Spazi di partecipazione e autonomia per bambini e ragazzi, coinvolgimento nella vita pubblica, opportunità offerte dai nuovi media: a margine del seminario “Farsi largo” tra gli adulti, che ha presentato l'indagine pubblicata nel Quaderno 50 del Centro nazionale, ne abbiamo parlato con Valerio Belotti e Alessandro Cavalli. L'iniziativa, ospitata dall'Istituto degli Innocenti, ha messo a confronto gli autori della ricerca, esperti e studiosi da tutta Italia per riflettere «sui processi di negoziazione tra ragazzi e adulti che caratterizzano gli ambiti della vita quotidiana». Lo spunto è stato fornito dalla pubblicazione, intitolata Costruire senso, negoziare spazi – Ragazze e ragazzi nella vita quotidiana, che raccoglie l'esito di tre azioni di ricerca: un'ampia indagine campionaria che ha coinvolto 21.527 studenti e studentesse della prima e terza classe delle scuole secondarie inferiori e della seconda classe delle secondarie superiori, distribuiti in 40 province; sei focus group su alcune tematiche affrontate nel questionario utilizzato per l'indagine; un bilancio e un'analisi, nei territori in cui si è svolta la ricerca, delle iniziative promosse dalle scuole e dalle amministrazioni comunali per promuovere la partecipazione dei più giovani alla vita scolastica e sociale. Valerio Belotti, docente di sociologia all'università di Padova e supervisore dell'indagine comparativa, riconosce che «a casa, in famiglia, i ragazzi decidono soprattutto sulle cose che li riguardano». Uno degli elementi sorprendenti, poi, è «che non c'è differenza tra ragazzi e ragazze: pensavamo che sulle regole di casa, sull'abbigliamento, sugli spazi che ogni vengono contrattati tra genitori e figli ci fosse diversa disponibilità verso maschi e femmine, come invece è per età più avanzate rispetto a quelle prese in considerazione». «Abbiamo trovato che le famiglie sono importanti per i ragazzi, – continua Belotti - sono famiglie “pacificate”, non attraversate da conflitti ma da confronti, da negoziazioni forti in cui l'autonomia dei ragazzi ha un grande peso». Per Alessandro Cavalli, dell'istituto Iard, «la prima cosa da fare sarebbe far partecipare di più i genitori alla vita pubblica». Adesso, secondo Cavalli, «siamo in una fase in cui la maggioranza della popolazione sta a guardare cosa succede nel mondo attraverso la televisione, ma senza partecipare». Ci sono «genitori che hanno abdicato al loro ruolo, come anche insegnanti», spiega Alessandro Cavalli. È necessario invece «che chi deve crescersi si confronti con l'autorità: ciò che conta è il sapersi confrontare, non l'autorità di per sé come insieme di regole, perchè l'autorità è qualcuno che con cui instaurare un rapporto di reciprocità». L'indagine mette invece in luce come questo non si trovi «in altri ambiti come la scuola o lo sport», dice Belotti. «Sullo sport in particolare i ragazzi investono molto del proprio tempo e delle proprie aspettative per le caratteristiche di divertimento e di possibilità di mettere alla prova le proprie capacità». Con le attività sportive, osserva Cavalli, «ragazzi e ragazze imparano due cose fondamentali: competere e cooperare». Sono «due competenze fondamentali per il vivere civile e lo sport è un luogo dove ci si mette alla prova in queste dimensioni». Ma, ribatte Belotti, sono ambiti nei quali comunque «c'è un forte predominio dell'adulto e infatti i nostri ragazzi non vanno molto volentieri a scuola e non certo perchè sono svogliati, lo dicono anche le indagini internazionali. «La scuola in Italia ha ancora molti margini di rigidità e i ragazzi mettono in rilievo che vengono ascoltati poco. La scuola «è un luogo molto importante», aggiunge Cavalli, «ma non solo come luogo in cui si imparano materie ma anche dove acquisiscono competenze di cittadinanza». Di sicuro, «negli ultimi trent'anno, si è diffusa la scolarità e i ragazzi stanno di più e più a lungo a scuola, ma va anche detto che molto spesso le istituzioni educative non sono esse stesse adeguate al nuovo tipo di utenza col quale devono confrontarsi». La riflessione dei due esperti si sposta sulle tematiche del welfare e della partecipazione dei minori. Cavalli è molto amaro: «Questo è un paese che tutto sommato penalizza le giovani generazioni, e da moltissimo tempo», afferma. Anzi, «dopo il periodo del depoguerra, nel quale le classi giovanili sono state protagoniste, e dopo i movimenti studenteschi, direi che la nostra è una società fondamentalmente gerontocratica: questo è un problema che i giovani dovrebbero porsi seriamente e attivarsi per crearsi nuovi spazi». «Le politiche per l'infanzia sono all'ordine del giorno in tutti i paesi e le istituzioni europee. – afferma Belotti - In Italia invece siamo meno sensibili, perchè da noi i bambini vengono spesso visti come un tema che riguarda le famiglie e i genitori: su questo sono molto più avanti il volontariato, l'associazionismo, il privato sociale che stanno portando avanti delle belle esperienze di coinvolgimento dei ragazzi sulla gestione della dimensione pubblica». Ma, dice Belotti, c'è un «problema culturale, più che politico»: «le esperienze interessanti andrebbero individuate e supportate per far sì che potessero emergere, rendersi visibili, diffondersi e contaminare altre realtà». Su questo versante, i nuovi media «sono un'arma potente di comunicazione per i ragazzi e anche di partecipazione: ma i ragazzi devono poter avere un peso e non essere invece “isole” staccate dalla società», riflette Valerio Belotti. Secondo Cavalli però, «se per certi aspetti i ragazzi sono più competenti degli adulti nel manipolare le nuove tecnologie, non siamo ancora in grado di prevedere i cambiamenti che un'invenzione epocale come internet porterà». In allegato sono disponibili le relazioni dei partecipanti al seminario del Centro nazionale. (mf)
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