regia di Wilma Labate
(Italia, 2001)
Sinossi
A Napoli, l’ispettore di Pubblica Sicurezza Sciarra è convocato dal commissario, che gli chiede di adempiere ad una delicata missione: lo stupratore di una ragazzina senza famiglia, Domenica, è stato arrestato, ma all’alba, durante l’interrogatorio, si è suicidato gettandosi da una finestra; Sciarra, che è a conoscenza del caso, dovrebbe convincere Domenica a fare il riconoscimento e firmare il verbale. L’ispettore accetta e si reca all’orfanotrofio, dove trova la ragazzina non a scuola, bensì in una chiesa a seguire un corso di recitazione. Domenica rifiuta con intransigenza la richiesta di Sciarpa, anche quando questi, mentre la accompagna a rendere omaggio alla salma di una ricca contessa, insiste nella sua richiesta. Così, durante la visita, mentre il commissario la attende fuori, la ragazzina ne approfitta per allontanarsi da un’uscita secondaria del palazzo e andarsene a giro per negozi.
L’ispettore si reca allora da Betibù, una giovane donna un tempo sua informatrice ed amante, che gestisce un malfamato ristorante, per chiederle dove può ritrovare Domenica; Betibù conosce da tempo la ragazzina. Alla fine del loro incontro, Sciarra rivela alla donna di essere gravemente malato e di avere un’aspettativa di vita di pochi mesi e per questo ha deciso di partire appena adempiuto il suo incarico per recarsi da sua sorella, in Sicilia. Intanto Sciarpa, su indicazione di Betibù, ritrova Domenica alle giostre e stavolta la esorta con determinazione a seguirlo all’obitorio. Giunti in una piazza, l’ispettore si addormenta su una panchina. Ritrova, poi, la ragazzina nel magazzino del locale di Betibù: Domenica è in compagnia di un giovane arabo, che Sciarra malmena, non comprendendo che tra i due vi è un rapporto affettuoso. All’obitorio, Domenica non riconosce nel morto il suo violentatore. Sciarra, osservando la salma, scopre la verità: il morto non è lo stupratore di Domenica, ma un’altra persona, accusata di aver ammazzato una guardia di Poggioreale e uccisa dalla polizia nel tentativo di farla confessare: la ragazzina è stata messa in mezzo per insabbiare la vicenda. La giornata è giunta al termine: sul molo, Sciarra e Domenica si salutano con reciproca commozione, poi l’uomo sale sulla nave che lo condurrà definitivamente in Sicilia.
PRESENTAZIONE CRITICA
Introduzione al film
Bambini e adolescenti allo sbando: una nota sul cinema italiano
Il tema del disagio adolescenziale è caro al cinema italiano dai tempi del neorealismo, e conosce nuova linfa dall’inizio degli anni Novanta con i due film di Marco Risi Mery per sempre (Italia, 1989) e Ragazzi fuori (Italia, 1990), lavori che, in opposizione al sostanziale disimpegno del decennio precedente, svelano le drammatiche realtà di un mondo giovanile devastato dall’invadenza del crimine organizzato. A conferma della pari importanza che, nella storia del cinema, altre figure professionali assumono spesso rispetto al regista, la rappresentazione del disagio adolescenziale diviene più comprensibile se si tiene presente l’evoluzione di due importanti sceneggiatori come Sandro Petraglia e Stefano Rulli: entrambi, infatti, collaborano alla sceneggiatura di Mery per sempre, e solo il primo lavora insieme a Wilma Labate a Domenica.
