Affidamento familiare: le Linee d’indirizzo nazionali

L’approvazione delle attese Linee di indirizzo nazionali per l’affidamento familiare[1] (che hanno per oggetto l’istituto dell’affidamento così come individuato dalla L. 184/1983), può essere considerato un fondamentale passaggio per riuscire a perseguire il mandato legislativo della legge 149/2001 quello cioè di garantire il diritto fondamentale dei minori a crescere nell’ambito del proprio nucleo familiare. Negli anni, infatti, è emerso dai pochi dati disponibili che hanno permesso di comparare nelle diverse aree del Paese la situazione dei bambini fuori famiglia e il relativo uso dell’affidamento familiare, una diffusione fortemente diversificata di tale istituto sul territorio nazionale: scarsa se non pressoché assente nelle zone che hanno preferito continuare a ricorrere all’inserimento dei minori in comunità e diffuso praticato nelle zone dove si è lavorato per incrementarne la diffusione. Infatti, nonostante lo sviluppo di numerose buone pratiche di affido nelle varie Regioni non si è riusciti ad ovviare al problema del mancato accompagnamento alla legge di azioni programmatorie e normative “capillari”. Si è sentita in tal modo l’urgenza di creare uno strumento d’indirizzo che fosse omogeneo sull’intero territorio nazionale per tutelare, proteggere e intervenire in favore dei minori chiarendo, allo stesso tempo, che “le linee di indirizzo non si sostituiscono alle legislazioni regionali che hanno regolamentato l’applicazione dell’affidamento familiare sui territori” ma, al contrario, “offrono un quadro di riferimento complessivo rispetto ai principi, contenuti e metodologie di attuazione organizzato all’interno del documento nella forma delle “raccomandazioni” che andranno a costituire un riferimento unitario per gli amministratori regionali e locali, per gli operatori e per i cittadini interessati a migliorare e qualificare l’affidamento familiare”.

Le linee d’indirizzo sono state concepite con una particolare struttura funzionale al loro scopo: ogni argomento corrisponde un obiettivo, e per ciascun approfondimento sono state individuate una o più raccomandazioni esplicitate in una o più indicazioni operative che in maniera dettagliata presentano la metodologia o gli strumenti da utilizzare per il raggiungimento degli obiettivi. Dei tre capitoli presi in esame, e deirelativi obiettivi perseguiti[2], il secondo capitolo descrive le caratteristiche dell’istituto dell’affidamento familiare che - per rispondere alle diverse condizioni dei minori (e delle loro famiglie) quando versano in gravi difficoltà – prevede una pluralità di forme di affidamento al fine di rispondere in modo il più possibile mirato ai diversi bisogni che via via si presentano. L’obiettivo in evidenza in questo capitolo è quello di fornire agli operatori (in un contesto normativo in cui le forme di accoglienza non vengono descritte nel dettaglio) dei criteri che “permettano di distinguere tra quelle che possono ricondursi all’istituto dell’affidamento familiare e le forme spurie che solo nominalmente possono essere ricondotte all’affido, in quanto si sostanziano in un intervento di accoglienza diverso”.

Tra le tipologie di affidamento familiare prese in esame, il paragrafo 220 comprende una forma particolare di affidamento familiare “in situazioni di emergenza” (paragrafo 224.b) per bambini di età compresa tra gli 0 e i 10 anni coinvolti in situazioni improvvise e gravi da richiedere un intervento immediato: nella corrispondente raccomandazione (224.b.1) si specifica che spetta alle Amministrazioni competenti, attraverso i propri Servizi sociali e sanitari, con la collaborazione delle associazioni e delle reti familiari, realizzare “attività specifiche per promuovere, formare e sostenere un gruppo di persone disponibili ad interventi di accoglienza temporanea ed immediata”.

Un’altra forma di affidamento familiare che prevede un progetto ben definito è quella per  adolescenti che hanno superato i 18 anni(paragrafo 224.c): nella specifica raccomandazione (224.c.2), è indicato che al termine del progetto il ragazzo abbia più di una possibilità: permanere nella famiglia affidataria,  rientrare nella famiglia d’origine o avviare un percorso di vita autonoma. Per quanto concerne l’indicazione operativa, invece, è scritto che le amministrazioni sostengono, in varie forme, le famiglie affidatarie che continuano ad accogliere l’adolescente che ha raggiunto la maggiore età riconoscendo, nel caso in cui il progetto sia finalizzato all’autonomia, un contributo per le spese connesse al progetto come, per esempio, una cauzione per l’alloggio e le spese per l’affitto per alcuni mesi, etc.

 

Tessa Onida

 

[1] Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Linee d’indirizzo per l’affidamento familiare.  Queste linee d’indirizzo nascono dal progetto nazionale Un percorso nell'affidosviluppatosi dal confronto di un gruppo di lavoro formato da operatori ed esperti dei diversi livelli istituzionali con l’obiettivo di incentivare l’apertura delle famiglie e della comunità all’affidamento familiare, consolidando, o costituendo quando mancanti, tutti quei servizi di supporto in grado di sostenere le famiglie ed i bambini durante l’esperienza.

[2]Il primo capitolo definisce i soggetti coinvolti dall’istituto dell’affidamento familiare, le relative azioni di supporto e le forme di coordinamento finalizzate alla costruzione di reti tra servizi, famiglie e associazionismo; il terzo capitolo pone l’attenzione sul percorso di affidamento fin dalle fasi di promozione e dell’informazione che hanno l’obiettivo di stimolare e far maturare nuove “risorse familiari” disponibili a realizzare i progetti di affidamento familiare e di ampliare la consapevolezza e la conoscenza rispetto a cosa sia realmente questo istituto e su come funzioni.