Sognando Beckham

di Gurinder Chadha

(Regno Unito, Germania, USA, 2002)

Sinossi

Jessminder, diciotto anni, appartiene a una famiglia indiana immigrata anni addietro in Gran Bretagna. Malgrado i suoi genitori siano estremamente rispettosi delle tradizioni indiane, Jessminder è una fan sfegatata di David Beckham (il capitano della nazionale di calcio inglese), nonché a sua volta centravanti di un’improvvisata squadra di coetanei maschi. Viene notata da Jules, una ragazza che milita in una squadra femminile di dilettanti, che la invita a sottoporsi a un provino. Grazie alla propria bravura Jessminder riesce a convincere Joe, il giovane allenatore di origine irlandese, a reclutarla per il campionato estivo. Malgrado la ragazza faccia di tutto per nascondere ai genitori che è entrata a far parte della squadra di calcio, una serie di imprevisti fanno venire a galla la verità: la reputazione della famiglia sembra compromessa al punto che il matrimonio imminente della sorella maggiore di Jessminder viene messo in dubbio. A complicare le cose ci si mette anche la gelosia di Jules che, durante una trasferta, scopre che tra Joe e Jessminder c’è del tenero. Arriva il giorno della finale alla quale assisterà anche un selezionatore americano in cerca di talenti per una prestigiosa squadra statunitense: per Jessminder sarà impossibile parteciparvi, visto che sua sorella si sposa proprio quel giorno. Il padre, tuttavia, mentre la festa è in corso, la spinge a raggiungere il campo di calcio: grazie a un’ottima prestazione la squadra vince il campionato, Jessminder e Jules possono riconciliarsi e, in più, ottengono l’ingaggio. Con la benedizione del padre, che da giovane aveva dovuto rinunciare ad una carriera come giocatore di cricket perché discriminato dagli inglesi, Jessminder parte alla volta degli Stati Uniti.

Introduzione al Film

Immigrati di prima e seconda generazione Sognando Beckham appartiene a un vero e proprio filone sviluppatosi a partire dalla fine degli anni Novanta che potrebbe essere definito come “ethnic comedy”, ovvero una sorta di satira garbata, politicamente corretta, nei confronti di quelle minoranze che, soprattutto in Gran Bretagna, popolano i sobborghi delle grandi città riuscendo a integrarsi nel tessuto economico e sociale con più o meno successo. Il pretesto narrativo che dà il via al racconto viene offerto, nella maggior parte dei casi, dal confronto-scontro tra genitori e figli, ovvero tra gli immigrati di prima generazione ancora legati ad un proprio bagaglio culturale tradizionale del quale esitano a disfarsi completamente, e quelli di seconda generazione, nati e cresciuti lontano dal paese di origine dei padri e desiderosi di un’integrazione totale, definitiva. La ragione della proliferazione e del successo riscosso dalle commedie a sfondo etnico è che le situazioni che possono svilupparsi all’interno di simili realtà sono tante quanti sono i tabù e i divieti che i giovani protagonisti devono infrangere per poter dare corpo ai propri desideri e alle proprie aspirazioni. Dall’educazione al lavoro, dal tempo libero alle relazioni sociali, dalla sessualità al matrimonio, dal cibo alla moda, ogni pretesto è valido per mettere in scena lo scontro, che spesso assume caratteristiche paradossali o decisamente comiche, fra la visione tradizionale del gruppo etnico di appartenenza dei protagonisti e le caratteristiche di una società che, su scala globale, si avvia a diventare multi-etnica. In ogni caso si tratta di conflitti destinati a essere ricomposti senza eccessivi traumi, in linea con la natura di un tipo di commedia, quella di costume, che tende a sdrammatizzare le situazioni di scontro tra etnie diverse all’interno di uno stesso spazio urbano, fino al punto di mettere in scena una sorta di intolleranza al contrario, ovvero un rifiuto da parte dei membri di una minoranza, delle caratteristiche della cultura egemonica, a differenza di quanto accade solitamente nella realtà. Ciò è dovuto principalmente al fatto che i nuclei familiari protagonisti di queste pellicole sono sempre ben integrati, almeno dal punto di vista economico e della “rispettabilità” sociale, dunque niente affatto bisognosi di inserirsi nel tessuto della comunità attraverso una serie di scelte estranee alla propria identità. La componente etnica, particolarmente marcata in Sognando Beckham, si riduce a poco più di un pretesto per “fare colore”: non c’è né la rivendicazione orgogliosa dell’appartenenza a una cultura diversa da quella occidentale, né tanto meno la richiesta di affrancarsi dalle anacronistiche tradizioni indiane. Il film risulta, tuttavia, estremamente piacevole, anche se decisamente superficiale, proprio grazie alla sapienza con cui vengono mescolati aspetti affatto eterogenei delle due culture a confronto: si pensi al contrasto prodotto dall’immagine delle donne in sari che armeggiano con i telefoni cellulari, dagli uomini con il turbante alla guida di lussuose automobili, dalla proverbiale pudicizia delle madri paragonata con l’esuberanza sessuale delle figlie, dalla scelta di una colonna sonora che mescola abilmente ritmi da discoteca con melodie indiane tradizionali.

