Manifesto per una giustizia
minorile mite
Franco Occhiogrosso
Milano, F. Angeli, 2009
Il saggio riprende il dibattito in corso da anni nella magistratura minorile, sul riassetto istituzionale del tribunale per minorenni, tema centrale già del Congresso 2006 dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia, e sul quale l’autore del libro ha avuto modo di esprimersi in diverse occasioni.
La proposta avanzata è ora delineata in forma compiuta: principio cardine del nuovo “giudice della persona” che dovrebbe costituirsi, è quello della mitezza.
Di fronte alla delicatezza dell’ambito trattato – quello familiare e del bambino/adolescente – l’approccio deve andare in controtendenza rispetto alle prassi in vigore fino agli anni Ottanta, basate sull’invasività e su una semplicistica visione in bianco e nero della realtà.
Il concetto di mitezza trova il suo fondamento proprio nelle nuove forme di adozione e affidamento che anche in Italia si stanno, seppure con difficoltà, diffondendo. Tuttavia, le esigenze emergenti e la consapevolezza più o meno diffusa a livello di società, non hanno ancora trovato, secondo l’autore, un riscontro adeguato a livello legislativo, dove la norma tende invece a proporre ancora soluzioni rigide e chiuse.
Significativo in questo senso è stato il caso di una bambina di Torino che nel 1989 fu tolta alla famiglia con la quale aveva legami affettivi consolidati, per effetto dell’iter contrario alla legge con il quale i due coniugi l’avevano accolta tra loro, alimentando il mercato internazionale dei bambini.
La scelta dei giudici, a quel tempo, si era basata su una concezione dell’allontanamento del minore dalla famiglia, legata alla situazione illecita vista sempre e comunque come pregiudizievole per il bambino.
Da qui l’autore prende spunto per offrire un’analisi delle modalità di allontamento praticate a oggi, rispetto alle quali rileva l’esigenza di un maggiore monitoraggio istituzionale, rispetto sia ai dati quantitativi sia alle informazioni di tipo qualitativo.
Le trasformazioni culturali che hanno portato alla nascita del concetto di adozione mite si basano sulla constatazione di situazioni di fatto, non estemporanee ma con una tendenza al consolidamento nel tempo (per esempio gli affidamenti familiari che restano senza termine) e sulla presa di coscienza che le adozioni legittimanti, che troncano il rapporto con i genitori biologici, non sono sempre possibili.
Le sperimentazioni di nuove prassi giudiziarie, avviate a Bari nel 2003, hanno dimostrato come un quadro normativo rigido non sia utile per affrontare casi quali quelli del “semiabbandono permanente”.
Nuove e molte sono le necessità rilevabili nel contesto sociale contemporaneo, che richiedono la disponibilità di modelli “variegati”: i cambiamenti dei modelli familiari, la connessione a livello internazionale con forme giuridiche ancora non riconosciute nel nostro ordinamento (viene citata per esempio la kafala islamica). Una legalità basata su cornici ormai superate rischia di scontrarsi, come nel caso di Torino, con l’interesse del minore, che è quello che dovebbe guidare la scelta finale di un giudice.
Il panorama degli istituti di affidamento o adozione di un minore presso una famiglia terza, si ripropone perciò a livello di giustizia in generale. Chiudendo il testo con alcune considerazioni sul ruolo del giudice della persona e le caratteristiche di una giustizia rinnovata, l’autore suggerisce procedure che «instaurino un rapporto quanto più possibile aperto al dialogo tra tutti i soggetti coinvolti nel procedimento, per realizzare soluzioni consensuali in vista di decisioni condivise».
Se lo strumento per attuare questo processo è individuato nella mediazione, grande attenzione va posta nel mantenere il giusto equilibrio tra risoluzione del conflitto e conciliazione, due atteggiamenti che dovrebbero integrarsi armoniosamente tra loro, e soprattutto trovare spazio adeguato nell’iter di formazione della nuova figura di giudice.
Solo così saranno possibili l’ascolto, la partecipazione del minore e il realizzarsi di una relazione distesa tra tutte le parti in causa.