La voce del silenzio

di Michael Lessac

(USA 1993)

Sinossi

Sally Matthews, cinque anni, ha perso il padre, precipitato da un’impalcatura mentre con Ruth, sua moglie, eseguiva il restauro di un tempio maya in Messico. L’incidente, che in un primo momento appare privo di conseguenze psicologiche per la piccola, al ritorno negli Stati Uniti si rivela devastante: Sally non parla, si rifiuta di comunicare anche con la madre e il fratello, appare assorta in una specie di ipnosi e, in un’occasione, si ritrova a camminare in bilico sulla grondaia del tetto di casa, fortunatamente senza conseguenze. Ruth, tuttavia, sembra non voler riconoscere nello strano comportamento della figlia il sintomo di una grave malattia psichiatrica e si ostina, senza successo, a voler comunicare con lei attraverso i canali tradizionali.

Un giorno, però, Sally causa involontariamente il ferimento di un compagno di scuola: Ruth è costretta dalle autorità scolastiche ad affidare la piccola alle cure del dottor Beerlander, uno psichiatra infantile che, dopo un periodo di osservazione, emette una diagnosi di autismo e consiglia il ricovero della bimba in un istituto specializzato. Sia pur riluttante Ruth acconsente ma, quando dopo un lungo periodo di cura i risultati tanto attesi non si fanno vedere, decide di agire per conto proprio, prendendo spunto da un episodio inquietante: la bambina, infatti, ha costruito un’enorme torre di forma elicoidale con delle carte da gioco, alcune dei tarocchi e delle fotografie che la ritraggono insieme al padre.

Ruth, che è architetto e lavora con programmi per creare realtà virtuali, ricostruisce grazie al computer lo strano castello di carte, e penetra al suo interno per capire l’origine della malattia di sua figlia. Tuttavia, solo quando la donna farà ricostruire nei pressi della casa un modello a grandezza naturale della torre di carte il mistero verrà svelato: una notte la piccola Sally sale sulla torre, entra in comunicazione telepatica con la madre e con lei rivive il momento della scomparsa del padre, riuscendo a superare il trauma.

Introduzione al Film

Un film fragile quanto un castello di carte

Fin dall’incipit ambientato tra gli scenari esotici e misteriosi delle piramidi maya in Messico e nutrito dalle suggestioni leggendarie dei racconti popolari di quella regione, La voce del silenzio si presenta non come il classico film dai toni patetici sul rapporto tra bambini e malattia (come, ad esempio, il coevo L’olio di Lorenzo, film per altri versi interessante). Pur possedendo tutte le caratteristiche del dramma familiare e una serie di spunti di riflessione sociale non banali, ciò che colpisce maggiormente è la sua struttura da thriller psicoanalitico, il cui modello supremo resta Io ti salverò di Alfred Hitchcock, nel quale l’oggetto della ricerca è la causa scatenante di un disturbo mentale, il germe dal quale ha avuto origine la malattia di cui soffre il protagonista. Singolare, inoltre, che come simbolo della mente disturbata di Sally, il regista Michael Lessac, autore anche della sceneggiatura, abbia scelto la figura della spirale che, nell’immaginario cinematografico, ha rappresentato la complessità del pensiero umano da quando proprio Hitchcock la utilizzò in un altro suo film, Vertigo, per sottolineare lo smarrimento del protagonista di fronte alle assurde vicende nelle quali si trova coinvolto.

In base a tali elementi è probabilmente più semplice affermare che il regista sia più un abile saccheggiatore di topoi che un creatore di forme realmente nuove o di storie davvero originali, impressione confermata dall’abile pot-pourri di elementi eterogenei (realtà virtuale, telepatia, onirismo, parapsicologia, tarocchi, magia, fiabe, antropologia) messo in piedi per nutrire una vicenda altrimenti banale. D’altro canto è innegabile l’abilità con cui Lessac riesce a mantenere in piedi la struttura del film, fragile ma non priva di un fascino tutto particolare, alla stregua della costruzione di carte scelta come suo simbolo (e che, nella versione originale, dà anche il titolo alla pellicola, ovvero House of Cards). Anche grazie all’interpretazione di due attori apparentemente fuori parte come Tommy Lee Jones (celebre per i suoi ruoli di villain) e Kathleen Turner (affermatasi con l’interpretazione di alcune tra le più memorabili seduttrici cinematografiche degli anni Ottanta), in realtà capaci di interpretare con originalità i ruoli loro affidati (uno psichiatra pronto a mettere in discussione le proprie teorie, una madre volitiva e per niente rassegnata) il film riesce a non scadere nei toni banalizzanti e retorici del patetico, mantenendo viva l’attenzione dello spettatore fino al termine.

