Primavera, Estate, Autunno, Inverno....e ancora Primavera

2010/07/21 Type of resource Film cards Topics Education Psychological development Titles Rassegne filmografiche

regia di Kim Ki-duk

(Corea del Sud/Germania, 2003)

Sinossi

Primavera. In un eremo buddista, al centro di un lago circondato dalle montagne, vivono un monaco e un giovanissimo discepolo. Il maestro gli impone una rigida educazione. Quando il bambino tortura tre animali (un pesce, una rana e un serpente) legandoli con un sasso, il monaco gli infligge la stessa punizione.

Estate. Il bambino monaco è cresciuto e ora ha circa 17 anni. La sua vita tranquilla è stravolta dall’arrivo di una di una donna assieme alla figlia adolescente malata. Il vecchio monaco accetta che la ragazza resti nel monastero in modo da poter guarire. Tra i due giovani scatta un’attrazione fisica che non riescono a controllare. Quando lei, ormai guarita, riparte, lui decide di andare via dall’eremo per seguirla.

Autunno. Il vecchio monaco vive serenamente da solo nel suo eremo e dalla pagina di un giornale viene a sapere che un giovane di circa 30 anni è in fuga dopo aver commesso un violento crimine in preda alla gelosia. L’omicida è proprio il giovane monaco che ritorna così a casa. Qui tenta il suicidio ma viene fermato in tempo. Poi il maestro costringe il giovane a incidere nel pavimento di legno del tempio l’intero testo cinese del Sutra del Cuore della Perfezione della Saggezza. Due poliziotti intanto riescono a trovare il ragazzo. Su richiesta del maestro, attendono che finisca il suo lavoro prima di arrestarlo. Poi, il vecchio monaco, decide di porre fine alla sua esistenza dandosi fuoco in una barca piena di legna.

Inverno. Diventato ormai adulto, il discepolo del maestro torna nell’eremo. Il luogo è circondato dalla neve. Un giorno arriva una donna coperta da un velo e porta con sé un bambino piccolissimo che lascia alle cure dell’uomo. Poi, mentre si allontana dal posto, muore cadendo nel lago ghiacciato.... e ancora Primavera. Il ciclo della vita riprende. Il monaco, ora diventato anziano, educa quel bambino che nel frattempo è cresciuto e tortura gli animali (una tartaruga) proprio come il suo maestro moltissimi anni prima...

Introduzione al Film

Equilibri che si spezzano

Si tratta del primo film di Kim Ki-duk a essere distribuito nelle sale italiane. Precedentemente il regista coreano si era messo in luce soprattutto nei grandi festival internazionali come Venezia (The Isle, Seom, Corea del Sud 2000; Address Unknown, Suchwiin bulmyeong, Corea del Sud, 2001) e Berlino (Bad Guy, Nabbeun namja, Corea del Sud, 2001) e aveva già attirato l’attenzione per uno stile visivo sempre profondamente riconoscibile in ogni sua opera. Apparentemente il cineasta sembra filmare la vita dei suoi personaggi e il loro rapporto con lo spazio circostante in modo oggettivo, dando l’idea di far prevalere l’elemento formale su quello contenutistico. Poi però avvengono fratture che ribaltano le situazioni e rimettono di nuovo in gioco gli equilibri esistenziali. Il modo con cui rappresenta la violenza, per esempio, è diversa da quello di un altro autore coreano conosciuto anche nel nostro paese come Park Chan-wook. Per questo regista, famoso in Italia soprattutto per la sua ‘trilogia della vendetta’ (Sympathy for Mr. Vengeance, Boksuneun naui geot, Corea del Sud, 2002; Old Boy,  Oldeuboy, Corea del Sud, 2004; Lady Vendetta, Chinjeolhan, Corea del Sud, 2005) la violenza viene filmata quasi nella sua fisicità. In Kim Ki-duk invece si manifesta in modo più sotterraneo, quasi astratto. Innanzitutto, come spesso avviene nel suo cinema, non tutti gli eventi devono essere per forza mostrati ma possono essere anche immaginati. Per esempio, nel passaggio dall’estate all’autunno il giovane monaco, ormai adulto, ritorna al monastero. Prima di scoprire che è inseguito dai poliziotti, c’è già qualcosa nel suo volto che è cambiato e questo, in qualche modo, preannuncia il crimine di cui si è macchiato. E non si tratta soltanto di una metamorfosi fisica. Lo sguardo dà l’impressione di essere profondamente mutato, ed il suo atteggiamento è più aggressivo e rabbioso rispetto a come era pacificato nella rappresentazione della sua infanzia. Certo, anche in quella stagione della sua vita, c’erano delle inquietudini nascoste (la tortura degli animali) e una sofferenza che stava dietro quella serenità esistenziale più apparente che reale. Ma, come spesso avviene nell’opera del regista l’equilibrio, sempre così fragile e soprattutto provvisorio, ad un certo punto si spezza e ciò, come si vedrà, avviene anche in opere future del regista come, per esempio, Ferro 3 – La casa vuota (Bin-jip, Corea del Sud/Giappone, 2004) e La samaritana (Samaria, Corea del Sud, 2004). Forse è più difficile rintracciare i segni del dolore e della crudeltà in Primavera, estate, autunno, inverno...e ancora primavera perché questa pellicola possiede un rigore formale assoluto. Innanzitutto l’unità di luogo. Il film è ambientato in un monastero in mezzo a un lago e questa falsa imperturbabilità dello spazio richiama la riserva di pesca con le case galleggianti di The Isle. Inoltre ogni episodio è introdotto dalla porta che si apre sul luogo che rompe, solo in quel momento, la sua immutabile impermeabilità. Il regista interpreta il monaco adulto ed entra in scena dalla stagione dell’inverno.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Le stagioni della vita e la loro circolarità

