La pandemia da Covid-19 ha portato a una limitazione dei diritti fondamentali per le donne e i bambini nel mondo, con un fortissimo impatto negativo sull’accesso all’istruzione. Il WeWorld Index 2020, ricerca realizzata dalla onlus WeWorld, considera 172 paesi, comparando le condizioni e la qualità della vita di donne e bambini e stilando una classifica mondiale che va dagli Stati con miglior livello di inclusione a quelli caratterizzati da gravissima esclusione. L’edizione di quest’anno è arricchita da un focus dedicato all’educazione.
La classifica finale del WeWorld Index è stata ottenuta valutando le condizioni di vita dei soggetti più a rischio esclusione, donne e bambini, attraverso l’analisi di 34 indicatori raggruppati in 17 dimensioni che si riferiscono a quattro elementi: salute, istruzione, economia e società, oltre al contesto ambientale e culturale. Nell’Index 2020 le conseguenze della pandemia sono state prese in considerazione aggiungendo tre nuovi indicatori, che misurano l’impatto del Coronavirus sulla salute, l’educazione e l’economia.
La Norvegia, seguita al secondo posto da Finlandia, Islanda e Svezia, si riconferma prima in classifica. Nel complesso, i paesi dell’Europa centrale e settentrionale, oltre a Nuova Zelanda, Canada e Australia, sono ancora nelle posizioni più alte, come lo sono stati fin dall’inizio della serie dell’Index. Tutti i paesi africani nella zona del Sahel, più la Repubblica Centrafricana e la Repubblica Democratica del Congo e i due paesi asiatici Yemen e Afghanistan (rispettivamente al 162esimo e 165esimo posto) sono classificati nelle ultime posizioni. All’ultimo posto c’è il Sud Sudan preceduto da Ciad e Repubblica Centrafricana, che per la prima volta non occupa l’ultima posizione.
«Tra le tante disuguaglianze evidenziate dall’emergenza Covid-19 – si legge nel sito di WeWorld -, l’accesso all’istruzione è una delle più evidenti. Nel marzo 2020 la maggior parte dei Paesi ha introdotto la chiusura a livello nazionale di servizi di istruzione alla prima infanzia, scuola e università, colpendo oltre il 91% della popolazione studentesca mondiale, più di 1,5 miliardi di alunni. Per mitigare l’impatto della chiusura delle scuole, i governi di tutto il mondo hanno implementato programmi di apprendimento a distanza su radio, televisione e attraverso lezioni online. Tuttavia, fare affidamento solo su questo mezzo ha aggravato le disuguaglianze, essendo l’accesso a Internet non egualmente disponibile per tutte le classi sociali e nelle diverse aree geografiche. A livello globale, solo il 55% delle famiglie dispone di una connessione Internet: nel mondo sviluppato l’87% è connesso, rispetto al 47% nei Paesi in via di sviluppo, e solo il 19% nei Paesi meno sviluppati».
I dati della ricerca evidenziano che i paesi in cui donne e bambini stanno subendo forme di esclusione sono 110 su 172; tra il 2015 e il 2020 il numero di quelli al di sotto del punteggio medio del WeWorld Index è aumentato del 5% (ipotizzando un trend costante per i prossimi 10 anni, entro il 2030 i paesi al di sotto della media saranno aumentati del 15%).
Da alcune stime emerge un aumento del 25% della violenza contro le donne durante il lockdown in quei paesi in cui sono in atto sistemi di segnalazione.
Fino a 85 milioni di bambini in più sono a rischio di violenza fisica, sessuale o emotiva rispetto a prima dell’epidemia, a seguito dei mesi di lockdown globali, e oltre 11 milioni di ragazze potrebbero non tornare a scuola dopo la crisi del Covid-19, rimanendo esposte al rischio di gravidanze precoci, abusi e matrimoni forzati.