Sentenza della Corte di Cassazione sull’obbligatorietà di audizione Le Sezioni unite della Corte di cassazione, con sentenza n. 22238 depositata il 21 ottobre 2009, asseriscono l’obbligatorietà dell’audizione dei figli minori nei procedimenti di modifica delle condizioni della separazione attinente l’affidamento e intervengono sulla materia dei conflitti di giurisdizione.
Il caso in questione è quello di una coppia sposata, lei finlandese e lui di Rieti, genitori di due figli che avevano sempre vissuto in Italia e che ogni anno erano partiti insieme ai genitori per la Finlandia, trascorrendo le vacanze nel paese di origine della madre. Con la separazione dei genitori, e iniziate le discussioni tra i genitori sull’affidamento e sul diritto di visita, la madre si era inizialmente rivolta al Tribunale di Rieti (ma questo aveva dichiarato la sua incompetenza a decidere) e infine si era trasferita all’estero con i bambini, contro la volontà del marito. La Corte d’appello di Roma aveva successivamente dichiarato la giurisdizione del giudice italiano per sottrazione e trattenimento illecito all’estero dei figli e contro questa decisione la madre aveva fatto ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando essenzialmente due motivi. Il primo concernente la giurisdizione che, secondo la madre, apparteneva ai giudici finlandesi. Il secondo, fondamentale per la delicatezza della materia, sull’ascolto dei figli da parte del giudice chiamato a decidere sull’affidamento. Infatti, secondo la donna, i bambini non avevano alcun rapporto con il padre (i figli avevano manifestato chiaramente di voler vivere con la madre e avevano sofferto di disturbi psichici alla ripresa dei rapporti con lui) e la Finlandia, pur non essendo mai stata il luogo di residenza abituale dei ragazzi di dieci e dodici anni era però sempre stata luogo di vacanza e non un paese sconosciuto. Viene stabilito che appartiene al giudice italiano la competenza a decidere su revisione e modifica dell’affidamento dei figli minori nei casi in cui la stabile residenza sia stata in Italia, nonostante il trasferimento all’estero dei minori nei mesi precedenti l’inizio del procedimento. La Suprema corte, inoltre, afferma che deve ritenersi obbligatoria l’audizione del minore da parte del giudice designato a decidere sull’affidamento del minore, se l’ascolto non arrechi danno al minore e non risulti in contrasto con i suoi interessi fondamentali; nel caso in cui il giudice ometta l’audizione del minore, ritenendo che quest’ultimo non abbia le sufficienti capacità di discernimento, dovrà spiegare in modo adeguato tale scelta. La Cassazione sostiene anche che non si può ignorare l’opinione del minorenne nel caso in cui si debba decidere a quale genitore dovrà essere affidato, in quanto il minore è parte sostanziale del procedimento e portatore di interessi contrapposti o diversi da quelli dei genitori. Si asserisce, quindi, che il mancato ascolto dei minori costituisce una violazione dei due principi cardine dell’ordinamento italiano, precisamente il principio del contradditorio e quello del giusto processo, in quanto emergono chiari gli interessi rilevanti dei minori che rendono necessario l’ascolto degli stessi. L’audizione del minore è prevista e riconosciuta dall’art. 12 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, fatta a New York nel 1989, nella quale è previsto che «Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale». La Suprema corte rileva ulteriormente nella motivazione che l’audizione del minore è divenuta obbligatoria con l’art. 6 della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del fanciullo del 1996, ratificata con la legge n. 77/2003, in quanto si dispone che «nei procedimenti che riguardano un minore, l’autorità giudiziaria, prima di giungere a qualunque decisione, deve: a) esaminare se dispone di informazioni sufficienti al fine di prendere una decisione nell’interesse superiore del minore e, se necessario, ottenere informazioni supplementari, in particolare da parte dei detentori delle responsabilità genitoriali; b) quando il diritto interno ritiene che il minore abbia una capacità di discernimento sufficiente: assicurarsi che il minore abbia ricevuto tutte le informazioni pertinenti; nei casi che lo richiedono, consultare il minore personalmente, se necessario in privato, direttamente o tramite altre persone od organi, con una forma adeguata alla sua maturità, a meno che ciò non sia manifestamente contrario agli interessi superiori del minore, permettere al minore di esprimere la propria opinione; c) tenere in debito conto l’opinione da lui espressa». Pertanto la Suprema corte deducendo la violazione dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del fanciullo del 1996, dell’art. 12 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo e dell’art. 155 sexies del codice civile (che dispone l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore ove capace di discernimento), ritiene necessaria l’audizione del minore nel procedimento di modifica delle condizioni di separazione concernente l’affidamento e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, affinché si pronunci previa convocazione dei minori per la loro audizione. Ilaria Miele
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Cassazione_sentenza_2009_n_22238.pdf | 74 KB |