In particolare, l’interesse di Petraglia non è esclusivamente orientato alla rappresentazione delle nefaste influenze del crimine organizzato, ma si amplia, ad esempio per toccare temi che riguardano più profondamente l’individuo, come la solitudine, l’incomprensione da parte degli adulti, le difficoltà della crescita (in La guerra degli Antò, Italia, 1999, di Riccardo Milani e, più ampiamente riguardo l’universo giovanile, nell’affresco di La meglio gioventù, Italia, 2003, di Marco Tullio Giordana), la diversità nella forma della disabilità (in Le chiavi di casa, Italia, 2004, di Gianni Amelio), in sintonia con quanto espresso in quel Matti da slegare (Italia, 1975) diretto, oltre che da Petraglia e Rulli, da Silvano Agosti e Marco Bellocchio, in cui il tema della malattia mentale accompagna una più ampia riflessione sul ruolo, presentato finalmente con le sue notevoli problematiche, del singolo nella società.
L’influenza di questo importante film degli anni Settanta tocca anche Domenica, in cui un apparato simbolico descrive le attitudini della piccola protagonista, profondamente differenti rispetto a quelle del mondo che la circonda. Wilma Labate (1949), regista romana laureata in filosofia, da sempre attenta alle problematiche degli adolescenti e dei giovani (si veda, ad esempio, il suo primo lungometraggio, Ambrogio, Italia, 1992, storia di una ragazza che, negli anni Cinquanta, vorrebbe diventare capitano della marina italiana), si fa complice appassionata del percorso di Petraglia, con una regia che saggiamente evita gli effetti fini a se stessi: l’uso della steadicam appare sempre controllato, e, nella seconda parte del film, si rilevano almeno due pregevoli panoramiche (la prima al termine della sequenza in cui Sciarra e Domenica attraversano una via malsicura, la seconda quando la macchina da presa conclude il suo movimento sull’ispettore addormentato su una panchina).
IL RUOLO DEL MINORE E LA SUA RAPPRESENTAZIONE
Napoli: il minore nel degrado sociale
Domenica è poco più di una bambina. È stata violentata. Affidata ad una famiglia, dopo pochi mesi, a causa del suo temperamento ribelle, è stata rimandata all’orfanotrofio. Marina spesso la scuola, raccoglie le offerte per l’istituto ma su di esse fa la cresta, si diverte a far eccitare i suoi coetanei maschi, che in sua presenza si masturbano (in una sola sequenza del film, peraltro molto casta). Domenica è vittima sia di una società degradata dalla quotidiana convivenza col crimine organizzato, sia di una cultura consumistica che impone i suoi modelli basati sull’esteriorità e i suoi luoghi comuni (significativa, in tal senso, la sequenza in cui Domenica, di fronte alla scintillante vetrina di un negozio di abbigliamento, si scatena al suono di Angelo, canzone dei Prozac+ che descrive, pur criticandolo negativamente, il modello del macho).
Come in quasi ogni film sceneggiato da Petraglia, l’accento viene posto sulla “diversità” di un personaggio principale, in questo caso Domenica, nei confronti dei valori che lo circondano. L’apparato simbolico utilizzato si basa, in primo luogo, sulla ripresa dello schema di Ladri di biciclette (1948, Italia) di Vittorio De Sica, in cui l’attenzione si focalizza sulla graduale, reciproca conoscenza che si instaura tra padre e figlio, fino al compimento di un percorso di crescita attraverso cui i due personaggi divengono uomini consapevoli del rapporto paritario e maturo che si stabilisce tra loro. Nel film della Labate avviene qualcosa di simile: all’inizio, Domenica è ostile a Sciarra, ma nel corso del film vi si affeziona, e la sua ostilità si trasforma nella dedizione di una figlia premurosa verso un padre di cui intuisce la malattia (si veda la sequenza in cui Sciarra si sente male, e la ragazzina gli fa un massaggio ai piedi). Lo stesso avviene per Sciarra, i cui atteggiamenti somigliano sempre di più a quelli di un padre preoccupato (quando, ad esempio, sorpende Domenica col giovane arabo e malmena quest’ultimo credendo che intendesse farle del male). Nel finale, sul molo, le lacrime della ragazzina sanciscono l’instaurazione del nuovo e più profondo rapporto.
