Attacco alla maternità

Donne, aziende, istituzioni

A cura di Marina Piazza

Portogruaro, Nuovadimensione, 2009

Una recente ricerca di IRES Veneto riporta alla ribalta una figura istituzionale prevista dalla legge nazionale (legge 125/1991 e DLGS 196/2000), ma poco conosciuta nel mondo del lavoro: la consigliera di parità.

Nominata dal Ministero del lavoro a livello nazionale, regionale e provinciale, questa tutrice ha la funzione di controllare l’attuazione dei principi di uguaglianza, opportunità e non discriminazione nel mondo del lavoro, e ha facoltà di vigilare e intervenire in veste di pubblico ufficiale, in tutti i casi nei quali si riscontri la discriminazione di genere, nei luoghi di lavoro pubblici e privati.

L’indagine, promossa dalla Consigliera di parità di Venezia, approfondisce le storie di alcune donne madri e lavoratrici della provincia veneziana, i cui casi sono stati segnalati all’ufficio della Consigliera.

I risultati delle interviste sottoposte alle donne stesse e ad alcuni testimoni privilegiati, rimandano a uno scenario alquanto drammatico e inquietante, sul significato dell’essere madre oggi in Italia e sulle reali possibilità di coniugare questo status con la professione rivolta al mercato.

Le esperienze raccolte, a volte raccontate tra le lacrime, vanno dalle situazioni di discriminazione e mobbing più eclatanti (e terrificanti) – che hanno portato alcune delle coinvolte a seguire terapie psichiatriche – a situazioni meno orripilanti ma tuttavia attraversate da ostacoli e muri che in alcuni casi hanno spinto comunque le donne a lasciare il lavoro fuori casa.

Le ricercatrici si interrogano in particolare su questo ultimo dato, ovvero quel 30% circa delle intervistate che alla fine si è ritirato dal mercato per l’impossibilità di coniugare la presenza di un nuovo essere nella loro vita con i ritmi, le esigenze, le rigidità di un mondo economico improntato ancora oggi sul modello del lavoratore maschio, con o senza famiglia, ma flessibile e disponibile al 100% su tutti i fronti.

La tesi che si vuole dimostrare, con l’analisi in dettaglio delle vicissitudini vissute da queste 25 donne, è composta da più elementi.

Il primo è il dato relativo alla volontà, da parte di quasi tutte le persone interrogate, di coniugare (far conciliare) la vita familiare con quella lavorativa, il che significherebbe un cambiamento storico di grande portata, legato tra le altre cose, all’aumentata scolarità femminile degli ultimi 20 anni.

Emerge inoltre che l’incompatibilità dell’avere figli con il lavorare fuori casa è un binomio derivante non dalla inefficienza o minore competenza professionale che comporta la cura del bambino, né da un eventuale minore tempo disponibile, ma dall’ottusità di un’organizzazione aziendale che non riesce a rimodellarsi secondo le sfide del nuovo millennio.

Infine, viene messa in rilievo la grave inconcludenza di politiche e leggi che mirano a incentivare, stimolare, premiare, ma risultano evidentemente inefficaci in una società troppo radicata su modelli culturali sorpassati ma ancora resistenti, rispetto ai quali si profila la necessità di disposizioni normative coercitive.

Accanto a questo, i tristi racconti mettono in evidenza l’arretratezza culturale non solo dei datori di lavoro (privati e pubblici), ma anche di una buona fetta di figure preposte proprio alla tutela dei diritti sul lavoro.

Il grande tabù è dunque l’ingresso della maternità in luoghi, spazi, tempi, finora a essa preclusi.

Da parte degli individui, c’è la richiesta di far ridiventare “cosa pubblica” la vita familiare, mentre da parte degli enti impersonali (aziende, Stato, sindacati) c’ è la dichiarazione esplicita o nascosta, di mantenerla un affare privato, nonostante proclami ufficiali in senso contrario.

La situazione italiana si presenta particolarmente difficile e contraddittoria, poiché il diniego dei diritti della persona – primo quello di essere genitore, secondo tempi e modi soggettivi, che vanno tutelati – si accompagna alla grave crisi demografica ed economica tuttora in corso.

Questo libro è un’opportunità di denuncia che merita di essere ascoltata.

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Rassegna bibliografica: infanzia e adolescenza