The Beliver

29/03/2010 Tipo di risorsa Schede film Temi Discriminazione razziale Titoli Rassegne filmografiche

Sinossi

Danny è un ragazzo ebreo di New York che ha disconosciuto la propria appartenenza alla religione giudaica ed è entrato in un gruppo neonazista. La sua intelligenza è finissima, la capacità dialettica impeccabile, tanto che due importanti intellettuali filonazisti, Lina Moebius e il suo compagno Curtis, lo invitano ad entrare nel loro movimento e a diventarne il portavoce. Danny preferisce l’azione violenta (pestaggi, coltellate, attentati dinamitardi) ai discorsi, ma accetta di seguire la loro causa anche perché inizia ad intessere una relazione con Carla, figlia di Lina. Naturalmente in Danny convivono, in una contraddizione che lo dilania lentamente, le idee estremiste e la rigida e osservante formazione religiosa. Seppur rinnegate, le giornate passate a discutere con il proprio insegnante sulla Torah e sulla crudeltà di Dio (colpevole di aver chiesto ad Abramo di uccidere suo figlio in suo nome) sono ricordi incancellabili che ricompaiono senza sosta nella sua mente. Così, quando durante un attentato ad una sinagoga gli amici di Danny sfregiano il testo sacro, il ragazzo fa di tutto per proteggerlo e per ripararlo. Intanto i suoi discorsi pubblici si fanno sempre più infuocati e provocatori: durante uno di essi arriva a sostenere che per eliminare gli ebrei bisogna amarli in maniera assoluta e disinteressata, perché essi sopravvivono solo se vengono perseguitati e discriminati. Dopo qualche giorno è pronto per un nuovo attentato dinamitardo in una sinagoga, durante una preghiera collettiva. Danny fa in modo di presenziare al rito, ma la presenza di vecchi amici e della stessa fidanzata Carla induce il protagonista ad annunciare agli astanti la presenza di una bomba. Tutti scappano, tranne lui.

Introduzine al Film

Ebreo e nazista

Il gioco aberrante che Harry Bean intavola con lo spettatore consiste nel cercare di convincerlo che le tesi antisemite dei gruppi neonazisti hanno un fondamento razionale e non solo razzista, a maggior ragione se sostenute da un ebreo colto, fine conoscitore delle scritture, consapevole studioso della storia del suo popolo. Un gioco della fascinazione per il male che diviene subdolo: se all’inizio del film il giovane Danny merita il disprezzo che ogni società rivolge a chi devia dalle sue regole (il ragazzo insegue per le strade di New York e pesta a sangue uno studente ebraico), sequenza dopo sequenza, col palesarsi delle sue contraddizioni e dei suoi sentimenti, lo spettatore inizia a provare comprensione, accettazione, in alcuni casi identificazione con il protagonista. Egli, infatti, è carnefice e vittima al tempo stesso. Giunti alla fine del film, il regista è riuscito a trasmettere al pubblico - non solo in maniera razionale, ma anche pulsionale - l’attualità della propaganda nazista (la storia di Danny è realmente accaduta nella Grande mela negli anni Settanta) ed il viscerale antisemitismo che può albergare in ognuno di noi. Danny è un ebreo nazista credibile, perché il suo essere nazista è il risultato di un percorso intellettuale che porta alle estreme conseguenze (distorcendole) alcune teorie e prassi della sua cultura. La prima convinzione è che il popolo giudaico abbia bisogno di essere perseguitato per affermare la propria identità. Alcune tesi di Danny (“se Hitler non ci fosse stato, gli ebrei lo avrebbero creato”; “lo stato di Israele è nato ad Aushwitz”; “per annientare gli ebrei bisogna amarli”) partono dalla certezza che quello ebraico è effettivamente il popolo eletto, e perciò diverso, oggetto inevitabile della prevaricazione altrui. La seconda convinzione è che la fortuna economica degli ebrei nasca da una religione che rinuncia alla rappresentazione di Dio. Yahweh non ha diritto all’immagine, è irrappresentabile, perciò è possibile sostenere che Dio è il “Nulla senza fine”. Si tratta di una vera e propria astrazione, metodo sul quale si fonda l’economia capitalistica globalizzata (azioni, transizioni, speculazioni eccetera). Per una religione che privilegia le consuetudini pratiche al concetto di fede è quasi inevitabile - secondo Danny - applicare le stesse metodologie anche a campi del sapere più profani, come appunto la finanza. La terza critica avanzata dal ragazzo riguarda un momento decisivo per la religione giudaica, ovvero la richiesta di Dio ad Abramo di uccidere il figlio Isacco: come può una confessione celebrare come costitutiva la crudele richiesta divina di ammazzare il proprio figlio?

