L'enfant - Una storia d'amore

di Jean-Pierre e Luc Dardenne

(Francia, 2004)

Sinossi

Bruno e Sonia, due ragazzi appena maggiorenni, hanno avuto un bambino: Jimmy. La loro situazione è però piuttosto critica: lei vive con il sussidio statale e lui si arrangia organizzando piccoli furti, abituato a spendere immediatamente tutto quello che guadagna e convinto che il lavoro sia solo una perdita di tempo. Mentre Sonia mostra un forte attaccamento al bambino, Bruno considera la possibilità di guadagnare una grossa somma di denaro cedendolo alle adozioni clandestine. Sfruttando l’occasione di una lunga fila per una questione burocratica, si allontana con Jimmy e organizza lo scambio ricevendo cinquemila euro. Quando si ripresenta senza il bambino però la prevedibile reazione di Sonia innesca un meccanismo irreversibile. Sconvolta dal dolore e decisa a denunciare il fidanzato lo costringe a ritornare sui suoi passi ma è troppo tardi. Bruno riesce a ritrovare il bambino restituendo i soldi ma il racket gli chiede il doppio della cifra come risarcimento danni. Mentre Sonia si chiude in un silenzio irriducibile, Bruno fa i conti con la violenza della macrocriminalità ed è costretto a rubare per pagare il suo debito. Durante uno scippo il suo complice minorenne Steve viene arrestato. Bruno, sentendosi responsabile dell’accaduto, si costituisce e viene incarcerato. Nel finale Sonia va a visitare Bruno in carcere e i due si abbandonano ad un pianto che li riconcilia.

Introduzione al Film

La forza della semplicità

L’enfant – Una storia d'amore si inserisce in maniera perfettamente coerente nel percorso stilistico e tematico di Jean-Pierre e Luc Dardenne. I due fratelli belgi, raro esempio di collaborazione cinematografica tra consanguinei insieme ai Taviani, ai Cohen e ai Wachowski, portano avanti con rigore un cinema che prende le mosse dalla tradizione del cinema francofono, Robert Bresson e la nouvelle vague sono i numi tutelari, ma che si sviluppa in modo totalmente indipendente e originale. Le storie che raccontano sono sempre molto semplici ma possiedono implicazioni emotive di una complessità e di una forza straordinarie. Ne La promesse un figlio tradisce il padre che si occupa di traffico di clandestini, in Rosetta una ragazza cerca disperatamente lavoro per mantenere la madre alcolizzata, ne Il figlio un falegname cerca di dare una possibilità di redenzione al ragazzo che ha ucciso suo figlio. Sono storie che sbucano dal quotidiano e partono dal basso, dalla disperazione e dall’emarginazione che stanno alla periferia delle grandi città apparentemente evolute e tranquille. Forti di una notevole esperienza come documentaristi, i fratelli Dardenne seguono i loro personaggi, attori per lo più non professionisti o poco conosciuti, con la macchina da presa in spalla, apparentemente ignari di quali possano essere le svolte della vicenda. Il loro cinema rinuncia decisamente alla costruzione narrativa classica fatta di una sceneggiatura tecnicamente indistruttibile capace di svelare tutto allo spettatore e di una tecnica di ripresa tesa alla maggior rappresentazione possibile. Le parole pronunciate dagli attori sembrano sempre scaturire sul momento, probabilmente lasciate molto all’improvvisazione, e il ricorso alle diverse inquadrature e quindi al montaggio è ridotto all’essenziale. La struttura viene spogliata da tutti gli orpelli artificiosi nel tentativo, perseguito in maniera simile anche dai seguaci del “Dogma ‘95”, di accentuare il realismo delle storie ed il coinvolgimento emotivo dello spettatore, costretto ad entrare nella vicenda quasi fisicamente. Un cinema apparentemente “puro” che è il risultato di scelte artistiche rigorose e ben precise e che ha raccolto negli anni notevoli elogi da parte della critica e alcuni dei più importanti riconoscimenti nei festival. Uno sguardo alla filmografia dei Dardenne nella sua totalità svela però una certa rigidità dei modelli di riferimento che rischia, a lungo andare, di portare alla ripetitività e ad un ripiegamento su se stessi. Questo aspetto è stato evitato, sino ad ora, grazie al profondo e mai banale scavo psicologico dei personaggi. I due autori rifiutano lo schematismo della distinzione tra buoni e cattivi cercando di rappresentare i pochi protagonisti in tutta la loro complessità. Questa scelta rappresenta un ulteriore banco di prova per lo spettatore abituato a catalogare le figure sullo schermo in base alle loro azioni o al loro aspetto. Bruno, il protagonista di L’enfant, viene rappresentato in tutta la sua inadeguatezza, ma è evidente che questa caratteristica sia data dalla sua incredibile fragilità e immaturità. Lo stesso vale poi per i personaggi che agiscono nell’ombra e si occupano delle parti oscure del traffico delle adozioni clandestine: condannati ad una invisibilità che è insieme scelta e necessità, in fondo non sono altro che pedine e ingranaggi involontari di un meccanismo spietato, vittime di un mondo feroce in cui chi non si adegua rimane schiacciato. La malvagità, quell’assurda maschera rituale messa in scena in tantissimi film, nel cinema dei Dardenne viene scomposta in mille sfaccettature che la rendono contemporaneamente più vicina, anche nella rassicurante e apparentemente civile società occidentale, e meno riconoscibile. Il loro cinema, tagliando con lame affilate la superficie del perbenismo e del quieto vivere, acquista un’accentuata valenza politica e diventa una forte denuncia delle ingiustizie sociali.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Il destino e le sue svolte

