Forme alternative di detenzione per le detenute con figli

piatto della bilancia e martello da giudice posato su un libro aperto

Legge nazionale

Il disegno di legge n. 25681* approvato in via definitiva dal Senato, le cui disposizioni troveranno applicazione solo a partire dal gennaio 2014, prevede l'innovazione di alcune norme del codice di procedura penale e dell'Ordinamento Penitenziario (legge 354/1975) che disciplinano la problematica delle madri detenute e, più in particolare, della salvaguardia del loro rapporto con i figli piccoli.

Infatti, se ogni sentenza di condanna ad una pena detentiva pronunciata a carico di un soggetto comporta sempre delle conseguenze anche sui suoi familiari, ciò è ancora più vero quando la condanna viene pronunciata a carico di una madre con dei figli piccoli. In proposito, è opportuno ricordare che il mantenimento delle relazioni familiari è indicato come risorsa nel percorso di reinserimento sociale per ogni detenuto dall'art. 15 dell'Ordinamento Penitenziario e che, più recentemente nel 2009, sono stati previsti percorsi facilitati per i bambini che devono incontrare il genitore detenuto con la circolare n. 16/2007 intitolata "Trattamento penitenziario e genitorialità".

Del resto il nostro ordinamento giuridico impegna il legislatore, sia per le previsioni contenute nella Carta fondamentale che per quelle previste in alcuni atti di diritto internazionale, a tener in grande considerazione la situazione delle madri detenute con bambini. Basta pensare all'art 31 della Costituzione che tutela la maternità e l'infanzia (e quindi, anche il diritto del minore a crescere non separato dalla madre e in un ambiente il più possibile favorevole al suo sviluppo), all'art 27 della stessa fonte del diritto che stabilisce il principio che la responsabilità penale è personale (per cui non è corretto far crescere un minore in un carcere per tutelare il suo diritto a vivere con la madre mettendolo, di fatto, nelle condizioni sic et simpliciter di un recluso) e tra le altre fonti internazionali, alla Raccomandazione 1469 del 2000 nella quale l'Assemblea parlamentare del Comitato per gli Affari Sociali, la Salute e la Famiglia, del Consiglio d'Europa, si occupa di "Madri e bambini in carcere".

 Per questi motivi con la legge in commento il legislatore si propone di conciliare due opposte esigenze: limitare la presenza nelle carceri di bambini figli di detenute, e allo stesso tempo, garantire la sicurezza dei cittadini rispetto alle madri con figli minori che abbiano commesso reati per i quali è prevista la pena della reclusione. In questo senso la prima novità che è stata introdotta con la legge in esame è stata la riduzione dei rigidi limiti applicativi previsti dalla vigente legge 40/2001 (che ha introdotto nell'ordinamento penitenziario nuovi tipi di misure alternative per donne madri, nonché modalità di assistenza all'esterno dei figli minori) che, di fatto, hanno finora impedito alla magistratura un'ampia applicazione della stessa unitamente (quando le misure alternative al carcere non possono lo stesso trovare applicazione) all'incentivazione al ricorso a strutture che limitino ai bambini la percezione di trovarsi in una condizione restrittiva per garantire loro una convivenza serena con la madre detenuta.

Più specificatamente le modifiche introdotte dalla nuova legge sul codice di procedura penale possono così essere sintetizzate: finora la detenzione cautelare in carcere era esclusa per le madri fino al compimento del terzo anno di età del figlio, adesso, con la modifica all'art. 275 c.p.p viene ampliato il limite di età stabilendo che la detenzione in carcere per le madri possa essere disposta solo dopo il compimento del sesto anno di vita del figlio. E, se per cause eccezionali si renderà comunque necessaria la detenzione, la stessa dovrà essere disposta - sia che si tratti di custodia cautelare che di espiazione di una pena detentiva stabilita con sentenza passata in giudicato - dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria presso un tipo di istituto a "custodia attenuata" per detenute madri. Si tratta dei c.d. I.C.A.M. cioè strutture realizzate al di fuori degli istituti penitenziari, dotate di sistemi di sicurezza non riconoscibili dai bambini e, pertanto, con caratteristiche di ambiente familiare che non ricordando il carcere riducono il rischio d'insorgenza di problemi legati allo sviluppo della sfera emotiva e relazionale dei bambini.

Inoltre, la legge in commento interviene sull'art. 47 quinquies dell'Ordinamento Penitenziario (introdotto dalla legge 40/2001) riguardante il regime della custodia delle madri con prole di età non superiore a dieci anni il quale prevede che se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, le detenute madri possono essere ammesse ad espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e all'assistenza dei figli, dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena, ovvero dopo l'espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all'ergastolo. Adesso la portata di questa previsone normativa viene allargata prevedendo per la madre la possibilità di espiare anche il terzo della pena o i primi quindici anni in un ICAM, nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza (precisando che ciò vale se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o concreto pericolo di fuga); presso le case famiglia protette, ove realizzate (individuate con decreto del Ministro della giustizia, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali). Tale disciplina, comunque, non è applicabile per espressa previsione del legislatore nel caso di condanna per i reati di grave allarme sociale previsti dall'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975.

Infine, con l'introduzione dell' articolo 21-ter della legge n. 354 del 1975 viene stabilito l'obbligo per il magistrato di sorveglianza o, in ipotesi di assoluta urgenza per il direttore dell'istituto, di concedere il permesso alla detenuta o all'imputata di visitare il minore malato in imminente pericolo di vita o in gravi condizioni di salute e di assisterlo durante le visite specialistiche con modalità che, nel caso di ricovero ospedaliero, devono tener conto della durata del ricovero e del decorso della patologia. In questo caso, come del resto per le altre disposizioni su ricordate, è prevista la possibilità che ne possa beneficiare il padre ma solo qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza ai figli.

 

 *Atto Senato n. 2568, Modifiche al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e altre disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori, approvato definitivamente il 30 marzo 2011. Questo disegno di legge è diventato legge 21 aprile 2011, n.62, pubblicata in GU 5 maggio 2011, n. 103.

 

Tessa Onida

  

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