Le cronache di Narnia. Il leone la strega e l'armadio

regia di Andrew Adamson

(USA/Gb, 2005)

 

Sinossi

Nel corso della seconda guerra mondiale i quattro fratelli inglesi Lucy, Edmund, Susan e Peter Pevensie sono costretti dal pericolo dei bombardamenti a trasferirsi nella casa di campagna di un ricco e bizzarro professore che ha offerto loro ospitalità. Giocando a nascondino nell’enorme dimora entrano per caso nel mondo di Narnia passando attraverso un armadio magico. Narnia è una terra affascinante, abitata da animali parlanti, fauni, centauri, nani e giganti che, tuttavia, sono minacciati dall'inverno che da anni e anni grava sul reame. A scatenare il freddo è stata la malvagia Strega Bianca Jadis che, secondo una profezia, potrà essere sconfitta soltanto grazie all’intervento di quattro ragazzini (gli stessi Pevenise, ovviamente), guidati dal nobile e mistico leone Aslan. Al termine di una serie di avventure emozionanti i bambini riusciranno a sconfiggere la Strega Bianca nel corso di una spettacolare battaglia che libererà per sempre Narnia dalll’incantesimo di Jadis.

Presentazione critica - Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

C’è guerra e guerra?

Come il più illustre collega J. R. R. Tolkien anche C. S. Lewis era convinto di poter diffondere il Cristianesimo attraverso allegorie e simboli che, mantenendo l'essenza del messaggio cristiano, potessero avvicinarlo ai bambini e agli adolescenti. Le cronache di Narnia ripropongono, infatti, la perenne lotta tra il bene e il male attraverso un racconto concepito per un pubblico di bambini e adolescenti a suo modo emozionante (e che, nel caso del film di Adamson, si fa anche spettacolare, pur senza eccellere), tuttavia all’interno di una narrazione ricchissima di simboli ed elementi che si rifanno in maniera diretta al cristianesimo. Riferimenti che divengono via via più stringenti (ed ingombranti) man mano che il film procede verso la conclusione, lasciando alla prima parte – decisamente la più riuscita – le atmosfere ambigue da favola gotica (si pensi alla sequenza bellissima dell’amicizia tra il fauno e la piccola Lucy) per abbracciare nel finale la più scontata dicotomia bene/male. In questo modo le figure dei quattro giovani protagonisti si appiattiscono su un modello alquanto stereotipato di eroe positivo senza macchia e senza paura perdendo quelle sfumature che ne facevano dei personaggi godibili e pienamente credibili. Se da un lato il testo di origine condiziona ovviamente la messa in scena con i suoi simboli e il messaggio di cui questi si fanno portavoce, dall’altro le esigenze di sintesi del racconto cinematografico rendono troppo veloci e scontati i passaggi della seconda parte che portano i quattro protagonisti a schierarsi sotto le insegne del bene e ad abbracciare la guerra come opzione inevitabile.

Nelle prime drammatiche sequenze del film di Andrew Adamson i quattro fratelli Pevensie sono vittime di un bombardamento aereo nel corso del quale la loro casa viene distrutta. A questo dolore si aggiunge il timore per la vita del padre impegnato al fronte del quale non hanno notizie da molto tempo. La guerra è, dunque, ciò da cui i protagonisti fuggono trovando asilo presso l’abitazione di un ricco professore e, successivamente, scoprendo l’armadio, una porta capace di portarli in un’altra dimensione, apparentemente lontana dalle brutture del conflitto. Apparentemente, perché proprio i quattro fratelli vengono indicati come i salvatori del reame di Narnia, gli unici che possano liberarla dall’incantesimo della strega Jadis, i soli che, impugnando le armi, possano condurre l’esercito del bene alla vittoria. La guerra reale, mostrata in tutta la sua violenza e assurdità nelle prime sequenze, trasportata nel favoloso mondo di Narnia, diventa un circostanza ineludibile e, ovviamente, giusta. Una guerra alla quale i ragazzi aderiscono supinamente, abbracciando senza esitazioni il bene contro il male che, incarnato nelle seducenti fattezze della strega, ha trascinato dalla sua parte anche uno di loro, il più giovane Edmund, che ha tradito i propri fratelli e l’esercito di Aslan, in cambio di un po’ di dolci.