Sia Sciarra sia Domenica, inoltre, incarnano valori differenti rispetto ai loro ambienti: lui, trasandato e disilluso, è, semplicemente, uno dei tanti figli del Serpico (id., USA, 1974) di Sidney Lumet; la “diversità” di Domenica è, invece, rappresentata con efficaci riferimenti all’ambito del simbolico. La ragazzina, all’inizio del film, sta preparando una recita nella quale interpreta la parte di Santa Oliva: mentre si dirigono al palazzo della contessa, Domenica informa Sciarra di quest’esperienza, dilungandosi sulla sorte avversa della santa. Pochi attimi prima, dal fioraio, Domenica si era posta sul capo una ghirlanda di fiori, richiamando la tradizione iconografica che prevede tale ornamento sul capo delle sante. Come Santa Oliva, Domenica subisce il male del mondo, ma ad esso, a conferma di un percorso basato sul modello simbolico della santità, restituisce affetto e solidarietà: quest’ultimo aspetto è ben rappresentato nella bella sequenza in cui Domenica fa il bagnetto ad Artù, un bimbo autistico (sequenza che, tra l’altro, conferma quanto la disabilità sia tra i temi centrali dell’ispirazione di Petraglia).
Sempre in sintonia col modello neorealista, infine, la macchina da presa sta in più di una sequenza addosso al personaggio di Domenica, applicando i principi del “pedinamento” zavattiniano; e, in modo simile a Ladri di biciclette, lo sguardo della regista ci conduce alla “scoperta” della città, mostrandoci, di essa, le buie strade interne, i cortili in cui la vegetazione cresce tra il lastrico e i muri. Come recentemente hanno fatto Antonio Capuano, i fratelli Frazzi e Antonietta De Lillo, anche Wilma Labate non rinuncia a portare sullo schermo un piccolo paisà, come se Napoli non si potesse conoscere se non dai suoi figli sbandati, soli, inqueiti e teneramente fieri.
RIFERIMENTI AD ALTRE PELLICOLE E SPUNTI DIDATTICI
In Domenica la camorra non è esplicitamente nominata: il crimine organizzato, però, fa avvertire la sua presenza nell’ampia descrizione del degrado in cui la piccola protagonista si muove, e a cui cerca di contrapporre i propri valori positivi. Spesso, i film, sia italiani sia stranieri, che mettono in scena vicende di adolescenti in ambienti degradati dalla malavita, si focalizzano sull’influenza nefasta che quest’ultima esercita sui ragazzi, con effetti sovente deleteri, come in Vito e gli altri (Italia, 1991), opera prima di Antonio Capuano, in Certi bambini (Italia, 2004) di Andrea e Antonio Frazzi, e in Sweet sixteen (id., Germania/Gran Bretagna/Spagna, 2002) di Ken Loach, nei quali gli adolescenti protagonisti vengono assorbiti dalla malavita.
In altri casi sono mostrati i tentativi di sottrarre i ragazzi da tali influenze, come avviene, ad esempio, in Alla luce del sole (Italia, 2005) di Roberto Faenza, storia di Giuseppe Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia nel 1993, e del suo centro di accoglienza, costituito per funzionare da punto di riferimento per gli adolescenti e impedirne il reclutamento da parte del crimine organizzato. Questi quattro film possono rappresentare, insieme a Domenica, un efficace percorso di visione: sia perché, pur mantenendo il tema del rapporto tra l’adolescente e un ambiente degradato dalla malavita, descrivono situazioni differenti rispetto alla vicenda del film della Labate, sia perché consentono il confronto tra realtà geograficamente vicine e distanti tra loro: Vito e gli altri e Certi bambini sono, infatti, ambientati a Napoli; Alla luce del sole nel quartiere Brancaccio di Palermo; Sweet sixteen nella periferia di Glasgow, in Scozia.