Si apre a Bologna l’ottava edizione di Human Rights Nights (dal 12 al 20 Aprile), il festival di cinema e arti dedicato ai diritti umani organizzato dal comune e dalla Cineteca di Bologna. Il tema di quest’anno, (Soprav)Vivere -Resistance, è un omaggio a tutti coloro che lottano per sopravvivere in situazioni di guerra, colonialismi, schiavitù, povertà, a tutte le difficoltà ed alienazioni della vita quotidiana nelle società contemporanee.
Attraverso i sei giorni di proiezioni il festival declina il termine resistenza nel suo senso più ampio, focalizzando l’attenzione sulla forza delle persone coinvolte, lungi dunque da atteggiamenti vittimistici ma, al contrario, presentando di volta in volta percorsi alternativi tanto alla rassegnazione e alla sconfitta quanto alla violenza e al sopruso. È naturale che le opere presentate riflettano, quindi, sempre di più i legami tra gruppi di persone che condividono le stesse difficoltà sociali e che, anche grazie alla solidarietà globale, riescono ad affrontare la loro resistenza quotidiana.
Un programma, quello dell’Human Rights Nights che alterna con abilità film di grande distribuzione, girati sull’onda dell’engagement delle major e dello starsystem hollywoodiano verso i diritti umani, come I cacciatori - The Hunting Party di Richard Shepard (che affronta il tema della ricerca di giustizia a seguito delle violazioni dei diritti umani in Bosnia) o Rendition di Gavin Hood, (sulla tortura e la detenzione illegale nelle carceri statunitensi fuori dal territorio americano), a film d’autore come Persepolis di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud, capace di parlare con grande ironia dello stato dei diritti civili in Iran negli ultimi trent’anni o Sotto le bombe di Philippe Aractingi già presentato alla 64 Mostra del cinema di Venezia, un film di denuncia sugli effetti dei bombardamenti israeliani in Libano dell’estate del 2006 e sull’effetto dei conflitti armati soprattutto sull’infanzia e sull’adolescenza.
La rassegna Human Rights Nights, comprendente sia lungometraggi a soggetto come quelli appena citati, sia, soprattutto, documentari e cortometraggi che di volta in volta mettono al centro dell’attenzione degli spettatori le vicende più diverse: la vita delle prostitute di Phnom Penh (Le papier ne peut pas envelopper la braise di Rithy Panh), la resistenza delle comunità Ogoni in Nigeria contro le multinazionali del petrolio (Delta Oil’s Dirty Business di Yorgos Avgeropulos), le difficoltà delle famiglie Rom residenti a Bologna (La colonna senza fine di Elisa Mereghetti), solo per fare alcuni esempi.
Grande attenzione, come sempre, l’Human Rights Nights festival la dedicata a coloro che dovrebbero vedere i propri diritti maggiormente garantiti ma che, troppo spesso, sono oggetto delle violazioni più inaccettabili. War Child di Karim Chrobog narra di Emmanuel Jal, un tempo bambino soldato coinvolto nella brutale guerra civile del Sudan, divenuto poi stella emergente dell’hip-hop internazionale, un artista capace di lanciare attraverso la sua musica messaggi di pace e di speranza. Ancora al tema dei bambini soldato è dedicato Ezra di Newton Aduaka, ispirato al conflitto in Sierra Leone e incentrato su un atroce attacco da parte di soldati ribelli di un villaggio che il film ricostruisce, alla maniera di un puzzle, attraverso le dichiarazioni di tre testimoni. Anche un grande autore africano come Abderrahmane Sissako dedica al rapporto tra bambini e guerra un mediometraggio dal titolo Le jeu nel quale viene messa in evidenza la capacità dei bambini di convivere e persino accettare il coinvolgimento in un perenne stato di conflitto, proprio come accade in tanti stati africani.
Ancora bambini, adolescenti, famiglie, al centro delle emergenze umanitarie legate alla diffusione di malattie, come testimoniano due film collettivi: Aids Jaago, composto di quattro parti (“Migration” è sul virus dell’AIDS e la sua diffusione nell’India rurale e in quella urbana, “Blood Brothers” racconta la storia di un giovane Siddhartha che risulta positivo al test dell’HIV, “Positive” segue le vite delle famiglie che devono convivere con il virus, “Prarambha” pedina il vagabondaggio di un ragazzo malato alla ricerca della madre) è stato girato da Vishal Bhardwaj, Farhan Akhtar e Mira Nair, l’autrice del celeberrimo Salaam Bobay; Invisibles è dedicato a coloro il cui contributo rende possibile a Medecins Sans Frontières di lavorare in aree di crisi e zone di guerra in tutto il mondo. È una raccolta di brevi documentari girati da cinque registi che hanno visitato i luoghi in cui lavora l’organizzazione: il brano firmato da Isabel Coixet da conto della vita di alcune delle vittime della malattia del sonno in America Latina; Fernando Leòn de Aranoa fa luce sulla strage di bambini in Uganda; Mariano Barroso descrive due diversi modi di utilizzare il principio attivo dell’eflornitina, in Africa e a Parigi. Javeri Corcuera esamina gli effetti a lungo termine del trauma post-guerra soprattutto sui bambini. Wim Wenders ha viaggiato in Congo, dove ha girato un film sullo stupro di massa perpetrato nel corso della guerra civile.
L’attenzione per l’africa da parte del festival Human Rights Nights continua con l’evento speciale della rassegna: Soweto Day, uno scambio nato tra Human Rights Nights e Soweto Arts Festival che presenterà, attraverso il filmdocumentario Soweto’s le produzioni indipendenti di giovani registi di Soweto (Musa Boto e Dimakatso Raphoto) e di Bologna (The Sonk Studios). Un film collettivo, la cui prima parte, girata dai giovani bolognesi tra gli spazi socio-urbani del Sudafrica, sarà presentata al Cinema Lumière. Tra le immagini del film anche alcuni cortometraggi girati nel Community Centre di Ipelegeng a Soweto, interpretati e creati da bambini e ragazzi di età compresa tra i 4 e i 16 anni. La seconda parte del documentario con le immagini girate a Bologna dai giovani sudafricani verrà presentata a Soweto il prossimo dicembre.
Ancora nell’ambito della partecipazione, il festival continua il progetto Youth & Human Rights, iniziato come momento di sperimentazione lo scorso anno con alcune scuole di Bologna, il carcere minorile della Dozza e, da quest’anno, esteso anche alla comunità pubblica dei minori. Gli studenti delle scuole e del carcere formano essi stessi una giuria internazionale che assegnerà il premio per il miglior cortometraggio del festival. Lo spirito del progetto Youth & Human Rights è quello del dialogo per accogliere le aspirazioni, i sogni, le preoccupazioni dei giovani. L’incontro con chi ha vissuto in prima persona situazioni di devianza o degrado può aiutare a capire le origini del disagio, e orientare lo sguardo verso alcuni aspetti della nostra società forse troppo spesso dimenticati. I ragazzi della comunità pubblica dei minori si raccontano attraverso un progetto video di auto-rappresentazione (La communautè), le cui immagini girate da loro stessi inquadrano la loro “nuova famiglia” e “casa” in attesa di crescere per poter riprendere la scuola e il lavoro.