefici dalla stessa. Tessa Onida  

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