Diario di una schiappa - Il film

regia di Thor Freudenthal

(Usa, 2010)

 

Sinossi 

Greg Heffley, undici anni, affronta i primi giorni di scuola media, un banco di prova importante per dimostrare a se stesso e agli altri di essere un “vincente”. Terrorizzato dal fratello maggiore Rodrick sull’implacabile sistema di selezione in vigore, comprende che i comportamenti legati all'infanzia non si confanno al nuovo ambiente. Da quel momento Greg diviene attentissimo all’abbigliamento, alle amicizie, alla scelta dei corsi sportivi “giusti”: sfortunatamente per lui, Rowley, il suo migliore amico, continua a comportarsi spontaneamente, continuando ad esporlo a una serie di brutte figure che gli fanno perdere posizioni nella graduatoria dei vincenti. Malgrado una serie di tentativi di acquisire popolarità tra i coetanei, tutti finiti in maniera ingloriosa (e annotati su un diario illustrato che fa da filo conduttore per la narrazione), alla fine dovrà ammettere che proprio grazie alla sua spontaneità Rowley è riuscito ad acquisire una notevole fama all’interno della scuola. Al termine dell’anno scolastico, dopo molte vicissitudini, tra le quali l’allontanamento da Rowley a causa dell’invidia che nutre nei suoi confronti, Greg vedrà riconosciute le proprie doti nell’annuario scolastico.

 

Presentazione critica - Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Diario di una schiappa è la dimostrazione di quanto sia difficile riproporre al cinema lo spirito di un fumetto, di una graphic novel, di un racconto per l’infanzia, se non a prezzo di clamorosi tradimenti o, per lo meno, di una traduzione dell’originale in altra cosa, magari di buona fattura ma irrimediabilmente estranea rispetto al testo di partenza. Il film di Thor Freudenthal parte infatti dall’omonima serie di best-seller per ragazzi di Jeff Kinney, scritta in forma di diario (illustrato da esilaranti vignette) dallo stesso protagonista Greg. Ma se il libro riusciva a conciliare la leggerezza dell’ironia con la concretezza dei problemi della preadolescenza (anche grazie a una messa in forma del materiale a cavallo tra riflessione scritta ed espressione per mezzo del disegno) dando vita a un amalgama di raro equilibrio, il film riesce solo in parte a restituire quell’universo sospeso della preadolescenza ben rappresentato dai caratteri in stampatello minuscolo e dall’essenzialità dei disegni del libro, tutto in un rigoroso bianco e nero. Piuttosto, Diario di una schiappa (il film) si accoda a un filone quanto mai abusato, quello del film di ambientazione scolastica tipico della produzione media statunitense, senza aggiungervi grandi novità ma segnando comunque un buon risultato quanto a freschezza delle situazioni, assenza di volgarità gratuite, divertimento garbato, tutte ottime qualità che ne fanno un prodotto adatto a una visione familiare.

Interessante risulta, invece, l’aver puntato sull’età anagrafica dei protagonisti: la preadolescenza e la scuola media sono stati ambiti di interesse spesso elusi dal cinema che solo in rare occasioni ha saputo valorizzare quell’età di mezzo che, invece, è la chiave di volta per comprendere lo sviluppo dell’adolescente che sarà. Stretto tra i terribili scherzi del fratello maggiore, l’invidia per il fratello minore ancora coccolato dai genitori e l’esigenza di costruirsi una “nuova” identità per riuscire ad emergere dalla massa delle matricole della scuola, Greg si trova a dover ridefinire i propri comportamenti e atteggiamenti pubblici. Il percorso – al di là dell’ironia dei toni e della comicità esplicita di certe situazioni – non è indolore, dato che il protagonista, nel tentativo di aderire a un’immagine pubblica di successo, agisce per buona parte della storia non già seguendo le proprie passioni, il proprio istinto o l’ispirazione del momento ma interpretando i consigli del fratello maggiore o affidandosi a un conformismo di facciata prendendo spunto dai comportamenti degli altri. Se la forma narrativa del diario è un ottima idea sotto il profilo della struttura del racconto, essa mette anche in evidenza la condizione di sostanziale solitudine patita da Greg, l’impossibilità di confidarsi e confrontarsi realmente con qualcuno sui propri problemi. Significativo, da questo punto di vista, appare l’allontanamento dall’ingenuo e goffo Rowley, il suo migliore amico che, del tutto involontariamente, lo caccia in situazioni imbarazzanti di fronte al resto della scolaresca. Quest’ultimo è l’opposto speculare di Greg, dato che si dimostra incurante verso le apparenze, è ancora animato dalla spontaneità e dell’entusiasmo tipici dell’infanzia e, proprio grazie a queste doti, riuscirà proprio lì dove l’amico continua a fallire, integrarsi nel gruppo dei pari e godere della simpatia di tutti.

