di Daniele Luchetti
(Italia, 1995)
Sinossi
È l’ultimo giorno di scuola in un istituto superiore alla periferia di Roma. Tra interrogazioni dell’ultimo secondo, voglia di vacanze, scrutini interminabili e storie d’amore che finiscono o che stanno per cominciare, viene ripercorso l’anno scolastico. Ogni insegnante ha il suo modo di rapportarsi con gli studenti e di valutarli: il prof. Vivaldi e la prof.ssa Majello tendono a vedere le potenzialità e le positività in ognuno e ad imputare gli insuccessi non tanto agli studenti quanto al sistema scolastico; il prof. Sperone, invece, gioca tutto il suo sistema sul terrore e sulla ritorsione ma in realtà è frustrato dal suo doppio mestiere di insegnante e vice-preside e sogna un posto al ministero; la prof.ssa Lugo, ancora alle prime armi, è spaventata a morte dalla classe e vorrebbe essere altrove. Così come gli insegnanti, anche gli studenti presentano ognuno la propria personalità e specificità, che vengono prese in esame metodicamente durante lo scrutinio: Astariti è il primo della classe, sempre preparato e attento, studioso ma poco fantasioso, scolastico nel peggior senso del termine; Coffaro è chiuso ed impenetrabile, con un atteggiamento di sfida nei confronti di chiunque voglia fargli pesare l’autorità, e con un gran bisogno di essere accettato e seguito; Martinelli, invece, ha la testa tutta al suo nuovo fidanzato, un bullo ignorante con la macchina potente, e comincia ad accusare qualche avvisaglia di una possibile gravidanza indesiderata; Cardini, vero e proprio uomo-ombra, è l’assente per eccellenza, un ragazzo invisibile la cui unica abilità pare sia quella di imitare in maniera straordinariamente realistica una mosca. Mentre si spengono le luci dell’ultimo giorno, al bilancio sull’anno scolastico degli alunni che porteranno molti ad essere promossi e qualcuno alla bocciatura, si aggiunge quello di Vivaldi, segretamente innamorato della collega Majello. Un amore che lui non sa corrisposto, tenuto nascosto da entrambe le parti per troppa timidezza, riserbo, zelo professionale; un amore consumato platonicamente nell’incrocio amoroso degli orari scolastici, nelle lunghe assemblee di istituto, nelle estenuanti gite d’istruzione. Amore scoperto troppo tardi, proprio nel momento in cui Majello parte per le vacanze col marito. Al prof. Vivaldi non rimangono che il rimpianto per l’occasione sfuggita e, come ogni estate, la speranza e l’aspettativa per il prossimo anno scolastico.
Introduzione al Film
Immagini dal fronte
Daniele Luchetti, già assistente e pupillo di Nanni Moretti, filma uno dei più realistici e divertenti ritratti della scuola italiana. Traendo spunto dai romanzi e dai racconti di Domenico Starnone (Ex cattedra e Fuori registro) qui in veste anche di soggettista e sceneggiatore, il film propone uno spaccato della realtà scolastica ed in particolare del corpo docente. Se le dinamiche ed il comportamento degli alunni, è ricalcato su quello dei ragazzi delle periferie romane, infatti, è proprio nella descrizione dei professori, nel racconto delle loro caratteristiche e delle dinamiche interne al corpo docente che si raggiunge l’apice del realismo comico. Sono loro i veri protagonisti del film, tanto che ad ogni personaggio viene dedicato un piccolo momento di a-solo in cui si sviluppa in maniera anche caricaturale ma mai bozzettistica il carattere. Il film punta tutto, dunque, sulla riconoscibilità dei tipi, sull’immedesimazione dello spettatore, di tutti gli spettatori; chiunque può trovare nel prof. Vivaldi, buono ed ingenuo, o nella prof.ssa Majello, bella e simpatica, o nel prof. Sperone, severo e terrifichino, un particolare – piccolo o grande – dei tanti professori incontrati durante la propria carriera scolastica. Un ritratto onesto e preciso non solo dei docenti ma anche dell’intero sistema scolastico italiano. Un fronte di lotta continua fatto di riunioni interminabili, strutture fatiscenti, fondi risicati, studenti svogliati. La passione quasi vocazionale degli insegnanti sembra scontrarsi con questi ostacoli, pare distruggersi contro questa barriera. Rimane allora l’idea della scuola come territorio di guerra in cui è meglio mangiare che essere mangiati (dagli studenti, dai colleghi, dal preside, dagli impegni…) e di un sistema scolastico che non può prescindere dalle individualità degli insegnanti, dall’iniziativa personale, dal volontariato appassionato; una morale amarognola che la commedia stempera ma non attenua. Ottimi risultati ottenuti grazie ad una sceneggiatura puntuale e molto attuale, scritta da chi la scuola l’ha frequentata sia da studente che da insegnante, e da un gruppo di attori, nei ruoli dei professori, non solo capaci di rendere al meglio il carattere dei personaggi con la recitazione, ma anche fisicamente rispondenti all’immaginario degli spettatori.