Tutta la vicenda de L’enfant ruota intorno a Jimmy, il bambino del titolo, ma il neonato non ha ovviamente nessuna partecipazione attiva nella storia. La sua presenza tuttavia diventa il motore per il mutamento dei personaggi e dei loro rapporti. Se si esclude la presenza dei due minori che commettono piccoli furti per conto di Bruno, presenza che diventa fondamentale e decisiva alla fine del film, è evidente che la pellicola si occupa delle problematiche legate ai minori ma i protagonisti sono (quasi) adulti. Sonia e Bruno sono poco più che maggiorenni anche se dimostrano in maniera piuttosto evidente tutta l’ingenuità e l’immaturità tipiche dell’infanzia, e di fronte alla nascita del figlio reagiscono in modi affatto diversi. Da un lato Sonia riceve dalla presenza di Jimmy quell’istinto materno che la trasforma in una donna decisa e risoluta a fare tutto il possibile per il bene del bambino. Dall’altro invece Bruno non riesce nemmeno ad affezionarsi, si dimostra goffo e disinteressato e vede in Jimmy un fardello di cui disfarsi al più presto magari guadagnando anche una discreta somma di denaro. La sua decisione di vendere il bambino, che il bambino stesso nemmeno percepisce essendo sempre tranquillo e pacificamente addormentato, è presa con incoscienza e con una leggerezza spaventosa. Alla reazione attonita e scioccata di Sonia reagisce promettendole banalmente che presto potranno fare un altro bambino. La sua incapacità di amare lo porta a comportarsi con insensibilità e lo rende incapace di comprendere l’affetto e il senso di responsabilità. Mentre il bambino passa ignaro tra una serie infinita di svolte del proprio destino, ritornando poi tra le braccia della madre ormai completamente disillusa nei confronti di Bruno, quest’ultimo è costretto dalla vita e dalle scelte fatte con leggerezza ad affrontare le proprie responsabilità. La violenza dei creditori e l’indigenza lo demoliscono e lo portano a mettersi fortemente in discussione. Al di là della facile e superficiale richiesta di aiuto a Sonia che gli chiude la porta in faccia, Bruno deve fare i conti con se stesso. Costretto a rubare prendendo dei rischi e facendo correre rischi al suo complice, Bruno si trova nella situazione di dovere decidere per qualcun altro. Nella fuga che segue lo scippo i due si nascondono nell’acqua gelida di un fiume. Lì Bruno è costretto a scegliere se salvare Steve che sta per annegare rischiando di essere scoperto o salvarsi la pelle. In questa situazione il suo istinto protettivo, quasi paterno, e il suo senso di responsabilità prendono finalmente il sopravvento e lo portano sulla strada giusta. È amorevole e solerte nel scaldare i piedi del compagno più giovane per evitargli il congelamento ma non può fare nulla per evitare il suo arresto. Nel finale, dopo essersi fatto carico di recuperare il motorino che Steve ha preso in prestito dal fratello, si presenta spontaneamente al commissariato per costituirsi ed alleggerire la posizione del complice. Quest’ultimo gesto è la definitiva dimostrazione del cambiamento avvenuto nella personalità di Bruno. È un cambiamento che, nonostante il film si concluda nel parlatorio di un carcere, apre alla speranza e all’ottimismo. Ed è proprio Jimmy, ancora una volta, a beneficiare di questa svolta del destino: le lacrime di Bruno, in una silenziosa richiesta di perdono a Sonia, sembrano mostrare un ragazzo pronto per affrontare il suo ruolo di padre.

Ludovico Bonora  

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