Big

di Penny Marshall

(USA, 1988)

Sinossi

Josh, tredici anni, ha un grande sogno: diventare grande per essere finalmente apprezzato dai compagni, notato dalle ragazze, considerato in casa. Una sera, in un angolo buio di un luna park, nota una strana macchina mangiasoldi che promette di esaudire i desideri. Infila per curiosità qualche centesimo, la macchina – nonostante la spina elettrica sia staccata – si accende ed espelle un bigliettino in cui afferma di aver realizzato il sogno del ragazzo. Incredulo, Josh torna a casa e va a dormire, ma il giorno dopo si ritrova nel corpo di un trentenne. Impaurito per la nuova situazione, dopo essere scappato di casa per non farsi vedere dai genitori e aver chiesto aiuto all’amico del cuore Paul, Josh si mette alla ricerca della ditta che ha fabbricato la macchina magica, ubicata nella vicina New York. Qui la ricerca non sembra andare a buon fine, ma in compenso Josh trova un lavoro come contabile in una ditta di giocattoli. La sua natura infantile non passa inosservata: il capo dell’azienda, colpito dai consigli commerciali azzeccati di Josh – l’unico che capisce con cosa vogliono giocare i bambini – decide di promuoverlo vicedirettore; Susan, una sua bella collega, colpita dalle maniere originali di Josh, si innamora di lui e instaura una tenera relazione d’amore. Ben presto però le troppe responsabilità, la nostalgia per la famiglia e le difficoltà nel comunicare con gli altri spingono Josh a rifiutare il nuovo stile di vita. Così, ritrovata la “macchina magica” abbandonata in un parco, il ragazzo esprime il suo secondo desiderio: tornare bambino.

Introduzione al Film

Il sogno di diventare grandi

Il cinema statunitense ha spesso rappresentato il comune desiderio di diventare grandi se si è adolescenti o, in antitesi, di ritornare ragazzi se si è adulti. Obiettivo di titoli come Tutto accadde un venerdì (Mary Rodgers, 1977) è mostrare la difficoltà di vivere in ogni età, qualsiasi essa sia, perché ricca di insidie, difficoltà, paure. Eppure, se il sogno di tornare bambini per gli adulti è il risultato delle enormi pressioni che un uomo o una donna devono sostenere (la famiglia, i figli, il lavoro, la carriera, la vecchiaia dei genitori e così via) a conferma del frequente desiderio di fuga dei “grandi” da un mondo che li opprime, per gli adolescenti la voglia di crescere nasce per la ragione opposta, ovvero da un’esigenza di maggiore responsabilità, per non essere più emarginati, esclusi, allontanati dai luoghi delle decisioni, per diventare protagonisti della propria vita. Per questo motivo, film come Big di Penny Marshall o il coevo Da grande di Franco Amurri, che si soffermano sulla voglia degli adolescenti di crescere in fretta, pur nel loro carattere ludico e poco impegnato, appaiono interessanti esperimenti cinematografici: da una parte mettono in risalto un aspetto dell’adolescenza non sempre rappresentato (quello della capacità di prendere decisioni ed essere affidabili), dall’altra – inserendo un bambino in un contesto sociale “adulto” e facendolo scontrare con le sue contraddizioni – segnalano le peculiarità e i problemi delle diverse fasi della vita.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Il virus dell’infanzia

