di Victor Fleming
(USA, 1937)
Sinossi
Harvey è un ragazzo di ricchissima famiglia che fa dei privilegi e del patrimonio che possiede un mezzo per ottenere quello che vuole, dai buoni voti a scuola all’ingresso nei circoli scolastici a numero chiuso. La madre è morta da tempo e il padre è troppo impegnato negli affari per accorgersi dei suoi comportamenti prevaricanti. A scuola è difficile contenerlo, tanto che il preside, in un colloquio chiarificatore col genitore, decide di sospenderlo per tre mesi in modo da lasciare al padre il tempo per ricreare un rapporto educativo col figlio. Tuttavia, durante un viaggio in barca, Harvey, dopo un’ennesima ragazzata, cade in mare. Solo grazie a Manuel, marinaio di stanza in un piccolo peschereccio, che lo acciuffa per caso e lo porta sulla sua barca, egli riesce a sopravvivere. Harvey, in un luogo dove non ci sono privilegi, dove non c’è alternativa alla pesca e alla fatica, dove le relazioni tra gli uomini dell’equipaggio sono imperniate su una schietta semplicità, dopo un iniziale e aristocratico distacco, inizia poco per volta ad abituarsi all’ambiente. Trova in Manuel e nel capitano del peschereccio i riferimenti adulti che gli sono sempre mancati. Impara ben presto l’arte della pesca, le regole d’onore seguite dai pescatori, la bellezza della vita all’aperto, il coraggio e la sopportazione del dolore, la forza del sogno e dell’immaginazione. Quando il peschereccio attracca in porto, poco dopo aver visto morire eroicamente Manuel, Harvey rifiuta l’affetto del padre e il suo volerlo coprire di soldi. Solo a seguito di una cerimonia funebre dove il genitore si mostra visivamente provato per la morte di Manuel, il ragazzino cercherà la sua mano e il suo ritrovato amore.
Presentazione critica
Tratto dal romanzo omonimo di Rudyard Kipling, Capitani coraggiosi è uno dei film più significativi del filone avventuroso che tanto conquistava le platee degli anni trenta. Così come Le avventure di Tom Sawyer, David Copperfield, Il mago di Oz, Huckelberry Finn, Oliver Twist, la pellicola di Victor Fleming mescola la grande letteratura per ragazzi alle sempre maggiori capacità realistico-spettacolari del cinema (si vedano, in questo caso, le numerose e ancora affascinati scene di pesca e di navigazione), la passione per l’avventura alla necessità di commuovere e appassionare il pubblico, l’accuratezza sempre maggiore del linguaggio cinematografico e dei meccanismi produttivi hollywoodiani al più classico dei romanzi di formazione. La costruzione filmica che ne nasce possiede, così, molti elementi di interesse critico. Siamo, infatti, in presenza di uno stile semplice ed efficace al servizio della storia, di un intreccio che semina con scrupolosa precisione gli indizi che lo spettatore deve, poco per volta, raccogliere (si veda il discorso del cimitero dei pescatori che anticipa la morte di Manuel o l’amo che si incaglia sulla pelle di Lungo e poi di Harvey, a dimostrare l’ormai avvenuta maturazione del ragazzo), di una bilanciata alternanza di sequenze volutamente indisponenti (quelle sulla lucida cattiveria di Harvey), divertenti (gli sfottò tra i marinai, la competizione con l’altro peschereccio), commoventi (le serate passate da Manuel e Harvey a suonare e a cantare), o tragiche (la morte di Manuel). Ma è soprattutto sul versante dei contenuti che Capitani coraggiosi rivela, a dispetto di un soggetto prevedibile – la maturazione di un ragazzino aristocratico al contatto con la vita vera – una sorprendente profondità di indagine. La ricerca del riferimento paterno è, in primis, un discorso che coinvolge i territori della psicologia e della natura umana: Harvey e Manuel hanno nei rispettivi genitori un esempio da imitare e nello stesso tempo da rifuggire. I padri, primi nei loro campi (l’uno ricco uomo d’affari, l’altro eccezionale pescatore), lasciano ai figli i loro bagagli d’esperienza rappresentati dai soldi in un caso e dallo strumento musicale nell’altro, richiedendo in cambio gli stessi risultati. La scelta in mano ai figli è forzatamente traumatica perché costringe a seguire o un itinerario completamente diverso (quello di Harvey che finisce nel peschereccio) o un destino già segnato (la morte di Manuel, più volte anticipata, è la stessa che ha colto il genitore). Da questo punto di vista, Manuel e Harvey non sono tra loro padre e figlio, come molte scene parrebbero suggerire, ma si possono considerare l’uno il doppio dell’altro: se da una parte Harvey trova la figura paterna nel capitano della barca (lo schiaffo lo sta simbolicamente a dimostrare), dall’altra Manuel chiama Harvey ‘il suo pesciolino’, definendolo in altre parole una parte di sé pescata dal proprio Io. In quanto ambasciatori di percorsi contrapposti, le loro vite sono destinate a separarsi. La visita in chiesa di Harvey al posto del marinaio indica l’avvenuto distacco del doppio Io. Capitani coraggiosi è anche un attento studio sociale. Luogo altro rispetto alla società moderna, unico posto dove Harvey può apprendere un’educazione, il peschereccio è, non a caso, il posto dove vigono regole diverse da quelle della società moderna: non c’è distinzione di classe (il cuoco, seppur nero, non è escluso dalla comunità marinara – si ricordi che il film è girato nel ’37 – ed ha un ruolo decisivo nello sviluppo narrativo), l’autorità è ironicamente delegittimata dalla ciurma e dallo stesso capitano, i soldi non influenzano l’agire individuale (il peschereccio non accetta i quattrini del ragazzino per interrompere la pesca e riportarlo in città), si osservano le regole, tanto che quando esse vengono stravolte – da Harvey che ingarbuglia le esche di Lungo per far vincere l’amico Manuel – il responsabile subisce una subitanea esclusione dalla comunità dal momento che Manuel gli toglie la parola, esautorandolo dall’unico elemento indispensabile per l’appartenenza ad un gruppo. Alla luce di tutto ciò, la competizione finale tra i due pescherecci, nella quale troverà la morte Manuel, nata da una regola non rispettata, diventa il simbolo dell’irruzione della società moderna all’interno di un microcosmo indipendente. Tale incursione è la sconfitta di ogni alternativa alla società degli adulti. Solo per un breve periodo adolescenziale l’individuo può vivere in mondi paralleli, ma il congedo è dietro l’angolo, un congedo che avrà il sapore dolce della maturazione e quello amaro della fine di un’età. Marco Dalla Gassa