Assolutamente famosi

di Dominique Deruddere

(Belgio/Olanda/Francia, 2000)

SINOSSI

La grigia vita di Jean, operaio in una fabbrica di bottiglie, è rischiarata da un unico sogno: permettere alla figlia diciassettenne Marva di diventare una cantante di successo proprio come Debbie, una giovanissima star della musica pop fiamminga: compone canzoni per lei, la iscrive a concorsi canori di provincia, la prepara a imitare Madonna e Vanessa Paradis ma senza risultati. Licenziato dal suo impiego, Jean si sente perso, quando, inaspettato, arriva un colpo di fortuna: rimasto in panne con la sua automobile l'uomo viene soccorso proprio dalla popstar Debbie, e decide di organizzare su due piedi un rapimento a scopo di estorsione. Aiutato dal suo giovane collega Willy, Jean nasconde Debbie in campagna e come riscatto chiede a Michael, manager della ragazza, di lanciare sua figlia Marva nel mondo della canzone. Michael ci sta (anche perché con il rapimento le vendite dei dischi di Debbie sono cresciute esponenzialmente) e Jean gli consegna un nastro con la melodia di "Lucky Manuelo", una canzone composta da lui che Marva dovrà cantare al suo debutto. Il manager organizza un lancio in grande stile: abilmente arrangiata la canzone diventa un successo, per Marva si spalanca un futuro da star. In cambio, però, Jean ha dovuto cedere alla richiesta del manager di far riprendere in diretta da una televisione la sua cattura e la liberazione di Debbie. Quest'ultima, tuttavia, innamoratasi di Willy, decide di non sporgere denuncia: rilasciato, Jean può riabbracciare finalmente sua figlia Marva.

PRESENTAZIONE CRITICA INTRODUZIONE AL FILM

Realtà, Reality e TV: luci della ribalta

Assolutamente famosi fa parte di quella folta schiera di film che, nell'ultimo decennio, hanno unito sotto uno stesso denominatore la trattazione di tematiche sociali particolarmente gravi ai moduli rappresentativi della commedia, venata, tuttavia, da un'ironia amara, che invita alla riflessione anche lo spettatore più distratto. "Con il lavoro ti tolgono tutto, la dignità e il sonno": è quanto afferma il protagonista subito dopo essere stato licenziato, come se fosse stato spogliato anche della propria identità, visto che il lavoro, anche quello alienante di una catena di montaggio, per lui come per tanti altri è un modo per riconoscersi, identificarsi in un ruolo sociale determinato. Il vuoto esistenziale creato da questa nuova condizione lo porta a compiere un gesto disperato alla ricerca della notorietà, del successo (per Marva, sua figlia, ma anche per se stesso, compositore dilettante) a tutti i costi, coerentemente con i modelli ammiccanti dallo schermo televisivo, lontani, tuttavia, anni luce dalla realtà. Ignaro delle regole che governano il mondo dei media, tuttavia, Jean si ritroverà protagonista involontario di una messa in scena televisiva all'interno della quale il talento canoro di sua figlia sarà soltanto uno dei tanti elementi messi in gioco per creare interesse nel pubblico. Il regista Dominique Deruddere sottolinea la distanza tra queste due dimensioni (quella reale e quella mediatica) attraverso una connotazione forte delle due realtà, quella quotidiana dell'esistenza piatta e desolata di Jean, divisa tra il lavoro in fabbrica e la famiglia, e quella della "grande occasione" offerta a Marva dal produttore, fatta di maschere, lustrini e riflettori puntati su una storia patetica con la quale condire abilmente il tutto. La prima parte del film assume, così, le caratteristiche di una situation comedy un po' sgangherata, con le litigate in famiglia, i problemi di peso della figlia, lo spettro della povertà in seguito al licenziamento, gli improbabili concorsi canori, popolati dai sosia delle star del pop, ai quali il padre continua a iscrivere Marva. La seconda parte del film propone, invece, un vero e proprio crescendo di situazioni paradossali che scandiscono l'ascesa al successo della ragazzina e sottolineano la sostanziale falsità del circo mediatico che le si muove intorno. A fare da contraltare alla storia di Jean e Marva c'è, poi, la vicenda di Debbie, giovane star della musica leggera che tenta di sottrarsi al successo che le è stato costruito attorno e che sogna di avere una vita normale. A scandire ancora meglio le tappe della resistibile ma inarrestabile ascesa di Marva agli onori delle cronache, gli adattamenti progressivi della canzone "Lucky Manuelo", vera e propria colonna sonora in progress di un film che, a dispetto delle atmosfere non proprio solari (siamo, infatti, nei Paesi Bassi) che lo connotano, è sorretto da una sceneggiatura incalzante e briosa cui fa onore una galleria di interpreti pressoché sconosciuti ma altrettanto brillanti.

