Anni '40

di John Boorman

(Gran Bretagna, 1987)

Sinossi

Inghilterra, 1939. La Gran Bretagna, dopo aver imposto un ultimatum alla Germania affinché ritiri le sue truppe dalla Polonia, dichiara guerra al Reich di Hitler. Bill Rowen è un bambino che vive con la sua famiglia composta dalla madre Grace, dal padre Clive – che decide di arruolarsi dopo aver servito la patria anche nel corso della Prima Guerra Mondiale – dalla tenera sorellina Sue e dall’altra sorella quindicenne Dawn, ribelle, insofferente e amante bizzosa del caporale Bruce Carrey. Bill vive la violenza quotidiana della guerra nella periferia in cui abita con un atteggiamento misto di paura e curiosità infantile: viene attratto dalle schegge delle bombe lanciate sulla città dai Tedeschi, ma contemporaneamente è testimone della distruzione che i bombardamenti operano nel tessuto urbano. Tra case sventrate, madri di coetanei uccise e corse tumultuose negli angusti rifugi, la vita di Bill procede in un semplice mutamento di contesto ambientale: teatro dei suoi giochi è diventato lo scenario devastato dai bombardamenti e non più il tranquillo sfondo suburbano nel quale era possibile apprendere i fondamenti del cricket. Al ritorno da una tranquilla gita fuori città, la famiglia di Bill si trova davanti alla sgradita sorpresa dell’incendio della propria abitazione, evento che costringe il piccolo e i suoi a trasferirsi nella tenuta di campagna dei nonni, da cui Bill deve raggiungere la scuola che frequenta. Ma in un tranquillo e soleggiato mattino, anche la scuola viene distrutta da una bomba Tedesca: tutti gli scolari festeggiano nel cortile e Bill, contento, viene riaccompagnato nella casa di campagna dal nonno.

Presentazione critica

John Boorman, inglese di nascita, quando è scoppiata la Seconda Guerra Mondiale aveva soltanto sei anni, per cui, in questo suo lavoro diretto, scritto e prodotto, e quindi controllato quasi completamente, la visione della guerra attraverso gli occhi ingenui e curiosi di un bambino inglese è semplicemente un riflesso dell’ottica attraverso la quale lo stesso Boorman aveva guardato al secondo conflitto bellico ben quarantotto anni prima. Ingenua visione individuale e cruenta tragedia collettiva si fondono in virtù del personaggio di Bill, intorno al quale ruotano tutte le altre figure di una famiglia un po’ troppo sui generis per poter essere considerata tipo: un padre che si arruola per potersi sentire ancora utile alla causa patriottica (salvo poi rimanere deluso perché risulta troppo avanti con l’età per poter diventare ufficiale); una madre completamente in balìa degli eventi, che si trova a dover ricoprire contemporaneamente il ruolo di entrambe le figure genitoriali; il nonno cinico e beffardo, forte della sua lunga esperienza nella vita; la sorella Dawn, il cui nome rimanda direttamente all’“alba” delle emozioni, allo spuntare improvviso delle pulsioni, insofferente nei confronti della guerra e degli impedimenti familiari, alla ricerca di un diversivo alla tragedia che incombe sull’intera Inghilterra, diversivo rappresentato dai rapporti sessuali con il caporale Carrey e poi dalla conseguente binomia ‘gravidanza e matrimonio riparatore’. Attraverso la visione di Bill (ma anche di Dawn, molto più esplicita a livello verbale, mentre Bill è piuttosto un testimone muto) gli elementi della tragedia collettiva diventano momenti di una sorta di sagra paesana nella quale il bombardamento a tappeto è assimilabile alla luminescenza dei fuochi d’artificio oppure in cui l’attesa vana che alla dichiarazione di guerra del primo ministro Joseph Chamberlain faccia seguito un’azione immediata viene sentita non come tensione di un disastro imminente, ma nella qualità di “guerra finta” (secondo le parole di Dawn), soltanto perché la reazione sta ritardando per esplodere in tutta la sua violenza devastatrice. Le schegge che i ragazzini tanto avidamente ricercano (e che Sue, la sorella minore di Bill, ingenuamente regala a Pauline per consolarla della morte della madre), i proiettili pericolosamente esplosi a scopo intimidatorio, lo sciacallaggio nelle case distrutte dai bombardamenti della Luftwaffe, la debordante ed incontrollabile felicità causata dalla chiusura della scuola, sono gli elementi che denotano una prospettiva differente, dal basso, di quello che a tutti gli effetti è un dramma collettivo. La guerra è così vissuta in un’ottica ‘a parte’, secondo un punto di vista che si potrebbe definire ‘regressivo’, vale a dire desunto secondo un artificio prospettico che dall’autore della pellicola arretra al livello della consapevolezza infantile, per un’immagine del mondo che non può risultare drammatica perché registrata con innocenza, né dolorosa perché condotta attraverso una quotidianità partecipe (si pensi all’atterraggio di fortuna del pilota tedesco, visto non come il nemico, ma come una specie di animale esotico da guardare con curiosità e diffidenza). Le vicende belliche di Anni ’40 sono solo lo scenario nel quale si compiono le differenti reazioni dei personaggi che lo popolano: la guerra esiste perché stimola azioni e reazioni, non perché pervade totalmente le esistenze come dramma inglobante e annichilente. Ed allora è possibile che l’attacco da parte dei Tedeschi diventi atmosfera contestuale all’esprimersi di una giovinezza: quello di Bill, quindi, si trasforma in un vero e proprio percorso di formazione con sullo sfondo la Storia dell’intera umanità. Il distacco dal padre, la paura, l’educazione repressiva (le bacchettate dategli dal preside), la religione, la scoperta del sesso (dapprima con Pauline, poi, in un paio di occasioni, come testimone delle imprese della sorella Dawn), la socialità nella banda di Roger, il dramma personale (l’incendio della propria casa e quindi degli oggetti più cari), l’allontanamento in un’atmosfera ovattata e campagnola, la sorpresa generata nel padre perché utilizza con maestria il colpo segreto del cricket che il genitore stesso gli aveva insegnato, sono le tappe di un percorso che non fa entrare Bill nell’età adulta, ma gli permette di aderire con la sua specifica personalità alla vicenda collettiva della Storia.

Giampiero Frasca

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