Bugiardo bugiardo

17/07/2009 Tipo di risorsa Schede film Temi Famiglie e relazioni familiari Titoli Rassegne filmografiche

di Tom Shadyac

(USA, 1997)

Sinossi

Fletcher Reede è un principe del foro, giovane, rampante, in piena ascesa, grazie soprattutto alla sua incredibile abilità nel mentire. C’è chi la chiama capacità affabulatoria, chi dote oratoria, in realtà è pura e semplice menzogna, raggiro, inganno. Lusinga i colleghi, inventa frottole incredibili per non ricevere clienti o per non parlare con la madre, accetta la corte della sua dirigente, è disposto a difendere un’adultera intenzionata a spillare soldi al marito milionario. In famiglia non ha la stessa fortuna: divorziato dalla moglie Audrey – che nel frattempo ha iniziato a frequentare un altro uomo – rischia di compromettere, con le sue bugie e i suoi ritardi, il bel rapporto con il figlio Max. Il giorno del suo quinto compleanno Fletcher non si presenta alla sua festa, nonostante abbia promesso il contrario, e il bambino, deluso per l’ennesima bugia del padre, spegnendo le candeline esprime il suo desiderio: che il genitore per un giorno dica sempre la verità. La richiesta si avvera, e all'improvviso Fletcher si ritrova, suo malgrado, ad esprimere sempre e solo ciò che pensa. L’incantesimo mette così in seria difficoltà l’abile avvocato, che non può più difendere l’adultera nella causa del divorzio, non può più mascherare l’odio per i suoi capi o le bugie spiattellate in passato. Questa cura forzosa, tuttavia, gli permette di aprire gli occhi sul mondo: non solo capisce che la verità può anche pagare, ma comprende quali sono le sue priorità, prima tra tutte quella di non deludere un figlio che lo vede come un eroe.  

Analisi

Commedia sentimentale dallo sviluppo prevedibile e dall’esito scontato, moralizzatrice e “dalla parte” dei buoni sentimenti, abile a mescolare gag (tante) e commozione (poca), Bugiardo bugiardo raccoglie insieme tutta una serie di aspetti negativi dell’american way of life e li affida, perché gli dia corpo e faccia, al gigionesco Jim Carrey, qui per la prima volta personaggio allineato e integrato nel contesto sociale (si veda la differenza che c’è tra l’avvocato Fletcher Reede e i precedenti personaggi carreyani, come l’acchiappanimali Ace Ventura, il protagonista fannullone di Scemo e più scemo o quello destabilizzante di The mask). I nodi problematici messi sul tavolo dalla società capitalista in fondo sono sempre gli stessi: la crisi del nucleo famigliare classico, composto da madre, padre e figlio; il rampantismo, il miraggio del successo che ti fa perdere d’occhio le vere cose importanti della vita; la falsità che alberga nelle persone, disposte ad essere ipocrite con gli altri e con sé stesse pur di evitare conflitti o anche solo per semplice piaggeria; un sistema di relazioni sociali fondate sulla menzogna e la doppiezza; l’assenza di modelli sani di crescita per i bambini. Spesso e volentieri il cinema a stelle e strisce ha reagito a tali e tanti problemi affidando a bambini o a piccoli eroi il “contraddittorio” moralizzatore: infanti che, lasciati soli dalle famiglie, difendono dai ladri le loro case, simbolo dell’unità del nucleo famigliare (Mamma ho perso l’aereo); bambini che mettono “davanti allo specchio” gli adulti facendo vedere loro quanto sono mutate (in peggio) le loro aspirazioni (Faccia a faccia); giovani geni in erba che si disfano dei genitori (incapaci, inetti e ipocriti) pur di continuare a crescere e progredire (Matilda 6 mitica). Anche in questo film, in effetti, il piccolo Max, nonostante abbia solo cinque anni, dimostra di comprendere bene la differenza tra bene e male, tra verità e menzogna, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ma a differenza di altre pellicole, qui egli non è il protagonista di una ventata di etica civile, bensì è la causa scatenante, la molla che fa scattare il meccanismo. La lotta tra bene e male, tra società degenerata e forze purificatrici, avviene nel corpo, nella faccia e nella mente dell’avvocato Fletcher Reede. Egli è persona capace di gestire e costruire le proprie emozioni, non sa solo mentire, ma è anche credibile quando lo fa, dimostrando attraverso la postura, la dialettica e l’espressione facciale di credere a quello che dice. Poi, tutto ad un tratto – per colpa del desiderio espresso da Max – si scopre impossibilitato a controllare e/o a mascherare i propri pensieri. Su questo conflitto si basa il racconto. Quella di Fletcher è in definitiva una regressione allo stato puerile: proprio come un bambino di pochissimi anni, egli parla senza pensare e senza considerare (o poter evitare) le possibili conseguenze delle sue parole. Tuttavia la società capitalista, e soprattutto la professione d’avvocato, richiedono obbligatoriamente (è una questione di sopravvivenza) il camuffamento della realtà, il mascheramento delle proprie emozioni e pensieri. Le stesse smorfie facciali che servivano in un primo momento solo per far divertire Max (si veda la prima sequenza), ora sono il sintomo di una battaglia interna al personaggio, che tuttavia non modifica poi molto il tessuto sociale di riferimento. Pur ponendo l’accento su tale paradosso, la pellicola di Tom Shadyac non critica l’obbligo alla “deontologia non professionale” dell’avvocatura. Anzi ne sostiene in buona fine l’inevitabilità: il processo all’adultera viene vinto grazie ad un cavillo legale; Fletcher diventa simpatico al proprio capo insultandolo e dicendogli finalmente tutto il male che pensa di lui. In una società basata quindi sulla falsità, il desiderio di Max avvicina, è vero, il padre alla famiglia, ma poi non cambia le carte in tavola. Suggerisce solo di tenere lontano il lavoro dalla vita privata e asserisce in buona fine la doppiezza del comportamento umano. Se si è uno squalo a livello professionale, si deve diventare un agnellino quando si è tra i propri cari. Questo è il segreto. (MDG)      

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