Central do Brasil

2009/07/17 Type of resource Film cards Topics Poverty Social marginalization Titles Rassegne filmografiche

di Walter Salles

(BRASILE, 1998)

Sinossi

Dora, ex insegnante delle elementari, si è ridotta a scrivere lettere per gli analfabeti che affollano la più grande stazione di treni e bus di Rio De Janeiro. Sono lettere di diversa natura, d’amore, d’affari, di ringraziamento, di rabbia, che raramente Dora imbuca, preferendo vendicarsi in questo modo della solitudine di cui è afflitta. Tra queste, ci sono le lettere che Ana scrive al marito Jesus, alcolizzato e sperduto in chissà quale zona del Brasile, nelle quali spiega quanto il figlio Josué abbia voglia di conoscerlo. Proprio dopo la dettatura di una lettera, Ana muore, travolta da un camion poco fuori la stazione, sotto gli occhi di Josué e della stessa Dora. Josué non ha più nessuno nella capitale e vuole a tutti i costi raggiungere il padre, e non può che affidarsi per la ricerca alla scorbutica Dora. Quest’ultima, che in un primo momento approfitta della solitudine del ragazzino per venderlo ad un losco trafficante della stazione, si ravvede grazie ai consigli dell’amica Irene circa la possibilità che Josué venga usato per il commercio clandestino di organi, si riprende con la forza il ragazzo e decide di aiutarlo nella disperata ricerca del padre. Inizia per i due un viaggio lunghissimo nel Brasile nordorientale, la parte più povera del paese, che li porterà da una parte a superare le iniziali diffidenze e a vivere un rapporto profondo, dall’altra a trovare, per il piccolo Josué, una famiglia che non aveva mai avuto prima.

Presentazione critica

Nel 1998, Central do Brasil di Walter Salles ha conteso a La vita è bella di Roberto Benigni l’oscar per il miglior film straniero, dopo aver vinto numerosi premi tra cui l’Orso d’oro al festival di Berlino e il Sundance International Award. Come nel film del comico toscano dove si narra la relazione tra un adulto e un bambino e il tentativo, da parte del più grande, di dare al più piccolo un futuro diverso dal suo (il padre cercherà, infatti, di salvare il figlio dalle brutture di un campo di concentramento), anche nell’opera dell’autore brasiliano si racconta lo sforzo di una donna matura, un’ex insegnante senza la possibilità di un futuro felice e sereno, di regalare al piccolo orfano che ha accanto un avvenire diverso e più roseo rispetto a quello meritato dalla generazione che ella rappresenta. L’infanzia, in entrambe le produzioni, in una attraverso il linguaggio della comicità, nell’altra attraverso quello della drammaturgia emozionale, è il veicolo simbolico con cui si tratteggia l’innocenza insita nelle nuove generazioni e incontaminata dalle colpe dei padri (in un caso colpevoli dell’olocausto, nell’altro della povertà di una nazione), l’elemento principale di commozione e identificazione spettatoriale. Central do Brasil racconta la storia di un viaggio che chiude in sé numerosi altri viaggi: non solo quello di Josué, dunque, alla scoperta di un padre che non conosce, che ostinatamente si immagina buono e affettuoso a dispetto delle numerose descrizioni dei conoscenti che lo vogliono alcolizzato e dedito al gioco d’azzardo, ma anche quello di Dora, in fuga da un destino che l’ha resa piena di rabbia e frustazione e alla ricerca di un padre che l’ha abbandonata e di cui invece sente, ora più che mai, il bisogno della sua vicinanza, quello dei fratelli di Josué, Moises e Isaia, anche loro ad un bivio della loro vita, titubanti se rimanere ancora appesi ad un passato che non si fa mai presente (il ritorno del padre, promesso nella lettera, ma non ancora avvenuto), o se proseguire da soli nella costruzione della loro vita, quello di Cesar con il suo tir di illusioni e paure, sicurezze e esitazioni. Central do Brasil è il film di un popolo in viaggio, di una massa di gente indistinta, ben rappresentata dalle scene ambientate nella stazione di Rio, dove migliaia di persone salgono e scendono da bus, metro, treni, che nel contempo è portatrice di piccole e significative storie anche in questo caso simboleggiate eloquentemente dai primi piani che Salles dedica alle persone che si fanno scrivere le lettere da Dora, depositaria, in quanto alfabetizzata, del loro stesso destino. Il viaggio di Dora e Josué è un itinerario che parte dal centro e va alla periferia del mondo, dalla massa al deserto e in questo modo descrive un’intera società e le sue contraddizioni. In un’operazione stilistica che si avvicina agli esempi del neorealismo, tanto che il film potrebbe essere una rivisitazione sudamericana di Ladri di biciclette, le incongruenze di un Paese sono inserite sullo sfondo dell’intreccio filmico, con la consapevolezza di metterle, in tal modo, ancora più in rilievo. I temi sono molteplici: l’ingiustizia (si pensi alla fredda e sommaria esecuzione del ladro), la povertà, il commercio di bambini e di organi, la devozione religiosa, superstiziosa, liturgica, quasi pagana, l’analfabetismo. Quest’ultimo tema è senz’altro il più graffiante del film. L’iterazione delle scene dove povere persone affidano ad una sconosciuta le proprie sofferenze, le proprie gioie, vale a dire la propria vita e la stessa speranza che ripongono nella forza della parola scritta, che per magia sopravvive a loro e cambia il destino di un’esistenza (sono molti coloro che mentono nelle lettere per superare le proprie debolezze o apparire in maniera differente), descrivono, meglio di tanti discorsi o immagini toccanti, il Brasile. Il desiderio di essere altro è l’impulso che spinge la gente a muoversi, a pregare, a rubare, a scappare. E questo stimolo al cambiamento è principalmente sulle spalle di Josué, della sua giovane età, della sua paradossale possibilità di cominciare da capo senza impedimenti, una possibilità di ricominciare che è preclusa a tutti gli altri a cominciare da Dora – interpretata da una bravissima Fernanda Montenegro, vicina alle performance di attrici come Anna Magnani e soprattutto Giulietta Masina, cui è simile anche nell’aspetto – la cui lettera finale è una sorta di testamento, inteso nel suo senso più nobile di richiesta di ricordo, di lotta contro l’oblio. Marco Dalla Gassa

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