Presentato il report Ocse sull’istruzione nel mondo

2022/10/07 Type of resource: Topics: Titles:

È online, sul sito dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), il nuovo report Education at a Glance 2022, la principale fonte internazionale che ogni anno fornisce una comparazione delle statistiche nazionali grazie alle quali misurare lo stato dell’istruzione nel mondo. Il rapporto analizza i sistemi educativi dei 38 Paesi membri dell’Ocse, più Argentina, Brasile, Cina, India, Indonesia, Arabia Saudita e Sud Africa.

Oltre a un capitolo sull’impatto della crisi Covid-19, l’edizione di quest’anno include un focus sull’istruzione universitaria. Altri indicatori comprendono: la spesa pubblica e privata per l’istruzione; i vantaggi economici e di guadagno dell’istruzione; l’ingresso e il conseguimento del diploma di istruzione universitaria; gli stipendi dei dirigenti scolastici; le dimensioni delle classi, gli stipendi degli insegnanti e i tempi dedicati all’insegnamento.

La pubblicazione e i principali dati sull’Italia sono stati presentati il 3 ottobre scorso, nel corso di un evento organizzato da Ocse, Fondazione Agnelli e Save the Children - in contemporanea con la presentazione internazionale di Education at a Glance 2022 -, che si è svolto a Roma nella sede di Save the Children, in Piazza San Francesco di Paola 9.

Per quanto riguarda l’Italia, il report anche quest’anno conferma un quadro di criticità dell’istruzione, ma allo stesso tempo sottolinea aspetti che nel confronto internazionale emergono come punti di forza.

In riferimento alle criticità, i dati evidenziano che fra il 2000 e il 2021 i livelli di istruzione in Italia sono cresciuti più lentamente della media dei paesi Ocse. La quota di giovani fra i 25 e i 34 anni con un titolo di istruzione universitaria è salita infatti di 18 punti percentuali (dal 10% nel 2000 al 28% nel 2021) rispetto a un aumento in media di 21 punti percentuali. L’Italia resta uno dei 12 Paesi Ocse in cui la laurea non è ancora il titolo di studio più diffuso in questa fascia di età.

«Un ritardo abbastanza preoccupante – si spiega nel sito di Save the Children -, specialmente se si considera che in tutti i paesi Ocse avere un titolo di studio terziario conviene perché garantisce migliori livelli di occupazione e retribuzione. È vero, tuttavia, che il beneficio economico in Italia risulta minore che in altri contesti: nei paesi Ocse in media un laureato nell’arco della vita lavorativa (25-64 anni) guadagna il doppio di chi non ha un titolo di istruzione secondaria superiore; in Italia questo vantaggio è molto meno cospicuo: 76% in più».

Un’altra criticità messa in luce dal report è la crescita del numero già elevato di Neet, giovani adulti che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo. Dopo essere salita al 31,7% durante la pandemia nel 2020, la quota di Neet tra i 25 e 29 anni in Italia ha continuato ad aumentare fino al 34,6% nel 2021. Tale quota è diminuita tra il 2019 e il 2020 dal 28,5% al 27,4% per i giovani tra 20 e 24 anni, ma è poi aumentata fino al 30,1% nel 2021.

Fra i punti di forza, invece, emerge l’elevata percentuale di bambini fra i 3 e i 5 anni che frequentano la scuola dell’infanzia (92%), un dato che colloca il nostro Paese al di sopra della media Ocse, anche se bisogna ricordare che il monte ore di insegnamento dell’Italia è inferiore alla media europea (rispettivamente 945 e 1071 ore), con una minore offerta oraria nelle regioni meridionali. Nei successivi gradi di istruzione il monte ore (744 alla primaria, 608 alle secondarie di primo grado e 608 alle superiori) risulta comunque di poco sotto la media Ue (rispettivamente 740, 659 e 642), anche se sono presenti in Italia forti disuguaglianze territoriali nell’offerta di tempo pieno nei gradi inferiori, con le regioni del Sud in netto svantaggio rispetto a quelle del Nord.

La pubblicazione è disponibile nella pagina dedicata.

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