La parte del film in cui Josh è bambino (le prime sequenze e l’ultima) è poco significativa: non vengono approfonditi i motivi per cui il ragazzo si sente emarginato (l’unico vero momento di esclusione avviene al luna park quando il gestore non lo fa salire su una giostra perché troppo piccolo), l’amicizia con Paul è appena abbozzata, la vita famigliare viene lasciata sullo sfondo. È sufficiente stilizzare un profilo caratteriale alquanto elementare (bambino timido, grazioso, esterno a qualsiasi tipo di gruppo) per giustificare il passaggio di Josh da bambino ad adulto. Ciò che interessa la regista Penny Marshall, infatti, non è riflettere sui meccanismi di esclusione o di emarginazione che colpiscono i minori, quanto piuttosto mostrare l’innocenza e la purezza dell’infanzia rispetto ad una realtà – quella degli uffici, della carriera, dei soldi – completamente contaminata dal virus del denaro, incapace di guardarsi allo specchio e vedere le proprie deformità. Così, più che personaggi a tutto tondo, i protagonisti di Big appaiono come seguaci bidimensionali di due filosofie di vita contrapposte: da una parte c’è chi pensa solo al proprio conto in banca, che concepisce le relazioni sentimentali come quintessenza del proprio status sociale (Susan ha avuto storie solo con dirigenti e suoi superiori), che crede che ogni rapporto di amicizia o collaborazione con l’altro abbia sempre un secondo fine (si veda il personaggio di Billy, l’ex amante di Susan), che ha costruito un modo di comunicare criptico, fatto di continue allusioni, riferimenti, doppi sensi che non rendono mai chiaro il pensiero e permettono di cambiare all’occorrenza opinione (esemplare è la scena in cui Susan cerca di chiedere a Josh che “tipo” di relazione affettiva è la loro); dall’altra c’è chi ha l’obiettivo di divertirsi, non è arrivista né ha doppi fini, è trasparente, disinteressato al denaro, lineare nel linguaggio, nei pensieri, nei desideri (caratteristiche proprie non solo di Josh ma anche dell’amico Paul). La “partita” tra questi modelli di comportamento opposti si svolge, non a caso, all’interno di un’industria di giocattoli che nel mondo capitalista è prima di tutto uno strumento d’arricchimento personale e poi un luogo dove si esaudiscono i desideri dei più piccoli. Josh è il classico agente estraneo, il sassolino che inceppa l’ingranaggio ben oliato, palesandone i limiti. È questa la morale della favola: se si inserisce il “virus” dell’infanzia, della leggerezza e del gioco dentro un corpo malato e assetato di denaro esso si propagherà velocemente costringendo alcuni anticorpi a lavorare per espellerlo (i colleghi di Josh) e infettando invece coloro che sono più ricettivi (l’anziano proprietario della compagnia, la bella e insoddisfatta Susan). Tuttavia lo stesso virus rischia, a sua volta, di essere debellato dagli anticorpi della società. Tale rischio è evidenziato dalla relazione tra Josh e Paul. All’inizio del film Paul protegge l’amico divenuto trentenne, lo aiuta nella ricerca di una casa a New York e di un lavoro (è, in definitiva, una sorta di fratello maggiore). Quando, però, Josh inizia a far carriera e gli impegni occupano tutta la sua giornata, Paul viene accolto con freddezza, ignorato o, peggio, accantonato. Josh, al contatto con il mondo adulto, perde in spensieratezza, senza tuttavia compiere un vero percorso di maturazione. Per questo motivo Josh, in un attimo di lucidità, decide autonomamente di rinunciare all’età adulta e alla fidanzata Susan per tornare bambino. Il finale è dunque molto più pessimistico del clone Da grande di Amurri: Susan non replica il gesto di Josh, ma resta adulta. Tra il mondo dei grandi e quello dei ragazzi – sembra suggerire il finale della pellicola – non c’è possibilità di dialogo e di integrazione, il sogno eretico di avvicinare queste due età non può che subire un doloroso scacco.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Si è già fatto cenno alle pellicole che condividono con Big il soggetto o il modo di considerare i rapporti generazionali. In classe – specie in quelle della scuola primaria – il film potrebbe essere proiettato e analizzato per segnalare le diverse esigenze che spingono gli adulti e i bambini a non comunicare tra loro o per riflettere sul ruolo dell’amicizia e sulla difficoltà di mantenerla viva specie quando, come nel caso di Josh e Paul, grandi cambiamenti intervengono a scombussolare la vita delle persone. Marco Dalla Gassa

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).