ABC Africa

09/04/2010 Temi Malattie Emergenze umanitarie

di Abbas Kiarostami

(Uganda, 2001)

Sinossi

Una voce fuori campo legge una lettera inviata via fax dai responsabili dell’Ifad (Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo dell’ONU) ad Abbas Kiarostami: nel messaggio il regista iraniano viene ringraziato per aver accettato la proposta di girare un documentario sul programma Uweso (Ugandan Women Effort for Save Orphans) a Kampala, in Uganda, a favore delle vedove e degli orfani provocati dalla guerra civile prima e dall’AIDS poi, due eventi tragici che in pochi anni hanno decimato una popolazione di ventidue milioni di abitanti.

Con il suo operatore e una piccolissima troupe, Kiarostami documenta non solo il lato istituzionale del progetto, intervistando i responsabili e i diretti interessati (le donne che usufruiscono del programma di microfinanziamento), ma anche la vita quotidiana per le strade della città africana, la vitalità e la gioia dei bambini che la popolano numerosissimi, la simpatia della gente che, malgrado tutto, si mostra ottimista verso il futuro.

Presentazione del film

La scelta da parte dei responsabili del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo dell’ONU di affidare la regia del documentario ABC Africa ad Abbas Kiarostami non deve essere stata dettata esclusivamente da ragioni di prestigio o di visibilità: altri nomi di registi ben più celebri (magari in cerca di una vetrina politically correct e impegnata all’interno della quale rinnovare la propria immagine) avrebbero offerto la possibilità di ottenere un apparato tecnico e produttivo di ben altra portata e una distribuzione del film su vasta scala. Kiarostami, di fatto, pur essendo il regista iraniano più famoso presso il pubblico occidentale (destinatario principale del documentario), nonché uno degli autori del cinema contemporaneo più premiati nei festival internazionali, è una figura di nicchia, che si rivolge a una platea di spettatori fedeli, progressivamente ingrossatasi nel corso dell’ultimo decennio, ma comunque minima rispetto alla totalità del pubblico cinematografico.

Le ragioni che hanno spinto i responsabili del Fondo a scegliere l’autore di Il sapore della ciliegia sono state, piuttosto, la sua lunga esperienza di documentarista, la sua capacità di lavorare con i bambini e gli adolescenti, ma soprattutto la sua innata sensibilità nel trattare il tema della morte riuscendo, tuttavia, a lasciare “l’ultima parola” alla vita, ovvero a saper dare il senso della tenacia con cui la vita riesce ad imporsi sempre e comunque, al di là di tutto, anche nel contesto più tragico e apparentemente disperato. ABC Africa, infatti, ha ben poche tra le caratteristiche del classico documentario istituzionale, “su commissione”: a parte brevi inserti “ufficiali” nei quali viene data la parola ai responsabili del progetto Uweso (Uganda Women’s Effort to Save Orphans) che spiegano le modalità del programma di microfinanziamenti alle comunità di donne rimaste vedove a causa della guerra civile prima e dell’AIDS poi, buona parte del documentario è dedicata ad una sorta di ricerca personale da parte del suo autore di qualcosa di ineffabile che riesca, al di là dei dati statistici (pur rilevanti perché testimonianza della validità, anche su vasta scala, di questo progetto che è alla base di tanti piccoli ma importanti successi), a comunicare la presenza della vita al di là della morte grazie alla forza delle sole immagini, dei suoni, dei ritmi di una nazione simbolo di un intero continente.

La sequenza centrale, dieci minuti di schermo nero causati dall’improvvisa mancanza di energia elettrica e squarciati altrettanto improvvisamente dai lampi di un temporale equatoriale, può essere interpretata, ad un primo livello essenzialmente simbolico, come l’ennesima metafora della vita (i fulmini che precedono la pioggia) che riesce a farsi strada anche attraverso il buio della notte più profonda e, allo stesso tempo, come l’indice di un’impasse dello sguardo che si dichiara incapace di organizzare secondo le regole “classiche” del cinema documentario una realtà che stenta a lasciarsi afferrare proprio per la ricchezza di vita che offre. Naturale che il regista decida di lasciarsi travolgere da quel flusso vitale o, meglio, di lasciarsene avvolgere, come nella lunga sequenza della visita all’orfanotrofio nella quale vediamo Kiarostami e il suo operatore riprendere, quasi in uno stato di trance, una moltitudine di bambini che intonano in coro un canto tradizionale. La forza di ABC Africa consiste, dunque, nel rifiuto di porsi come punto di vista definitivo su un determinato problema, a dispetto dell’incontrovertibilità della situazione documentata, dell’urgenza e della necessità degli aiuti richiesti per salvare la popolazione martoriata dell’Uganda.

