Il signore delle mosche

di Peter Brook

(Gran Bretagna, 1963)

Sinossi

1984. Una devastante guerra mondiale si appresta a scatenarsi sulla Terra. Un gruppo di ragazzi inglesi appartenenti alle classi alte, di età tra i sette e i quattordici anni, è trasferito a bordo di un aereo militare per raggiungere l’Australia, intesa come luogo sicuro, lontano dall’azione bellica. Nel corso del viaggio l’aereo incontra una violenta tempesta e precipita in una sperduta isola del Pacifico, completamente disabitata. I superstiti sono una ventina. Essi, ritrovatisi completamente privi di qualunque autorità da parte degli adulti, cercano di organizzarsi all’interno di un territorio abitato esclusivamente da maiali selvatici e circondato da feroci pescecani. I ragazzi hanno bisogno di una guida scelta tra gli allievi più grandi per potersi dotare di una sorta di autogoverno in grado di regolare le relazioni tra i vari personaggi e le azioni del gruppo nella speranzosa attesa che giungano i sospirati soccorsi. Ralph, razionale e sensibile, viene eletto capo del gruppo, ma ben presto emergono i contrasti con Jack, che intende fornire un’impronta maggiormente dinamica e volitiva al gruppo. Jack, appoggiato dalla maggioranza dei ragazzi - i quali assumono un atteggiamento sempre più ferino – prende il sopravvento su Ralph: nel tentativo di placare un immaginario mostro che suppongono furoreggi nell’isola, i seguaci di Jack cominciano ad adorare una testa di maiale selvatico innalzata su un palo. Il gruppo di Jack appare sempre meno razionale e sempre più schiavo di istinti primordiali e animaleschi: uno dopo l’altro tutti gli oppositori vengono eliminati. Anche Ralph è minacciato della vita: inseguito dal gruppo per essere giustiziato, è salvato soltanto dall’arrivo dei soccorritori, giunti per riportare i sopravvissuti nel mondo in guerra.