RUOLO DEL MINORE E SUA RAPPRESENTAZIONE

La purezza dietro al disincanto

Assolutamente famosi non è certo il primo film a narrare la ricerca del successo da parte di un genitore attraverso il proprio figlio: spesso spacciata come preoccupazione per il futuro di quest'ultimo, la ricerca della fama è il più delle volte dettata dalla voglia di riscatto dell'adulto dai propri personali fallimenti. Anche nel film di Deruddere siamo di fronte ad una dinamica di questo tipo, segnata tuttavia da una serie di differenze sostanziali: il motivo reale che spinge Jean nel suo folle tentativo di portare al successo Marva emerge dalla breve sequenza che appare prima dei titoli di testa, nella quale vediamo l'uomo con in braccio la figlia ancora neonata, mentre canta per lei la canzone che, alla fine, la darà la notorietà. Al desiderio di un riscatto "per interposta persona", alla preoccupazione per il futuro della propria prole, si affianca il desiderio di dimostrare a se stesso e alla figlia quanto intenso e duraturo possa essere il legame d'amore che li unisce. Per tutto il corso del film assistiamo, infatti, al tentativo tanto disperato quanto commovente di Jean di recuperare l'affetto della figlia Marva, che per buona parte del racconto lo tratta con sufficienza e ostenta scetticismo verso i vari tentativi che il padre fa per lanciarla nel mondo della canzone. Questa presa di distanza dal mondo dei genitori, che è espressione diretta del desiderio di indipendenza di ogni adolescente, nel caso di Marva diventa ancora più odiosa di fronte agli sforzi che il padre compie per rendere reale il suo sogno, malgrado ciò sia, almeno in principio, fortemente inverosimile: obesa, svogliata, priva di vero talento, la ragazzina è quanto di più lontano possa immaginarsi dai requisiti minimi richiesti a chi voglia entrare nel mondo dello spettacolo. Ostentando cinismo e disincanto, Marva afferma, invece, la propria presunta maturità dicendosi disposta a concedersi sessualmente a chi fosse in grado di lanciarla come cantante: alla passione per la musica di suo padre, dunque, oppone l'attrazione per l'immagine più vuota ed esteriore del successo, fasulla tanto quanto lo sono i ridicoli travestimenti che la ragazza si ostina ad usare per le imitazioni di Madonna o di Vanessa Paradis. Un'immagine del successo stereotipata, fatta di luoghi comuni come quello che una donna per sfondare nel mondo dello spettacolo debba mostrarsi disponibile nei confronti di manager e produttori discografici, tra l'altro confutata da Debbie che, al contrario, dichiara a Jean di non essere mai scesa a simili compromessi. Un atteggiamento disincantato, quello di Marva, che viene smentito dalle immagini in cui vediamo la ragazzina cantare con trasporto una dolcissima canzone per dei bambini che assistono a uno spettacolo di marionette e dichiarare subito dopo a una compagna di scuola che il suo cinismo, la sua indifferenza verso le cose belle della vita (comprese le canzoni che il padre scrive per lei) è un mezzo per difendersi dagli altri, un modo come un altro per costruirsi una maschera di indifferenza e non mostrare il suo vero volto. Se tutti questi elementi potrebbero far pensare ad un film schierato decisamente contro lo strapotere dei mezzi di comunicazione di massa e della loro influenza negativa soprattutto sui più giovani, la conclusione appare decisamente conciliatoria con la realizzazione dei sogni dei protagonisti attraverso il successo ottenuto per mezzo dei media. Un finale ambiguo o, forse, coerente con la vena di ironia nera che attraversa la pellicola, ovvero molto più pessimista di quanto non appaia, con la televisione che consegna tutti i personaggi a quei proverbiali quindici minuti di notorietà acutamente profetizzati negli anni Sessanta da Andy Warhol.

RIFERIMENTI AD ALTRE PELLICOLE E SPUNTI DIDATTICI

Il tema dell'ossessione per il successo e della realizzazione indiretta dei sogni degli adulti attraverso il successo dei figli attraversa la storia del cinema con molti esempi, il più famoso e degno di nota dei quali è certamente Bellissima (1951) del grande regista italiano Luchino Visconti. Interessante proporre in ambito didattico i due film per evidenziarne le differenze, soprattutto dal punto di vista dei mutamenti intercorsi nel rapporto tra spettatori e media (il cinema nel film italiano, la televisione e il mondo della musica in quello belga).

Fabrizio Colamartino  

 
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