Ruolo del minore e la sua rappresentazione

Le ragazze e i culti laici Un’immagine accomuna e al tempo stesso allontana Jessminder dal mondo dei propri genitori: la venerazione per David Beckham, il celebre bomber inglese, la cui fotografia giganteggia nella stanza della ragazza, collocata a mo’ di nume tutelare, quasi a voler imitare e contemporaneamente a contrapporsi all’immagine raffigurante il santone Babaji che campeggia nel soggiorno di casa e al quale i coniugi Bahmra rivolgono le proprie preghiere e i propri scongiuri affinché la propria figliola desista dai suoi folli propositi sportivi. Al piano di sopra, invece, Jessminder prega proprio il campione inglese affinché la guidi nelle proprie scelte, gli confessa le proprie paure, si confida con lui nei momenti di solitudine, esulta sotto la sua immagine per i primi successi sportivi, proprio come ogni adolescente fa con l’idolo di turno. Sognando Beckham è un film che sta tutto tra questi due estremi, tra il culto laico del calcio e la devozione alle tradizioni religiose, tra una passione troppo forte per poter sottostare alle regole imposte da una cultura cui Jessminder sente di appartenere solo in parte e la necessità dei suoi genitori di conservare quel poco che ancora li lega alle proprie radici culturali. Le scelte della giovane protagonista, dunque, danno luogo a un moto di emancipazione articolato su più piani a loro volta intersecati: quello famigliare, dato che, come tutte le sue coetanee anche Jessminder vuole rendersi indipendente dai genitori; quello dall’universo culturale indiano che, per lei così come per sua sorella e le altre ragazze della comunità è ormai un inutile involucro di tradizioni e rituali anacronistici; quello sessuale, che vorrebbe il calcio uno sport riservato agli uomini. Alla famiglia che, secondo la tradizione indiana la vorrebbe relegata nel ruolo unico di cuoca, madre e sposa di un proprio connazionale, Jessminder oppone un tipo di immagine femminile che neanche la maggior parte delle famiglie inglesi approverebbe. L’intelligenza della regista e sceneggiatrice Gurinder Chadha sta proprio nella capacità di non circoscrivere alla sola comunità indiana questo genere di pregiudizi: la madre di Jules dimostra di avere non meno remore dei genitori di Jessminder nei confronti del calcio, partendo dal presupposto che una donna che pratichi sport difficilmente potrà essere attraente per un uomo, arrivando al punto di ipotizzare che la figlia possa essere lesbica. L’idea più brillante di tutto il film, quella che permette all’autrice, anche lei inglese di origine indiana, di operare una sintesi positiva tra richieste di emancipazione e orgoglio per le proprie origini è, tuttavia, quella di fare sì che il padre di Jessminder veda nell’affermazione come calciatrice della ragazzina il riscatto per quella carriera da giocatore di cricket che a lui fu impedita solo perché indiano.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Due sono i film che dividono con Sognando Beckham il tema dell’emancipazione da una condizione svantaggiata attraverso lo sport: Girlfight (USA, 2000, regia di Karyn Kusama) e Billy Elliot (Gran Bretagna, 2000, regia di Stephen Daldry). Nel primo film il riscatto della protagonista (una ragazza di colore che si dedica alla boxe contro i pregiudizi di quanti la circondano) è, a differenza di Sognando Beckham i cui protagonisti appartengono alla middle-class, anche sociale oltre che sessuale. Lo stesso dicasi per Billy Elliot, il cui protagonista, un ragazzino figlio di una famiglia di minatori, sfida i pregiudizi (a dire il vero ben più pesanti di quelli affrontati dalle protagoniste degli altri due film) del proprio ambiente dedicandosi alla danza. Per quanto riguarda le ethnic comedy, possiamo citare East is East di Damien O'Donnel e Jalla Jalla di Josef Fares. Il film può essere utilizzato in ambito scolastico sia per illustrare le tematiche della diversità culturale, dell’integrazione razziale e della parità sessuale, sia in quanto portatore di una visione dello sport come mezzo di integrazione culturale e sociale sempre meno comune al giorno d’oggi. Fabrizio Colamartino