Allo stesso modo in cui documenta la capacità di sopravvivenza delle donne e dei bambini ugandesi ripartendo da zero, da quel poco che mariti e padri hanno lasciato loro, il film ci parla della capacità del suo autore di rimettere in causa metodologie di approccio al reale (anche quelle sperimentate e collaudate da anni di utilizzo), mettendo allo stesso tempo in discussione il proprio lavoro di regista, così come testimonia l’uso del mezzo digitale, probabilmente l’unico in grado di fornire, grazie alla sua “leggerezza”, un risultato spontaneo e allo stesso tempo profondo come quello qui ottenuto.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Nel corso della sua carriera di cineasta Abbas Kiarostami ha sempre affidato ai bambini protagonisti dei propri film un ruolo molteplice e complesso: essi non sono, infatti, soltanto i simboli della speranza nel futuro (com’è normale che sia, data la loro giovane età) anche nelle situazioni più disperate, ma soprattutto, e del tutto inaspettatamente, anche i portatori di una saggezza (che a volte suona perfino paradossale espressa da bocche tanto giovani) rivolta verso un mondo adulto troppo spesso distratto da mille incombenze concrete e, dunque, insensibile alle esigenze più profonde di figli, nipoti, scolari. Grazie anche ai film di Kiarostami il cinema iraniano degli ultimi due decenni è diventato, per tutti coloro che ne hanno potuto apprezzare le opere, un cinema essenzialmente “di bambini” che, tuttavia, veicolava messaggi niente affatto infantili. ABC Africa è un film in cui si parla anche, ma non solo, di bambini: denutriti, malati, abbandonati, i piccoli protagonisti di questo documentario non hanno mai, tuttavia, una funzione ricattatoria, patetica nei confronti dello spettatore occidentale.

A dispetto delle condizioni spesso disperate in cui vivono, i bambini ugandesi sono spensierati e vitali e si offrono sorridenti all’obiettivo della telecamera. In ABC Africa è come se fosse tutto il continente africano a rivestire il ruolo solitamente affidato ai bambini negli altri film del regista iraniano: prima ancora di chiedere all’Occidente opulento e distratto di concedergli un po’ della sua attenzione (e una piccolissima parte delle sue sterminate ricchezze), l’Africa ritratta da Kiarostami ammonisce la parte ricca del mondo dandole una lezione sul reale valore della vita e sul significato di questo termine del quale troppo spesso si tende a dimenticare il senso più profondo. Alla sequenza straziante girata in un ospedale dove vengono curati i bambini malati di AIDS, nella quale assistiamo alla consegna ai genitori da parte degli infermieri del corpo esanime di un bimbo appena morto, Kiarostami contrappone quelle straordinariamente animate e vitali di un coro di bambini che intona un canto tradizionale ai piedi di un gigantesco albero: non c’è contraddizione tra le due immagini che sfumano “naturalmente” le une nelle altre dando il senso di una concezione dell’esistenza diversa da quella occidentale che tende a separare troppo nettamente la vita dalla morte.

ABC Africa, del resto, non parla di generiche iniziative di aiuto alle popolazioni sottosviluppate dell’Africa, non mostra camion o elicotteri che scaricano derrate alimentari per ripartire subito dopo lasciando sostanzialmente immutata la situazione, bensì di un progetto che tende a rimettere in moto l’economia di un paese martoriato attraverso la creazione di un tessuto economico reale, basato sulla responsabilità di coloro che contraggono un prestito e si impegnano a restituirlo (cosa che accade puntualmente nella maggior parte dei casi). L’Africa di Kiarostami, insomma, è un continente che sorprende lo spettatore occidentale per la grande dignità e saggezza con cui si propone al suo sguardo, che rifugge ogni forma di pietismo morale e di carità materiale tipico di tanta cultura occidentale allo stesso modo in cui i bambini protagonisti dei film di questo regista hanno sempre rifiutato di accontentarsi delle facili soluzioni e del paternalismo ottuso degli adulti.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

ABC Africa ha ben poche analogie in comune con qualsiasi altro documentario sul tema della fame e del sottosviluppo nel terzo mondo, essendo, appunto, un vero e proprio film d’autore, frutto di un approccio decisamente soggettivo ad un problema ma, non per questo, meno illuminante.

In ambito didattico e formativo può essere utilizzato per mostrare l’efficacia di un approccio come quello adottato dall’Ifad alle complesse problematiche connesse al sottosviluppo: un approccio tendente a responsabilizzare coloro che hanno bisogno di aiuto attraverso il loro coinvolgimento diretto nei piani di sviluppo, dunque lontano dal pericolo di creare una sorta di dipendenza endemica del Sud del mondo dagli aiuti del Nord.

 

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo unico del Centro nazionale, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).