Il ruolo del minore e la sua rappresentazione
Tipi tra i banchi
I comprimari del film, accanto al folto gruppo di insegnanti ai quali è dedicata gran parte dell’attenzione, sono gli alunni di una quarta superiore di un liceo della periferia romana. La scuola viene rappresentata come il territorio in cui i ragazzi cominciano a sperimentare le dinamiche che poi faranno parte della loro vita adulta; un microcosmo protetto nel quale dall’impegno derivano elogi mentre dalla cattiva volontà può derivare la bocciatura. L’ultimo giorno di scuola è di per sé un momento di confine in cui, a prescindere dall’impegno profuso durante l’anno, ci si sente già sgravati delle fatiche e in diritto di riposare, di recuperare la propria vita e le proprie attività favorite. Di fronte alla fine della scuola tutti i ragazzi, anche i più menefreghisti, sentono la tensione per il risultato finale, percepiscono l’importanza di una decisione che consentirà di proseguire nel loro percorso scolastico o li costringerà a ripetere l’anno. Anche i più estranei alle dinamiche dello studio e del voto sentono la preoccupazione per l’esito dello scrutinio, vuoi per la paura di perdere gli amici di classe, vuoi per la reazione dei genitori, vuoi per la segreta speranza di evitare il fallimento personale. Il film rappresenta, come nel caso del gruppo di insegnanti, una serie di “tipi” di studenti: cerchiamo di analizzare i più emblematici. Timballo è il tipico leader spirituale della classe probabilmente ripetente, rispettato da alcuni, temuto da altri, disprezzato dai pochissimi non allineati e primi della classe. La sua collocazione è al centro dell’aula e il suo atteggiamento è sempre di velata superiorità sia verso i compagni che nei confronti degli insegnanti e del sistema scolastico, ma è abbastanza intelligente da capire qual è il confine oltre il quale non si può spingere, e da buon equilibrista del massimo risultato con il minimo sforzo riesce a cavarsela a fine anno. Astariti, di contro, e l’unico vero primo della classe: la mano perennemente alzata a dichiarare di sapere sempre la risposta giusta sovrasta e copre dal primo banco tutti i compagni. La sua è una vera e propria ossessione per l’eccellenza, una ricerca maniacale dei voti più alti, un instancabile tendenza alla perfezione. Gli altri compagni lo evitano e lo ghettizzano semplicemente perché non è uno di loro, e lui cerca condivisione e rispetto negli insegnanti. È la rappresentazione della mediocrità, un mostro prodotto dalla meritocrazia, un esecutore impersonale di istruzioni, un compilatore di compiti a casa, uno stenografo minuzioso di appunti esatti alla lettera, ma senza la fantasia e la creatività degli altri suoi compagni. Coffaro ne è il vero contraltare; per ogni primo della classe ci deve essere anche l’ultimo e questo ruolo è capitato a lui. Taciturno e chiuso, vittima di grossi problemi familiari vive la scuola come un’occasione di riscatto ma non è in grado di gestirsi da solo. Incapace di studiare in maniera corretta ed efficace è la vittima sacrificale dei professori rigidi e delle loro domande secche; facile alla scena muta, va portato al ragionamento con pazienza e buona volontà, ma è in grado di dimostrare profonda gratitudine e attaccamento nei confronti di chi intende aiutarlo. Al contrario sviluppa odio e feroce rancore contro chi lo vessa e ne stuzzica l’atteggiamento di sfida: arriva addirittura a puntare un coltello alla gola del prof. Sperone colpevole di aver offeso il prof. Vivaldi. Cardini è invisibile ma molto presente nelle parole e nelle descrizioni degli insegnanti. Assenteista dal cuore d’oro che si offre di accompagnare l’anziana professoressa al matrimonio della nipote e viene accusato ingiustamente di aver rubato la telecamera della scuola, in realtà non farebbe male a una mosca. Del resto è lui stesso una mosca, straordinario nell’imitare l’insetto come unica attività scolastica. Questo atteggiamento viene interpretato nei modi più disparati: richiesta di aiuto e di affetto, spacconeria da fannullone, simpatico diversivo alla noia delle lezioni. Cardini è la vera dimostrazione del fallimento del sistema scolastico, dell’incapacità di fornire una proposta formativa adeguata e diversificata. È l’unico alunno ad essere bocciato: una mosca intrappolata in una bottiglia, in una stanza, in una scuola.