A suo modo, dunque, Diario di una schiappa riesce a disegnare un personaggio preadolescente combattuto tra la costruzione di una personalità originale che possa sorprendere positivamente gli altri e la voglia di essere come gli altri o, per lo meno, come qualcun altro, cioè un se stesso diverso.

 

Riferimenti ad altre pellicole

Abbiamo già detto in apertura quanto sia difficile tradurre una graphic novel o un fumetto in un film (e, soprattutto, in un film con attori reali), se non a prezzo di clamorosi tradimenti, e come Diario di una schiappa risulti, alla fine, un dignitoso compromesso, sia pur al ribasso, tra i due linguaggi. È utile segnalare a tal proposito un esempio di “traduzione” pienamente riuscita, quella della graphic novel Ghost World del fumettista Daniel Cowles nel film omonimo per la regia di Terry Zwigoff. In questo caso sia i personaggi quanto le ambientazioni quanto, infine, le situazioni descritte riescono a non far rimpiangere l’originale cartaceo, restituendo fedelmente l’atmosfera di un racconto di formazione postmoderno e, soprattutto, lo spirito di un personaggio adolescente critico nei confronti della società e della famiglia, incapace di adattarsi allo spirito dei tempi, specie se, terminato il college, gli si aprono le porte (e gli inevitabili compromessi) dell’età adulta. Ancora nel solco delle traduzioni cinematografiche di fumetti e graphic novel è Persepolis della franco-iraniana Marjane Satrapi che, tuttavia, ha messo in pellicola il proprio lavoro di disegnatrice animando le strisce del libro con l’aiuto di Vincent Paronnaud. Anche in questo caso siamo di fronte a una storia di formazione che ha per protagonista una bambina iraniana che vede sconvolta la propria vita e quella della sua famiglia dalla rivoluzione khomeinista: il film segue le vicende dello sviluppo della piccola Marjane da bambina a adolescente a giovane donna nel suo andirivieni tra Europa e Iran nel tentativo di sfuggire alla dura repressione del regime integralista.

Inevitabile non citare, all’interno di una piccola rassegna di film su preadolescenti e scuola, Fuga dalla scuola media diretto da Todd Solondz che, tuttavia, si distanzia da Diario di una schiappa per il fatto di essere concepito come un prodotto per il mercato indipendente americano. Attraverso lo sguardo miope (in tutti i sensi) della giovane protagonista il film mette a nudo l’ipocrisia imperante nella provincia statunitense e la difficoltà per una preadolescente poco attraente di inserirsi in un universo scolastico spietato e descritto con singolare ferocia (ma anche meno stereotipato di quello del film in oggetto), frutto di una società fondamentalmente violenta e attenta solo alle apparenze. Nello stesso solco è Election di Alexander Payne (ma in questo caso siamo in un liceo): anche qui la scuola è un terreno di battaglia per l’affermazione sociale dei singoli studenti contro ogni spirito di solidarietà, al di là delle buone intenzioni degli insegnanti. Altrettanto imprescindibile, cambiando completamente epoca e luogo di produzione è il classico della nouvelle vague francese I quattrocento colpi diretto nel 1959 da François Truffaut, probabilmente il film che meglio descrive le sensazioni, le emozioni, le paure e i desideri che scattano durante la cosiddetta età di mezzo. Il giovane protagonista del film, Antoine Doinel, è diventato nel corso dei decenni forse il simbolo più vivido di quel misto di paura e desiderio nei confronti della crescita e della libertà che ne consegue, un sentimento contraddittorio che, come spesso accade, provoca a chi lo vive una sequenza interminabile di equivoci, disastri e punizioni da genitori e professori. Non meno interessante, anche se meno perspicuo nell’indagare tale stato, è, sempre dello stesso Truffaut, Gli anni in tasca che, ambientato in una cittadina di provincia, fa ricorso a un racconto corale e dunque molto più rapsodico per narrare attraverso i toni della commedia la vita di un gruppo di preadolescenti.

 

Spunti didattici

Il film può costituire lo spunto per una riflessione in classe sui concetti di gruppo, identità, integrazione ed emarginazione: i ragazzi possono riflettere sui meccanismi di inclusione ed esclusione dai gruppi di pari all’interno della classe e nell’istituto, oppure su un’idea di competizione che, pur se lontana dalla nostra cultura scolastica, è comunque presente in molti altri ambiti di attività come ad esempio lo sport.

Interessante può essere istituire un parallelo con il libro omonimo di Jeff Kinney e comprendere quali siano i meccanismi di coinvolgimento del lettore da parte dello scrittore e quali quelli del film. Procedendo in tal modo si può cercare di individuare quali parti del libro ritornino nel film e quali siano state create ex novo per la versione sullo schermo in modo da comprendere su quali meccanismi punti la narrazione cinematografica e quella letteraria.

Fabrizio Colamartino 

 

Link di approfondimento

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