Il racconto si ammanta, così, di un manicheismo abbastanza ipocrita che non ammette dubbi o esitazioni e che spazza dal campo l’opzione della neutralità o, magari, il tentativo di fermare gli eserciti contrapposti. Il ruolo dei quattro protagonisti, che, nella prima parte del film è determinante per evidenziare i dolori che può portare una guerra specie per chi è più giovane e che, attraverso la scoperta e la fuga nell’armadio sembrano voler cercare rifugio all’interno di una dimensione non contaminata dai compromessi del mondo reale, si riduce a quello di meri esecutori di un destino già scritto. In questo modo, se il personaggio che ispira più tenerezza è quello di Lucy, la minore, curiosa (è lei a scoprire il passaggio) e leale, quello che muove più a simpatia è Edmund, il più umano tra i fratelli, colui che, con ingenuità, cedendo alle offerte della strega, tradisce gli amici e i fratelli. Attraverso la sua figura in chiaroscuro (che, tuttavia, nella seconda parte del film, uniformandosi, subisce la stessa banalizzazione dei fratelli) emerge un’immagine dell’infanzia certamente meno eroica ma più vicina al sentire del giovane pubblico al quale il film si rivolge. Di fronte ai suoi fratelli che, fin da subito leali con il bene, ricevono in premio da Babbo Natale in persona spade, archi e scudi per combattere la guerra giusta contro il male, Edmund che si vende alla strega per qualche leccornia, risulta decisamente meno edificante sotto il profilo morale ma di certo più credibile e sincero.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Il tema della guerra che, come s’è visto, attraversa il film dall’incipit al finale, affrontato attraverso la rappresentazione fantastica in Le cronache di Narnia, torna in molti altri film di ambientazione realistica che fanno riferimento a figure e fasi storiche realmente esistite. La guerra in quanto gioco – per quanto pericoloso e crudele – emerge in Anni ’40 di John Boorman, ambientato in Inghilterra durante la seconda guerra mondiale e tratto dalle esperienze dello stesso regista, all’epoca un bambino come tanti in balia dei bombardamenti e afflitto dalla mancanza di generi di prima necessità. Qui la tragedia della guerra viene esorcizzata non già attraverso fughe nel fantastico ma, più semplicemente, per mezzo di un rovesciamento di prospettiva che dona agli eventi, anche ai più tragici, un carattere regressivo ed infantile. Se con il film di Adamson siamo di fronte all’adultizzazione di quattro ragazzini in virtù di una guerra ritenuta giusta, Anni quaranta ha il merito di ridimensionare la guerra al suo carattere di assurdo gioco degli adulti che purtroppo coinvolge anche i più piccoli. La guerra come gioco la ritroviamo – ma in forme molto più tragiche – nella vicenda di un giovane collaborazionista raccontata da Louis Malle in Cognome e nome: Lacombe Lucien, in quella del protagonista adolescente prigioniero in un campo di detenzione giapponese di L’impero del sole di Steven Spielberg, nel pluripremiato La vita è bella di Roberto Benigni (dove un padre deportato in campo di sterminio riesce a mascherare l’orrore della shoah agli occhi del figlioletto facendogli credere che si tratta di un grande gioco a premi), nell’ormai datato Wargames – Giochi di guerra di John Badham dove due liceali mettono in crisi il sistema di sicurezza statunitense rischiando di scatenare un conflitto mondiale, in West Beyrouth di Ziad Doueiri, nel quale due adolescenti affrontano spensieratamente la guerra civile in Libano del 1975, Il labirinto del Fauno di Guillermo Del Toro nel quale una bambina, per sfuggire agli orrori della guerra civile spagnola si rifugia in un mondo da fiaba parallelo a quello reale.

Il tema della “guerra giusta” è centrale nell’economia narrativa e nell’immaginario prodotto da Le cronache di Narnia: è auspicabile una discussione e soprattutto una riflessione in classe sul tema dei conflitti che ripercorra, a partire dalle vicende del Ventesimo secolo, il senso che hanno avuto le diverse guerre nel corso della storia e se in alcuni casi i conflitti siano stati, effettivamente, l’unica soluzione per uscire dalle situazioni di crisi politica, sociale ed economica.

Sarebbe inoltre interessante analizzare il film dal punto di vista dei simboli messi in campo per narrare le vicende dei quattro fratelli, concentrandosi sul loro eventuale significato religioso, ovvero rintracciare nel corso della narrazione metafore cristologiche o comunque di ispirazione cristiano-cattolica. A tal proposito risulterebbe proficuo un confronto con il film di Chris Weitz La bussola d’oro (USA, 2007) tratto dal romanzo di Philip Pullman Queste oscure materie, scritto come risposta laica al libro di C. S. Lewis, anch’esso ricchissimo di simboli che alludono a un’immaginaria palingenesi dell’umanità. La discussione potrà essere orientata verso un dibattito sulla legittimità di far “passare” un messaggio religioso attraverso un romanzo per ragazzi.

 

Fabrizio Colamartino

 

Approfondimenti:

Trailer 

Scheda sulla serie di sette romanzi Le cronache di Narnia

Scheda su C. S. Lewis autore del romanzo Le cronache di Narnia

 

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