Le quattro stagioni di Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera corrispondono a quelle della vita, dalla nascita alla vecchiaia. Per quanto riguarda il nostro caso specifico, ci interessa analizzare soprattutto l’infanzia in “Primavera” e l’adolescenza in “L’estate”. Nel film il nucleo familiare è abbastanza preciso: il rapporto tra il monaco bambino e ragazzo e quello adulto corrisponde alla relazione tipica padre-figlio ma, al tempo stesso, anche di maestro-discepolo. Un rapporto quasi sempre avvolto dai silenzi, dove l’educazione viene impartita essenzialmente attraverso i gesti e le azioni e non le parole. L’infanzia del bambino viene mostrata certamente nella sua apparente serenità, in un percorso esistenziale dove il luogo incontaminato del lago e del monastero sembra proteggerlo dal mondo esterno. Ma si tratta anche di un’infanzia totalmente impermeabile a ciò che c’è fuori, e non c’è alcun contatto umano ad eccezione di quello col monaco adulto. È lui l’unico punto di riferimento per il bambino. In questa mancanza di confronto con gli altri, c’è tutto il suo totale isolamento. Le sue azioni quotidiane si ripetono sempre con lo stesso ritmo. Potrebbero andare avanti all’infinito, fino alla morte. In questa rappresentazione iniziale apparente oggettiva, Kim Ki-duk ad un certo punto mostra alcuni squarci della soggettiva del bambino. Il suo punto di vista assume, nel corso della narrazione di questo episodio, sempre più importanza. Non si vede la realtà attraverso i suoi occhi ma vicino al suo sguardo. E forse da qui inizia a formarsi autonomamente la sua identità ed è da questo momento che prendono forma le ombre nascoste della sua personalità. La torture del pesce, della rana e del serpente le mettono bene in evidenza. E il fatto che poi il maestro gli impartisca una punizione con una pena simile a quella che il bambino ha imposto agli animali, segue un principio educativo elementare nella sua ferrea rigidità.  La raffigurazione dell’adolescenza di “Estate” porta il protagonista, ormai cresciuto, a un necessario e inevitabile confronto con l’altro, in questo caso una ragazza malata accompagnata dalla madre. Il ragazzo, come nell’episodio precedente, è sempre mostrato come un diverso, un elemento estraneo rispetto al mondo esterno a quel luogo. Ma proprio in questo contesto spazio-temporale, è sempre lui l’elemento dominante della narrazione. Il monaco adulto è più decentrato anche se poi la sua figura sembra sempre controllare cosa fa il figlio-discepolo anche quando è a distanza, nel fuori-campo. L’incontro con la ragazza è insieme una rivelazione e una scoperta. Significa vedere concretamente che c’è tutta una vita fuori quel luogo. Da quel momento ne è pienamente consapevole. Certo, deve adattarcisi proprio attraverso di lei. Inizialmente i suoi movimenti non sono naturali, anzi rasentano la goffaggine e sono simili a quell’inadeguatezza propria del ‘ragazzo selvaggio’ di François Truffaut. Poi ogni reazione della ragazza è come una nuova rivelazione, fino a quella della sessualità.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Nella sua semplicità, ma anche nella ricchezza dei contenuti il film potrebbe essere adatto sia per gli studenti delle medie inferiori (solo però per la terza media) e di quelle superiori per il modo in cui mostra il ciclo della vita attraverso le stagioni ma anche per come mette in luce le tappe del percorso di crescita dell’individuo. Il passaggio tra la scoperta di “Primavera” e l’irrequietezza di “Inverno” potrebbe far avvicinare Primavera, estate, autunno, inverno...e ancora primavera a quella rappresentazione dell’adolescenza inquieta di un altro film del cineasta coreano, La samaritana. Inoltre, nell’opera di Kim Ki-duk lo spazio isolato del monastero in mezzo al lago del film somiglia a quello del peschereccio in mare aperto dove vivono ‘fuori dal mondo’ un uomo e una ragazzina che lui ha intenzione di sposare il giorno del suo 17° compleanno in L’arco (Hwal, Corea del Sud, 2005). Altri film utili per l’analisi e il confronto possono essere Piccolo Buddha (Little Buddha, Gran Bretagna, 1993) di Bernardo Bertolucci per il modo in cui viene mostrato il legame che s’instaura tra il bambino statunitense e il vecchio lama e Kundun (id., USA, 1997) di Martin Scorsese per il ruolo che ha l’insegnamento nella vita di un bambino destinato a diventare il Dalai Lama.

Simone Emiliani