Minori stranieri: i dati del Rapporto sulle migrazioni 2016 della Fondazione Ismu

2016/12/13 Type of resource: Topics: Titles:

Aumentano i minori stranieri non accompagnati giunti via mare: al 31 ottobre 2016 se ne contano 23mila contro i 12.360 dell'intero anno 2015. Negli ultimi anni la natalità degli stranieri è scesa gradualmente: dagli 80mila nati del 2012 (massimo raggiunto) si è passati infatti a 78mila nati del 2013, ai 75mila del 2014 fino ai 72mila del 2015. I dati, tratti dal Ventiduesimo Rapporto sulle migrazioni 2016 della Fondazione Ismu, fanno riflettere su un fenomeno in continua crescita, che pone l'Italia e gli altri Paesi dell'Unione europea di fronte a sfide molto complesse.
La pubblicazione è stata presentata il primo dicembre scorso, a Milano, in un convegno a cui sono intervenuti, fra gli altri, Vincenzo Cesareo e Gian Carlo Blangiardo, rispettivamente segretario generale e responsabile del Settore monitoraggio dell'Ismu, e Mario Morcone, capo Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.
«Nonostante l'abbassamento della natalità», si spiega nel comunicato stampa diffuso dalla fondazione in occasione del lancio del rapporto, «il contributo della popolazione straniera allo svecchiamento della popolazione rimane comunque importante, quand'anche non risolutivo. D'altra parte gli immigrati infatti si stanno sempre più adattando al modello riproduttivo della società italiana. Basti ricordare che mentre nel 2008 il valore medio della fecondità tra le donne straniere era stimato in 2,65 figli per donna, nel 2012 si era ridotto a 2,37 ed è scivolato nel 2014 sotto la soglia dei due figli (1,97), scendendo poi a 1,93 nel 2015. I dati quindi dimostrano che la prevista rivoluzione delle culle, che qualcuno teorizzava, si è rivelata una falsa aspettativa».
Altri dati evidenziano che i minori stranieri non accompagnati rappresentano circa il 14% di tutti gli arrivi via mare, mentre costituivano l'8% nel 2015 e il 7,7% nel 2014.
Nel volume si parla anche di studenti stranieri (elaborazioni sugli ultimi dati Oecd ed Eurostat). Il rapporto considera vari aspetti, fra i quali la dispersione scolastica e il fenomeno dei cosiddetti Neet (giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano né frequentano percorsi di istruzione e formazione).
L'abbandono dei percorsi scolastico-formativi, un problema particolarmente grave nell'Ue28, è molto diffuso fra i ragazzi di origine immigrata. Si registra un trend di riduzione dei giovani Esl (Early school leavers), ovvero di coloro in età tra i 18 e i 24 anni che non sono in possesso di un titolo di istruzione secondaria superiore o di una qualifica professionale e non sono inseriti in percorsi scolastico-formativi. Nonostante il miglioramento progressivo, la percentuale di Esl fra gli stranieri è ancora doppia rispetto ai nativi: nel 2014 nei Paesi dell'Ue28 tra gli autoctoni si riscontra l'11,2% di Esl, dato che sale al 23,4% fra gli stranieri. Fra i Paesi considerati, la situazione più grave è quella spagnola con oltre il 40% di Esl fra i giovani immigrati di 18-24 anni, seguita dall'Italia (35% circa, contro il 15% degli autoctoni), e su livelli simili (intorno al 26%) da Grecia e Portogallo. «Più che dalle condizioni del mercato del lavoro, dagli alti livelli di disoccupazione giovanile e dagli effetti drammatici della crisi, l'abbandono scolastico in Italia è spiegato da fragilità interne del sistema scolastico-formativo, legate all'alta selettività delle scuole secondarie di secondo grado, alla significativa differenziazione degli indirizzi e alla mancanza di adeguati strumenti di orientamento scolastico».
Dal 2010 al 2014 il fenomeno dei Neet è rimasto piuttosto stabile per quanto riguarda il valore medio Ue, sia per gli autoctoni (attorno al 14%), sia per gli stranieri (23%). Nel 2014 ad avere il tasso più elevato di Neet migranti tra i Paesi del Sud è la Grecia (36%), seguita dall'Italia (34,7%) e dalla Spagna (33,2%), con valori molto più alti della media Ue (23%). «Il dato rilevante non riguarda però tanto l’andamento nel tempo, quanto la forte consistenza dei giovani stranieri in questa categoria a rischio, a fronte di una percentuale più contenuta fra gli autoctoni». (bg)