Ocse, rapporto sul benessere familiare

2011/05/03

Tassi di natalità e di occupazione femminile bassi e difficoltà, per le donne, a conciliare famiglia e lavoro: sono alcuni dati, relativi al nostro Paese, che emergono dal primo rapporto Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) sul benessere familiare, diffuso di recente.

Il rapporto Doing better for families traccia un quadro sulla situazione attuale, sugli obiettivi e sulle prospettive future delle politiche per la famiglia nei diversi paesi Ocse, indagando vari aspetti del tema, fra cui: la spesa per gli assegni familiari, l'assistenza all'infanzia, l'occupazione femminile e le misure di contrasto alla povertà infantile. Per quanto riguarda l'Italia, il documento rivela che il nostro Paese risulta ben al di sotto della media Ocse rispetto a tre indicatori fondamentali sulla famiglia: occupazione femminile, tasso di fertilità e tasso di povertà infantile. Il tasso di occupazione femminile, ad esempio, è pari al 48 per cento, a fronte di una media Ocse del 59 per cento. Le donne italiane, infatti, hanno più difficoltà a conciliare famiglia e lavoro delle madri di molti paesi Ocse e spesso si trovano a dover scegliere tra avere un lavoro e avere dei figli.

Bassi anche i tassi di fecondità, che intorno alla metà degli anni Ottanta si sono assestati intorno a 1,4 figli per donna. I giovani, anche per avere una condizione lavorativa più stabile, posticipano sempre di più l'età in cui hanno il primo figlio e così la probabilità di non avere figli aumenta. Secondo i dati diffusi nel rapporto, nel nostro Paese circa il 24 per cento delle donne nate nel 1965 non ha avuto figli, mentre in Francia, ad esempio, solo il 10 per cento delle donne nate nello stesso anno non ha figli. Il tasso di povertà infantile, infine, è pari al 15 per cento, ma la percentuale sale al 22 per cento quando solo uno dei due genitori ha un lavoro.

Dal documento emerge inoltre che l'Italia spende circa l'1,4 per cento del Pil per le famiglie con bambini, mentre nell'Ocse in media si spende il 2,2 per cento. Il rapporto si sofferma anche sulla flessibilità degli orari di lavoro, che, si legge in una nota che riassume alcuni contenuti del volume, «svolge ancora un ruolo limitato nell'aiutare i genitori a conciliare lavoro e famiglia: meno del 50 per cento delle imprese con 10 o più dipendenti offre flessibilità ai propri dipendenti, e il 60 per cento dei lavoratori dipendenti non è libero di variare il proprio orario di lavoro». L'alternativa è spesso un lavoro part-time, opzione scelta dal 31 per cento delle donne in Italia, ma solo dal 7 per cento degli uomini. 

Un altro aspetto indagato nel rapporto è il tempo che le donne e gli uomini dedicano al lavoro non retribuito. In Italia le prime gli dedicano molto più tempo rispetto alle donne di altri paesi Ocse (in media, più di 5 ore al giorno), mentre gli uomini si impegnano per meno di 2 ore al giorno: «la più ampia disparità di genere nei paesi Ocse dopo Messico, Turchia e Portogallo». In tutti i paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, comunque, sono sempre le donne a svolgere gran parte del lavoro non retribuito in casa, a cui dedicano quotidianamente due ore in più rispetto agli uomini.

Il rapporto contiene, infine, una serie di raccomandazioni ai governi dei paesi membri: fra queste, l'aiuto alle famiglie a conciliare tempi di vita e di lavoro mediante un sistema integrato di interventi, politiche per la famiglia che orientino la spesa destinata all'istruzione verso i primi anni di vita, incentivi al lavoro che garantiscano la partecipazione delle donne e delle madri al mercato del lavoro e misure che promuovano la parità di genere nel lavoro retribuito e non retribuito. (bg)