Bambini nei conflitti armati

occhiali e martello adagiati sulle pagine di un codice aperto

Risoluzioni n. 1882 e n. 1888 del Consiglio di sicurezza dell’Onu  Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, con la risoluzione n. 1882 del 4 agosto 2009, riafferma le sue precedenti emanate dal 1999 al 2009 concernenti il problema della violazione dei diritti dei bambini durante i conflitti armati.

Tale violazione non solo si manifesta in tutte quelle situazioni in cui i bambini non sono opportunamente tutelati durante il corso delle guerre (uso indiscriminato di mine sepolte nel terreno), ma soprattutto in tutti quei casi in cui il bambino stesso è bersaglio di brutalità da parte delle forze armate avversarie come nei casi di reclutamento, uccisione, stupro e altre violenze sessuali, o singolarmente in prima persona o come collettività di bambini (deliberati attacchi a scuole o ospedali). In questo contesto si invitano gli Stati membri a formulare piani tempestivi per controllare la situazione già messa in luce da altri organismi internazionali come l’Unicef, richiamando la loro responsabilità nel perseguire penalmente i responsabili di tali crimini, nel prevenire crimini non ancora commessi – come il reclutamento dei bambini – e in ultimo anche formulando piani e strategie prioritarie per riparare alle violenze subite dai bambini e per ridare loro un sia pur parziale benessere.  Nei rapporti stessi sulla situazione specifica di un Paese la materia dei bambini in conflitti armati deve essere inclusa come parte specifica del rapporto. Nella risoluzione Onu n. 1888 del 30 settembre 2009 (più genericamente rivolta alla violenza su donne e bambini) si ribadiscono le raccomandazioni date nella precedente, precisando alcuni punti: la violenza sessuale usata come mezzo tattico può in modo significativo esacerbare situazioni di conflitto armato ostacolando il ristabilimento della pace, la loro prevenzione invece può servire al suo mantenimento; si invitano dunque tutte le parti a mettere in atto misure per tutelare la popolazione civile, in particolare i comandanti delle truppe devono categoricamente vietare ai loro soldati ogni forma di violenza sessuale nei confronti di civili, i capi delle comunità o capi religiosi devono svolgere un ruolo di reintegrazione sociale per le vittime ed esigere la punizione dei colpevoli combattendo la cultura dell’impunità per questi crimini. Si richiede inoltre che vi sia un organo rappresentativo di riferimento designato dal Segretario generale che vigili e coordini le varie parti soprattutto attraverso l’iniziativa United nations action against sexual violence in conflict.  

Tessa Onida  

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