Bellissima

30/03/2010 Tipo di risorsa Schede film Temi Infanzia Titoli Rassegne filmografiche

di Luchino Visconti

(Italia, 1951)

Sinossi

Il regista Blasetti cerca una bimba per un film. I provini si tengono a Cinecittà. Tra la folla di aspiranti attrici c'è anche la piccola Maria, accompagnata dalla madre Maddalena. Quest'ultima è disposta a tutto pur di veder vincere la figlia: paga un fotografo, una maestra di recitazione, una sarta, un parrucchiere in modo da rendere Maria una piccola attrice. Litiga anche con il marito, ma non è disposta a recedere dai suoi intenti. Consegna, infatti, il resto dei risparmi ad un giovane truffatore, Alberto Annovazzi, che le ha promesso di favorire Maria alla selezione. Durante il provino, mentre la mamma riesce a trovare un angolo dal quale sbirciare, la bimba scoppia in lacrime. La reazione in sala è sconcertante: la troupe ride a crepapelle di quel pianto. Mortificata e indignata per gli sfottò dei "cinematografari", Maddalena, allorquando Maria viene effettivamente prescelta per il film, si rifiuta di firmare il contratto preferendo ricongiungersi con il marito.

Presentazione critica

Fin dove si può spingere una madre per far sì che la figlia diventi un proprio strumento di ascesa sociale? Quanti compromessi con sé stessa, con gli altri e in particolare con la sua bambina può digerire per raggiungere il suo scopo? Quanto è giusto che i suoi desideri di realizzazione coincidano con quelli della massa? E soprattutto quanto il mondo dei media, in questo caso il cinema, può permettersi di sfruttare a proprio tornaconto personale questo desiderio? Nelle sinuosità contorte prodotte da queste domande si avventura il terzo lungometraggio di Luchino Visconti. Il regista entra al centro di una questione irrisolvibile: lo sfruttamento delle comprensibili aspirazioni di ciascuna persona da parte del cinema. La contraddizione nella quale si imbatte Maddalena Cecconi è generata da tensioni opposte, per certi versi laceranti se colpiscono persone, come i bambini, che non si possono difendere da simili meccanismi. Il cinema, ci avverte il regista, influisce e agisce su due livelli diversi del comportamento umano: da una parte dà vita a mondi paralleli, a veri e propri universi onirici nei quali le persone trovano sollievo, provano sentimenti puri, vivono momenti di vera e propria realizzazione del sé (si veda la scena del film ambientata nel cinema all’aperto, nella quale Maddalena, abbracciata a Spartaco, guardando Il fiume rosso di Hawks si commuove fino alle lacrime mentre il marito le dice “Ah Maddale’, so’ tutte favole”) dall’altra crea false attese e false illusioni, alimentate dal fenomeno del divismo, circa l’eccezionalità del successo e della vita nel mondo del cinema. Si creano, così, fascino e infondate ambizioni sulla possibilità di una repentina ascesa sociale (ben evidenziate dalle scene di massa dei provini, dove donne e bambine fanno a gara per dimostrarsi le migliori) le quali portano a fratture insanabili, disequilibri e incapacità di leggere il reale in chi, come Maddalena, si lascia completamente affascinare. Visconti, attraverso uno dei primi film che si distanzia in maniera significativa dalle regole del cinema neorealista, tratteggiando la vita dei quartieri popolari con nuova ironia e con un’ispirazione che volge l’occhio più verso la tradizione del melodramma che non verso quella del cinema-verità, non lesina una forte critica sociale al mondo dello spettacolo (a vederlo cinquant’anni dopo il discorso non può che attualizzarsi ai mezzi mediatici più diretti come la tv, ai reality-show), alle sue piccolezze, alle figure truffaldine che vi girano intorno, a chi sfrutta il potere mediatico per guadagno personale. Il pilastro centrale del film è, senz’altro, Anna Magnani, voluta fortemente da Visconti che ha ritagliato su di lei la figura popolana di Maddalena Cecconi, lasciandola libera di creare un personaggio materno pieno di amore tragico, di eccessi melodrammatici (il pianto della madre in parallelo a quello della bambina) di gesti teneri, piena di orgoglio e ambizione, un personaggio materno che avrà un seguito per certi versi simili nella Mamma Roma dell’omonimo film di Pasolini. Ma se il centro del racconto è Maddalena, il mezzo per rappresentare le lacerazioni generate dalle sue aspirazioni è all’opposto la piccola Maria: lei è l’elemento della discordanza, il punto di riferimento dello spettatore. Il regista cerca spesso nei suoi primi piani il commento alle azioni della madre, come nelle scene passate ad “abbellirsi” o nel suo dormire agitata. Il pianto desolante nel quale prorompe la bimba durante il provino, vero elemento risolutore del film, diventerà così non solo lo sfogo naturale di chi vive, senza averlo scelto, in panni non suoi, ma il simbolo della ribellione, l’arma della contestazione con la quale la bambina riesce a conquistare la troupe (la quale alla fine la sceglierà) e soprattutto a far ravvedere la madre da piani e progetti prevaricanti su di lei.

Marco Dalla Gassa

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