Peccato per l’epilogo, decisamente semplicistico (il legame telepatico che si instaura tra Ruth e la bambina risulta del tutto inverosimile), anche perché il procedimento per arrivare alla soluzione, all’epoca dell’uscita nelle sale (inizio degli anni Novanta) era decisamente interessante, dato che mostrava un uso davvero inedito della realtà virtuale e le possibilità da essa offerte nello studio di un caso clinico.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Il trauma infantile come stratificazione semantica

Tra realtà virtuale, telepatia, onirismo, parapsicologia, tarocchi, magia, fiabe, antropologia, sono sicuramente molti gli elementi simbolici presenti all’interno di La voce del silenzio, forse persino troppi e male utilizzati. Tuttavia, una loro attenta analisi può rivelare una coerenza interna alla vicenda narrata probabilmente assente nelle reali intenzioni dell’autore, e che tuttavia emerge a tratti rivelando una struttura logica, quasi prodotta inconsciamente (negata dalle apparenze eppure presente in profondità), alla stregua della causa scatenante l’autismo della piccola protagonista. La torre di carte costruita da Sally contiene, infatti, tre specie di componenti, ognuna delle quali corrisponde a un preciso tipo di stimolo ricevuto dalla bambina durante il suo viaggio e successivamente rielaborato in seguito al trauma della morte del padre e alle suggestioni ricevute attraverso i racconti di un archeologo messicano amico dei genitori sulle antiche leggende maya. In un’unica struttura abbiamo carte da gioco, carte dei tarocchi (una in particolare, la “Torre della distruzione”, che raffigura un uomo mentre precipita da un edificio in rovina) e fotografie della bambina e dei membri della sua famiglia.

Le carte da gioco costituiscono lo scheletro portante della costruzione a spirale che allude al desiderio di raggiungere il padre e, allo stesso tempo, compongono una sorta di barriera verso l’esterno (Sally, infatti, costruisce la torre dall’interno, dunque intorno a sé). Si tratta di una suggestione di tipo prettamente culturale e familiare: i genitori, infatti, sono due architetti, la bambina ha avuto modo di vederli operare sulle alte piramidi maya al cui restauro stavano provvedendo durante il loro soggiorno in Messico. I tarocchi, invece, hanno la funzione di sintetizzare in immagini dal forte impatto visivo l’evento traumatico che ha scatenato il disagio di Sally: è chiara l’allusione della “Torre della distruzione” e della raffigurazione in essa contenuta alla morte del padre. Si tratta di una suggestione essenzialmente iconografica, che grazie a un’unica immagine riesce a tradurre in simbolo qualcosa che non appartiene (non ancora per lo meno) alla sfera razionale. Le fotografie rappresentano invece il mondo affettivo della bambina: immagini del genitore scomparso, ma anche degli altri familiari, quasi un tentativo di coinvolgere anche la madre e il fratello nel dolore provato per la morte del padre, e, allo stesso tempo, di ribadire l’unione del nucleo familiare (le fotografie sono elementi portanti della casa-torre alla stregua di tutti gli altri) anche al di là della scomparsa di uno dei suoi membri.

Un insieme di elementi molto suggestivo che, tuttavia, non trova riscontro nel finale, precipitoso nella conclusione con la riconciliazione di tutti i personaggi e dei conflitti che ne avevano animato l’azione, sotto i buoni auspici di una guarigione che ha del miracoloso. Viene demandata interamente allo spettatore, dunque, la ricerca delle corrispondenze più interessanti tra i vari elementi mostrati, la ricostruzione di un complesso sistema di suggestioni simboliche che animano la psiche infantile di fronte alla perdita di una persona cara, il difficile percorso di elaborazione del lutto, la scoperta dei meccanismi di difesa che si attivano al cospetto di un dolore troppo grande da arginare entro i limiti esclusivi della razionalità.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Pur non potendo essere proposto in quanto supporto scientificamente valido per la discussione del tema dell’autismo (a differenza, ad esempio, del film L’olio di Lorenzodi George Miller, attendibile dal punto di vista scientifico in quanto documento sullo studio della distrofia), la proiezione del film può fornire un supporto all’interno di dibattiti sul tema dell’ospedalizzazione dei piccoli pazienti (perché privarli del contatto con genitori e fratelli quando è dimostrato che l’affetto della famiglia costituisce un supporto psicologico insostituibile alla guarigione?).

Fabrizio Colamartino

 

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