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Il sacrificio

Il suicidio di Danny - che molti commentatori hanno letto come inevitabile (e quindi prevedibile e poco interessante) risultato di una lacerazione interna - appare, in realtà, un gesto coerentemente provocatorio e volutamente contraddittorio. Egli intanto inscena una fine di ispirazione cristiana, quella di Gesù, la cui identità di Messia è sempre stata respinta dagli ebrei: egli immola sé stesso e contemporaneamente salva gli astanti, coloro che credono in lui (si ricordi che muore officiando la preghiera). Il suicidio non è l’ammissione dell’impossibilità di vivere come ebreo e come nazista, ma è l’esatta sua attestazione: da una parte rimane un atto profondamente antisemita - perché opposto al gesto di Abramo e Isacco (che sta per uccidere suo figlio, ma poi lo risparmia per volere di Dio) e avverso alla teoria di Danny secondo cui l’identità ebraica si rafforza nella persecuzione altrui - dall’altra mostra la sensibilità che il ragazzo prova verso il suo popolo, giacché sancisce la dolorosa consapevolezza di non poter più essere accolto all’interno della sua comunità. Ciò che appare maggiormente interessante nel film - indipendentemente da alcune soluzioni narrative poco innovative e un po’ troppo retoriche, come i flash back o le visioni di Danny - è il consolidamento, in Danny, di una visione tanto contraddittoria dell’esistente. Come confermano i numerosissimi ricordi che affiorano nella sua mente, tutto nasce nel corso della sua adolescenza: durante le discussioni in classe con il suo insegnante di religione, Danny si accorge di saper interpretare i testi sacri, di saper creare - solo con la forza delle sue supposizioni sillogistiche - nuovi rapporti tra le cose e con le persone. Anni dopo, nel pieno delle sue allucinanti esperienze naziste, non può sorprendere l’attaccamento quasi maniacale che dimostra verso le sacre scritture (quando ripara la Torah): il valore dell’oggetto (il suo odore, il contatto con la carta), è capace di riportare il ragazzo all’infanzia perduta. Identificandosi in Isacco, che si sente tradito dal padre Abramo (rappresentato simbolicamente dal vecchio docente con cui Danny discute all’entrata della sinagoga), anche il protagonista sente di essere stato metaforicamente ucciso dal suo popolo, di non avere un’identità (o riconoscibilità) indipendente dalla religione. Quando si rende conto di non poter ottenere quello che vuole, la vendetta (come ci si fa a vendicare di un padre che non ti ha ucciso e di un Dio che ti ha risparmiato?), non gli resta che il suicidio. Vivo, ma senza padre e senza Dio, Danny è in un limbo rappresentato da una scala infinita che percorre in salita senza vederne mai la fine. Per questo è meglio farla finita, terminando coerentemente il gesto di fideistico omicidio iniziato da Abramo.

Riferimento ad altre pellicole e spunti didattici

Film per sua natura non paragonabile ad altri (L’allievo di Brian Singer è la pellicola che più si avvicina, da un punto di vista tematico, a quella di Bean), The Believer appare un testo complesso da proporre nelle classi. Spesso proiettato durante il “Giorno della memoria”, ha la forza di attualizzare la portata della filosofia nazista e di descriverne gli elementi di fascino (lugubre). Utile, se accompagnato da un lavoro di esegesi e di introduzione storica, per riflettere sull’ebraismo e sui pregiudizi antisemiti ancora presenti nelle nostre società.

Marco Dalla Gassa