Together wiht You

 

Sinossi

Xiaochun, tredici anni, ha un talento innato per la musica. Suona da molti anni il violino e ha vinto numerosi premi nei vari concorsi regionali cui ha partecipato. Suo padre, Cheng, un onesto e umile cuoco che ha dovuto crescere da solo il ragazzo dopo la fuga della moglie, è certo che presto suo figlio diventerà un musicista famoso. Per questo motivo investe i pochi risparmi che ha per trasferirsi a Pechino e dargli la possibilità di seguire i corsi di alcuni prestigiosi maestri. Giunto nella capitale, Xiao-chun frequenta prima le lezioni private del professore Jang, un uomo celibe che vive miseramente con la sola compagnia di qualche gatto, poi quelle del Professor Yu Shifeng, un vero talent scout, abile nel condurre al successo molti giovani musicisti. Quando quest’ultimo chiede a Cheng il permesso per ospitare il figlio in casa sua, in modo da offrirgli un luogo confortevole dove prepararsi al meglio ad un concorso musicale internazionale, l’ingenuo genitore acconsente senza far obiezioni. La scelta si rivelerà dolorosa e positiva al tempo stesso: Xiao-chun si troverà male nella lussuosa casa del maestro, rinuncerà a partecipare al concorso, ma scoprirà un segreto (che coinvolge sia Yu sia Cheng) che lo obbligherà a rivedere le priorità della propria vita: mettendo in primo piano gli affetti e in secondo piano le ambizioni personali.

Introduzione al Film

La nuova Cina

Nel 1999 Zhang Yimou gira Non uno di meno e nel 2001 La locanda della felicità; l’anno dopo Chen Kaige dirige Together with you. I due registi cinesi più conosciuti al mondo realizzano nell’arco di quattro anni tre pellicole che hanno molte caratteristiche in comune: tutte e tre raccontano storie di adolescenti (tra i quindici e i diciassette anni), orfani almeno di un genitore, che si trasferiscono – per motivo o per un altro – dalla campagna alla città e che da quest’ultima, dopo esperienze dai toni chiaroscuri, decidono di scappare. È una fuga non definitiva – visto che tutti e tre i film si concludono con un finale aperto che non chiarisce quale destino toccherà loro in sorte – ma che sembra motivata, quasi paradossalmente, da un’acquisizione di responsabilità e non dal suo contrario. Si tratta di similitudini non casuali, a maggior ragione se si considera l’iter quasi antitetico dei due registi in questione: dopo un inizio di carriera comune (hanno lavorato assieme a Terra gialla e La grande parata), Zhang e Chen hanno seguito un percorsi autoriali nettamente separati, il primo impegnato a realizzare opere dal forte impatto visivo e con una chiara caratterizzazione di genere, il secondo assorbito da un cinema più intellettuale e rarefatto. Il ritorno ad atmosfere e ambientazioni affini è dovuto probabilmente al particolare periodo storico che sta attraversando la Cina e che spinge molti cineasti (oltre ai due citiamo almeno Jia Zhang-ke con Platform, 1999, Wang Xiaoshuai con Le biciclette di Pechino, 2002, Gu Changwei con Peacock, 2004) ad interrogarsi sulle contraddizioni del progresso economico: le disuguaglianze tra città e campagna; il disorientamento culturale provato da un popolo che vive in una società comunista, ma votata al libero mercato e alla concorrenza spietata; la perdurante assenza di libertà democratiche; un pesante passato millenario – illustre, ma a tratti anche fosco – che occorre continuamente rielaborare. Da qui l’avvicinamento di temi e visioni – certamente momentaneo, come confermano i successivi film di genere wuxiapian girati da Zhang Yimou – che confluisce in un comune convincimento: la perdita della cultura tradizionale e dei suoi valori più condivisi, che permetteva all’individuo di sentirsi protetto, è un evento preoccupante che disgrega la società e che, inevitabilmente, si specchia nella storia di questi tre orfani, privati non solo dei genitori, ma anche e soprattutto del proprio passato. La loro adolescenza – ossia il cambiamento fisico, mentale, culturale che li travolge bruscamente nel giro di pochi anni – diventa quasi l’incarnazione dell’adolescenza del loro Paese, risvegliatosi un bel giorno con connotati diversi e ancora indefiniti