Introduzione al Film

L’idea per Il signore delle mosche, che lo scrittore inglese William Golding ha pubblicato nel 1954, pare sia scaturita da una serie di esperimenti che l’allora insegnante Golding aveva operato nelle sue classi di quarta elementare: dividendo gli allievi in due gruppi per discutere animatamente di un determinato argomento, l’autore era convinto che senza il controllo di un adulto i fanciulli, presto o tardi, avrebbero causato disordine nella loro discussione. Come per confermare questa tesi, un giorno, allontanatosi dall’aula, Golding dovette ritornarvi di corsa per sedare la rissa che la discussione animata, le diverse idee sull’argomento e l’assenza di un arbitro adulto e al di sopra delle parti, avevano in qualche modo generato. Pedagogo attento e vigile, Golding parte dalla base ideologica che vuole “l’uomo produrre il male come le api il miele”: l’uomo lasciato al suo libero arbitrio, senza una istanza di controllo che lo limiti, regredisce allo stato primitivo e si prefigge il Male liberamente, indirizzandosi verso ciò che è portato naturalmente a perseguire. Due gli adattamenti del romanzo di Golding per il grande schermo: oltre al film del regista teatrale Peter Brook in oggetto, la più recente e mediocre trasposizione di Harry Hook (1990), nella quale i ragazzi sono cadetti dell’accademia militare, tendenzialmente già predisposti alla corruzione dei costumi, visto che la vicenda non contempla una prima fase in cui i ragazzi si mostrino apertamente virtuosi ed innocenti, travisando, di fatto, il significato filosofico sotteso all’opera di Golding.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Brook, invece, rimane ancorato al messaggio dello scrittore della Cornovaglia e rappresenta la sua isola deserta del Pacifico (le riprese sono state in realtà effettuate a Porto Rico) come un teatro simbolico in cui può realizzarsi un’autentica favola allegorica sulla malvagità umana. Gli adulti sono impegnati a perseguire il Male nel mondo tentando di scatenare un nuova, terribile Guerra Mondiale che rischia di distruggere l’intero pianeta; i fanciulli, ritenuti la “parte sana”, devono essere naturalmente salvaguardati da questa situazione per mantenere integra tutta la loro presunta innocenza. Per questo sono inviati lontano da conflitto, in Australia, dove si suppone gli strali della guerra non possano giungere. I ragazzi, di un’età compresa tra i sette e i quattordici anni (mentre nel romanzo di Golding sono compresi tra i sei e i dodici), sono di ottime e altolocate famiglie inglesi: non conoscono quindi il significato del termine ‘bisogno’. Essi infatti non hanno necessità primarie da soddisfare, ma, a causa di un uragano che provoca l’incidente al velivolo militare sul quale si stanno trasferendo, pena la loro stessa sopravvivenza, sono costretti a rifugiarsi in un’isola completamente deserta, e, di conseguenza, senza nessuna comodità. In questo ambiente naturale devono agire in prima persona, mettere a nudo la loro essenza e le loro effettive personalità se vogliono nutrire qualche speranza di salvezza. La situazione estrema condiziona le scelte di ragazzi disabituati al sacrificio e alla mancanza di conforto ed obbliga al patto sociale per evitare la possibilità di soccombere. Ad una prima fase di lucida e prudente razionalità, incarnata simbolicamente dalla figura di Ralph, il quale pensa che il salvataggio da parte delle autorità britanniche sia soltanto una questione di tempo, segue, altrettanto metaforicamente, il progressivo imbarbarimento della ventina di sopravvissuti, sempre più preda di una logica irrazionale, ferina e paranoica, che trova il suo punto culminante nel colpo di mano con il quale il violento Jack s’impossessa del potere sostituendo Ralph. La Cultura viene subissata dalla Natura, eterna e inscindibile dicotomia che informa la logica stessa dell’esistenza dell’uomo: ma in questo caso la Natura dell’uomo significa sopraffazione, irrazionalità, abbrutimento, regressione progressiva verso uno stato primitivo e selvaggio che ribalta e sconfessa tutta l’evoluzione a cui l’uomo dovrebbe essere arrivato (senza dimenticare che l’isola in cui sono precipitati i ragazzi è semplicemente un luogo-altro rispetto all’orrore della guerra che si sta consumando nel resto del mondo). Si giunge così alla piena irrazionalità, al culto di una testa di maiale innalzata su un palo a scopo apotropaico, per allontanare quel mostro che tutti sono convinti infesti l’isola e che in realtà non fa altro che confermare l’illogicità cui si è sprofondati. Al culto irrazionale segue l’eccidio: gli oppositori vanno eliminati fisicamente, nel nome di un culto comune che si ciba di efferatezza. Anche la salvezza finale non è vera liberazione: i soccorsi giungono per salvare Ralph, ma di fatto arrivano soltanto per trasferire il ragazzo da un inferno all’altro (a quello della guerra), quasi a sottolineare l’impossibilità di riscatto per l’uomo.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Nel suo remake datato 1990, Harry Hook dimostra di non aver ben compreso il significato dell’opera di Golding alla base del film di Brook, e così un’opera sul libero arbitrio dell’uomo (a tutte le età) si trasforma in una lotta al massacro fine a se stessa, nella quale la barbarie dell’individuo è data dalla situazione di abbrutimento e non dalla propria disposizione antropologica. Nonostante questa caratteristica (anzi, proprio in funzione di questo elemento concettuale) il film di Hook è interessante nel suo confronto con quello di Brook per rendere quest’ultimo più chiaro relativamente alla tesi espressa da William Golding nel suo romanzo sulle inclinazioni dell’umanità che uno stato estremo rende soltanto palesi ed affioranti, ma già esistenti come il fuoco sotto la brace. Giampiero Frasca

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