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

La musica nel cuore

Xiao-chun, e ancora di più suo padre Cheng, rappresentano il cinese medio, di estrazione contadina, dotato di buon senso, supportato da un forte substrato di tradizioni e rituali (si pensi alla preparazione del viaggio), protetto da una comunità agricola che lo accoglie e lo integra nel proprio tessuto (il riferimento è alla prima sequenza, quella del pranzo di comunità). Tuttavia, Cheng è abbagliato dal possibile successo che il figlio può raggiungere grazie al suo immenso talento. Se, così, il viaggio dei due protagonisti dalla campagna a Pechino – come quello di molti loro connazionali in questi anni – nasce come uno dei tanti viaggi della speranza, è altresì vero che il loro obiettivo non è solo quello di migliorare le proprie condizioni di vita, ma quello di permettere a Xiao-chun di raggiungere il successo, di primeggiare, di diventare il migliore. Il figlio, così, si ritrova costretto a seguire un genitore che, da una parte è ancora un campagnolo ignorante e ingenuo (si veda l’episodio in cui smarrisce i soldi), abbagliato dal luccichio del denaro, dall’altra è un cinico e testardo “manager” disposto a cambiare maestro non appena scopre che l’insegnate non gli dà garanzie di carriera (anche se, in compenso, insegna al ragazzo a suonare il violino col cuore e con l’anima) e addirittura a rinunciare alla paternità per permettere a Xiao-chun di vivere nell’appartamento del nuovo maestro e prepararsi per il concorso internazionale che gli assicurerà fama e successo. Se Cheng è dunque il simbolo del cinese medio, colpevole e allo stesso tempo innocente, che rinuncia alla vita comunitaria (e povera) per una individualista ma emancipata, allora il figlio Xiao-chun è la personificazione del cinese del futuro – o, per lo meno, di come si può sperare che esso sia – senza padri né tradizioni, con un grande talento, bisognoso di punti di riferimento solidi e solidali. A tal proposito diventa centrale la questione della paternità, dell’affidamento, della genitorialità. Xiao-chun scopre verso la fine del film che il professor Yu altri non è che il vero padre da cui era stato abbandonato appena nato con un violino accanto alla culla (così lo aveva trovato casualmente Cheng), e che ora è pronto a riabbracciarlo. Diversamente da quanto ci si aspetterebbe, egli rinuncia a vivere con la vera famiglia (più ricca, colta e benestante), preferendole quella più umile costituita dal padre putativo Cheng. La scelta, solo apparentemente inattesa, ricolloca l’esperienza del ragazzo in un alveo più tradizionale, proprio del sistema di pensiero confuciano per il quale la genitorialità, ossia il diritto/dovere di educare un figlio ai precetti sociali più nobili e conformi alla tradizione, è un’esperienza comunitaria, che riguarda tutta la collettività e che, comunque, si guadagna giorno per giorno. Impossibile, dunque, per il ragazzo accettare l’offerta del professor Yu, una soluzione individualistica che, se da una parte gli garantisce il successo, dall’altra lo priverebbe di un solido tessuto sociale e famigliare. D’altronde, gli stessi metodi di insegnamento che si trova a sperimentare Xiao-chun a Pechino replicano l’incompatibilità dei due sistemi di pensiero. Il primo maestro dell’adolescente – come nella migliore tradizione educativa del paese – non insegna la tecnica del violino, ma lo spirito, l’anima dello strumento (tanto che non gli mostrerà mai “come si suona”, impartendogli lezioni di vita), il secondo invece è più un manager che un insegnante, programma ogni aspetto e ogni scelta della sua vita, quasi ne volesse plasmare la crescita. La musica diventa così un simbolo diretto del futuro della Cina e dei suoi figli, in bilico tra aspirazioni personali e esigenze di unità. Xiao-chun, da bravo figlio di una millenaria società, ha scelto la seconda soluzione (scelta che l’adolescente condivide, tra l’altro e non a caso, con i coetanei protagonisti di Non uno di meno e La locanda della felicità di Zhang Yimou). Nella realtà forse sarebbe successo il contrario.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti diddattici

Per il ritmo musicale che connota fortemente taluni passaggi filmici e per la costruzione lineare del racconto, Together with you può rappresentare un ottimo caso d’analisi per verificare, in classe o in altri luoghi formativi, gli elementi che avvicinano il linguaggio cinematografico e quello musicale: montaggio, colonna sonora, tagli dell’inquadratura, struttura narrativa, refrain e collegamenti interni al film sono spesso influenzati dai brani eseguiti dal protagonista. D’altronde, il film di Chen Kaige non è il solo che racconta di giovani talenti musicali e per questo può rientrare a pieno titolo in una rassegna sul rapporto tra musica e adolescenza: ricordiamo, tra i tanti titoli, almeno Shine di Scott Hicks, Lezioni di piano di Jane Campion, Il silenzio di Mohsen Makhmalbaf, Del perduto amore di Franco Battiato, Saranno Famosi di Alan Parker, Swing di Tony Gatlif, La musica nel cuore di Wes Craven, Prima la musica e poi le parole di Fulvio Wetzel. Marco Dalla Gassa